REGGIO CALABRIA Villa Genoese Zerbi, (più nota come villa “Zerbi”) in pieno centro cittadino, è l’emblema della cultura reggina. Tutto di “lei”, dal colore acceso alle finestre a due bifore che sanno d’Oriente, è in grado di attirare lo sguardo del passante o di scatenare la curiosità del turista. Caratteristiche, le sue, che celano una memoria edificante piuttosto antica – gli ingegneri Zerbi l’hanno concepita nel 1915, ma lì, nella porzione di corso Vittorio Emanuele oggi immersa tra le palme, prima del 1860 si trovava la villa barocca dei marchesi Genoese – e recente, quando è stata location di eccezione di mostre dei maggiori artisti o di esposizioni che facevano capo alla Biennale di Venezia.
Sembra, tuttavia, tutto dimenticato: Villa Zerbi è oggi, più che l’emblema della cultura, quello del degrado e dell’abbandono. Chi ci entra – pensando di trovare ancora gli echi delle temporanee di D’Alì o di Rabarama – si deve per forza scontrare con la delusione. Perché emerge a stento da dalle erbacce e dalle rampicanti che ne arrivano a coprire – danneggiandole – parte delle pareti, e perché all’esterno buone fette di muratura sono cedute, lasciando scoperti i sostegni in ferro che, ovviamente, non sono certo un bel vedere e la espongono a ingenti crolli.
L’ennesimo esempio – uno tra tanti – del modo di concepire i Beni culturali, costretti a vivere di fortune alterne fino al giorno in cui i danni non diventano irreparabili. Salvo piangerli, ovviamente, dopo, quando ormai è troppo tardi e impossibile intervenire.
z. b.
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