REGGIO CALABRIA Primo giorno di lavoro per Giovanna Antonia Acquaviva, il nuovo segretario generale del Comune di Reggio Calabria, chiamata a sostituire Pietro Emilio, i cui rapporti con la giunta Falcomatà si sono da mesi incrinati. Tarantina d’origine, in passato impiegata in diverse amministrazioni comunali calabresi, la Acquaviva è stata scelta – ha spiegato Falcomatà nel presentarla – anche «per la sua volontà di mettersi in gioco in una terra e in un Comune così difficile e complicato come il nostro. È la prima volta che una donna ricopre a Reggio questo importante ruolo e lo sottolineo perché guardiamo alla donna come persona e perché ci sia anche un punto di vista diverso con il quale ci si approccia alle problematiche e alle cose. Forse è stato questo un altro elemento di spinta che mi ha portato a decidere per il nome della dottoressa Acquaviva». Di certo, al nuovo segretario comunale toccheranno compiti non semplici, che lo stesso sindaco ha voluto sottolineare nel suo messaggio di benvenuto sui social network: «Prossimo passo: riorganizzazione degli uffici e rotazione dei dirigenti». Una grana già messa in luce dalla commissione d’accesso voluta dal Viminale, che ha chiesto e ottenuto dal ministero dell’Interno lo scioglimento di Reggio Calabria per mafia, gestita dai commissari che per due anni hanno governato la malandata barca del Comune e che adesso il sindaco Falcomatà si ritrova – di fatto, intatta – in eredità. Nonostante la stessa commissione d’accesso abbia messo in luce una certa confidenza con il mondo dei clan da parte di dipendenti, dirigenti e funzionari comunali, in larga parte sono ancora tutti là. Se ne è accorta la commissione parlamentare antimafia, che nelle sue due missioni a Reggio Calabria non ha esitato a bacchettare la triade commissariale per provvedimenti considerati troppo benevoli o comunque poco incisivi. Se ne è accorto e più volte è stato costretto a lanciare un preoccupato allarme, il procuratore capo della Dda, Federico Cafiero De Raho che ripetutamente ha segnalato la necessità di vigilare anche sugli atti amministrativi. A Reggio Calabria però, le leve portanti dell’amministrazione, quelli che materialmente fanno funzionare la macchina burocratica sono rimasti tutti al loro posto. La riorganizzazione dell’amministrazione – più volte annunciata dai commissari – si è risolta solo in una nuova ripartizione delle competenze, ma nessuno – neanche i dirigenti su cui gravano le ombre più lunghe – è stato allontanato.
COMPENSI ILLEGITTIMI E SCIVOLONI PENALI
Da tutti i superdirigenti però – il vicesegretario generale Demetrio Barreca, e i responsabili di settore Francesco Barreca, Marcello Cammera, Adelaide Marcianò, Carmelo Nucera, Loredana Pace, Maria Luisa Spanò, Fedora Squillaci, Carmela Stracuzza – più altri trentacinque fra politici e funzionari, la triade è andata a batter cassa pretendendo il pagamento di compensi illegittimamente percepiti nel corso degli anni per un totale di 3,6 milioni di euro. Per analoghe circostanze, a carico di Cammera e Squillaci, è in corso anche un’indagine penale per abuso d’ufficio e truffa aggravata nell’ambito del procedimento Fallara bis, perché – ipotizzava il pm Sara Ombra nel capo di imputazione per cui sono iscritti nel registro degli indagati – insieme ad altri tra il 2008 e il 2010 avrebbero indebitamente percepito «ingenti somme corrisposte in violazione del principio di onnicomprensività della retribuzione». Ma se – a quanto è dato sapere – per Squillaci, che per altro risponde solo per cifre irrisorie, questo è attualmente l’unico procedimento a carico, ben diversa è la situazione del dirigente dei servizi tecnici Marcello Cammera.
LA COLLEZIONE DI CAMMERA
Responsabile unico del procedimento che ha dato vita a Multiservizi, ex signore plenipotenziario dell’Urbanistica, dei Lavori Pubblici, come del decreto Reggio, già nella relazione che ha portato allo scioglimento del Comune, Cammera viene ricordato per aver rimediato un avviso di garanzia per concorso esterno in associazione mafiosa e violenza a corpo giudiziario nell’ambito dell’inchiesta sul “caso Reggio” della Procura di Catanzaro. Ma anche l’analisi che i commissari fanno dei settori all’epoca di sua competenza è tutt’altro che lusinghiera. Si legge infatti che «pur in presenza di un tessuto economico-sociale fortemente condizionato dalla presenza di gruppi criminali, l’Amministrazione non si è avvalsa di strumenti quali, ad esempio i Protocolli di legalità», al contrario, «dopo aver aderito su impulso della Prefettura, in data 12 marzo 2009, alla stazione unica appaltante provinciale Suap, costituita presso la Provincia insieme ad altri 86 comuni, ha deciso, alla scadenza, e cioè il 30 settembre 2010, di non rinnovarla». Comportamento quanto meno curioso per il patron di un settore «delicato quale quello dei lavori pubblici e delle forniture fortemente esposto a possibili tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata». Ma i controlli “light” anche su progetti e lavori sono costati altri procedimenti a carico al dirigente comunale, oggi imputato per omicidio colposo per la morte di Matteo Armellini, il giovane operaio travolto dal rovinoso crollo del palco in allestimento al PalaCalafiore di Reggio Calabria per il concerto della nota cantante Laura Pausini. Un palco che per i magistrati in quella struttura mai avrebbe dovuto essere montato. A Catanzaro invece, solo la prescrizione lo ha salvato da una condanna per mancata osservazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro.
GALEOTTA FU LA CONVENZIONE
Allo stato, non sembra avere procedimenti a carico, ma non ci fa certo una gran figura la dirigente delle Politiche ambientali e culturali Carmela Stracuzza, che stando a quanto emerso nella relazione, dopo aver subito l’incendio della propria autovettura nel marzo 2006, avrebbe preferito annullare la gara per la «gestione del reparto uomini presso Ricoveri Riuniti e Casa Giramondo», piuttosto che assegnarla alla ditta seconda classificata, che aveva svelato le false attestazioni con cui la Sanitel GestOnlus – riferibile a un uomo del clan Labate – se l’era aggiudicata. «Prescindendo da ogni considerazione in ordine alla conseguenzialità o meno dei fatti narrati», si leggeva nella relazione «i soggetti sopra richiamati, attraverso diversi schermi societari, continuano a ricevere affidamenti da parte dell’Ente”. All’epoca del bando, Stracuzza era alle Politiche sociali, dipartimento che ripetutamente – ha ammesso lei stessa quando è stata chiamata a testimoniare al processo Alta Tensione – ha fatto ricorso alla collaborazione di Demetrio Cento, specialista in progetti, di recente condannato a 9 anni di reclusione per concorso esterno perché considerato alle “dipendenze” del clan Caridi-Borghetto-Zindato. Nei mesi scorsi invece la Stracuzza, oltre a balzare agli onori delle cronache per la nomina a sostituta del neo delegato al decreto Reggio, Francesco Barreca, si è fatta notare per la determina n.2385 del primo agosto, con cui ha prorogato per tre mesi la convenzione con il canile di Taurianova Happy Dog, struttura colpita da interdittiva antimafia, in seguito anche rinnovata.
NUCERA E GLI ALTRI
Nonostante il poco edificante spaccato riguardante il mercato ortofrutticolo di Mortara di Pellaro, da lungo tempo occupato abusivamente dai grossisti – «situazione certamente inquietante e (..) concreto pericolo per la pubblica sicurezza ove si consideri che alcuni operatori commerciali del mercato risultano legati agli interessi delle cosche criminalI» – alle Attività produttive c’era e rimane Maria Luisa Spanò. Adesso su quella struttura, finita al centro di un’indagine che vede imputati per concorso in frode in forniture e concorso in violazioni edilizie il legale rappresentante dell’impresa che ha costruito il centro e «pubblici funzionari tuttora in corso di identificazione
» – è intervenuto anche un sequestro preventivo di 4 milioni di euro, disposto in via preventiva dalla Procura, per evitare che Palazzo S. Giorgio sia obbligato a versare alla ditta finita sotto inchiesta ulteriori pagamenti, oltre i 25,5 milioni già pagati. Una grana che potrebbe interessare diversi settori della Pubblica amministrazione che nel tempo sono stati chiamati ad occuparsi dell’opera.
DAGLI AGGUATI AL SILENZIO
È passato invece al settore Pianificazione e valorizzazione del territorio, Carmelo Nucera, finito all’ufficio anagrafe dopo due agguati che tra il 2005 e il 2006 hanno preso di mira prima la sua auto poi la sua persona, nel 2010 scelto come responsabile delle Finanze dopo l’estromissione della Fallara e richiamato all’ordine da Scopelliti dopo le dimissioni arrivate a poche settimane dalla nomina. Una vicenda su cui il Tribunale e il pm Sara Ombra avrebbero voluto vederci più chiaro – all’epoca Scopelliti era già governatore e sul Comune non aveva competenza alcuna – ma inutilmente hanno provato a chiedere lumi allo stesso Nucera, che si è limitato a dire che l’ex governatore avrebbe voluto «seguire da ex sindaco l’amministrazione nel traghettamento fino alle seguenti elezioni».
LA SFIDA?
Nonostante nella maggior parte dei casi non si tratti di comportamenti – quanto meno allo stato – ritenuti penalmente rilevanti, è un quadro inquietante quello che emerge dalla radiografia di un’amministrazione contagiata da un’infezione cui due anni di commissariamento non hanno posto rimedio. In attesa delle annunciate modifiche sulla legge di scioglimento dei Comuni, che permettano – o meglio obblighino – chi è chiamato a fare le veci degli eletti a mettere mano anche alla macchina governo della città, adesso l’esplosivo boccino è rimasto in mano all’amministrazione Falcomatà.
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
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