REGGIO CALABRIA «La connessione fra la morte del collega Bisceglia e quella del collaboratore Carmine Schiavone non è difficile da immaginare, ma allo stato si tratta soltanto un salto ipotetico, perché al momento non risulta ci siano elementi che permettano di ricollegare l’uno o l’altro decesso all’azione di terzi». È prudente il procuratore capo della Dda reggina, Federico Cafiero de Raho, sul sospetto che il tragico incidente che ha stroncato la vita al pm Federico Bisceglia e la morte in ospedale del pentito Schiavone siano collegate. Ma quel del capo della Dda di Reggio Calabria non è una risposta netta. Nonostante nessuno dei due decessi sia di competenza della procura della città calabrese dello Stretto, i necessari approfondimenti sulla morte dei due non sono una preoccupazione di secondo piano per i magistrati reggini, che anche grazie a Schiavone speravano di scrivere un nuovo capitolo della mai conclusa inchiesta sull’esistenza di una presunta terra dei fuochi in Calabria.
PUNTI DI CONTATTO E DUBBI
Anche per Bisceglia, che sui rifiuti tossici campani per anni aveva indagato, Schiavone si era rivelato una fonte inesauribile e preziosa di informazioni. Un punto di contatto – o meglio, il più eclatante – su cui molti in queste ore stanno riflettendo, anche alla luce della dinamica dell’incidente stradale che ha stroncato la vita di Bisceglia nella notte fra il 28 febbraio e il primo marzo. In molti infatti stanno ancora cercando di capire cosa su quel rettilineo dell’autostrada Salerno Reggio Calabria, privo di ostacoli e cantieri, abbia potuto far perdere al magistrato il controllo del mezzo, carambolato lungo le barriere laterali fino al tragico schianto finale. Domande cui si spera che l’autopsia o la donna che viaggiava in macchina con il pm – attualmente ricoverata in prognosi riservata – possano dare risposte. Allo stesso modo, si attende che i risultati della analisi farmacologiche e tossicologiche diano risposte sulla morte di Schiavone. Nel frattempo però, da più parti vengono sollevati dubbi sulla serie di casualità che ha stroncato la morte di due dei grandi protagonisti dell’inchiesta sulla terra dei fuochi. E non solo perché Schiavone si apprestava a fornire nuovi elementi alla procura di Reggio Calabria, relativi ad un presunto traffico di scorie nucleari che avrebbe in passato interessato la regione.
LA DENUNCIA DI PATRICELLO
A mettere per primo in relazione la morte dei due è stato l’oncologo Antonio Marfella, stretto collaboratore di don Maurizio Patriciello, sacerdote in prima linea nella lotta ai roghi e agli sversamenti illegali di veleni. A poche ore dalla morte del pm Bisceglia, Marfella ha infatti affidato a Facebook un’inquietante riflessione: «La notizia di oggi dello schianto in autostrada del magistrato Bisceglia con il quale ho collaborato, non solo mi schianta dal dolore ma mi obbliga al terrore in considerazione del messaggio preciso che ho ricevuto in occasione dell’incontro con il pentito Schiavone insieme a padre Maurizio… sono stato “avvisato” da Carmine Schiavone ad essere particolarmente attento ad “incidenti stradali” come già capitato ad un altro mio referente ed amico: il generale Gennaro Niglio». Coincidenze sospette agli occhi dell’oncologo che oggi – confessa – di avere paura, ma che quanto meno per adesso non sembrerebbero ancorabili ad alcun elemento concreto.
CAFIERO DE RAHO: «SALTO IPOTETICO»
Al riguardo, il procuratore Cafiero De Raho non si sbilancia, anche perché – ci tiene a sottolineare – il suo ufficio non ha competenza né sulla morte di Bisceglia, su cui lavora la procura di Castrovillari, né su quella di Schiavone, sulla quale è a Viterbo che tocca approfondire. Tuttavia, soprattutto quest’ultimo è un fascicolo che la Dda reggina e soprattutto il suo procuratore capo, seguono da vicino. Prima di morire in circostanze ancora tutte da chiarire, lo storico collaboratore – prima boss, quindi fra più importanti pentiti del clan dei Casalesi – ha incontrato informalmente il procuratore capo della Dda reggina, Federico Cafiero de Raho, uno dei primi magistrati con cui avesse collaborato, ma soprattutto una delle toghe in cui riponesse totale fiducia.
Quel traffico di rifiuti nucleari che Schiavone voleva denunciare.
Stando a fonti vicine al collaboratore, Schiavone e Cafiero de Raho si sarebbero visti qualche settimana fa e proprio in quell’occasione il pentito avrebbe comunicato al procuratore di essere in grado di fornire particolari e dettagli sul traffico e lo smaltimento di scorie nucleari in Calabria. Già in passato, l’ex boss dei Casalesi aveva infatti sottolineato: «So che a Milano c’erano delle grosse società che raccoglievano rifiuti, anche dall’estero, rifiuti che poi venivano smaltiti al Sud. So che in Lombardia c’erano queste società che gestivano i rifiuti ma non so chi erano i proprietari». Rifiuti – aveva rivelato il pentito – poi smistati nelle regioni della punta dello stivale, dice il boss, da un uomo il cui nome in Calabria è più che noto: il Maestro Venerabile Licio Gelli, i cui rapporti con le ‘ndrine reggine non sono mai stati un mistero. Una traccia su cui da tempo il capo degli inquirenti reggini a concentrato l’attenzione e gli sforzi dei pm che coordina. Per questo, Cafiero de Raho al termine del suo informale colloquio investigativo con Schiavone, avrebbe chiesto al collaboratore di formalizzare l’acquisizione delle informazioni rivelate attraverso un interrogatorio, fissato per i primi di marzo, ma che non sarebbe mai avvenuto a causa dell’incidente che sarebbe costato al pentito l’immediato ricovero, quindi un’operazione a detta dei medici perfettamente riuscita. Eppure, qualche giorno dopo, il collaboratore sarebbe morto per non ancora ben specificate complicanze.
DE RAHO: «L’AUTOPSIA DIRÀ SE GLI HANNO DATO QUALCOSA»
«L’indagine – spiega al riguardo Cafiero de Raho – non è di nostra competenza, ma essendo stato avvisato già quando Schiavone è caduto dal tetto, ho fatto di tutto perché nessun accertamento venisse tralasciato. A quanto pare, venerdì si era già totalmente rimesso dall’operazione ed era stato dichiarato fuori pericolo, tuttavia domenica è stata all’improvviso comunicata la sua morte». Circostanze fin troppo strane per non insospettire un investigatore vero come Cafiero de Raho «adesso attendo che il procuratore di Viterbo invii i risultati autoptici, per capre se gli sia stato dato qualcosa o Schiavone è morto di cause naturali. Per quanto l’indagine non sia di nostra competenza, di certo si tratta di circostanze di interesse investigativo anche per noi».
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
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