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Una questione etica

Quanti hanno pensato che il tempo sarebbe stato l’unico rimedio per stendere un velo di silenzio sulla storia del Partito democratico e dell’ex ministro per gli Affari regionali, Maria Carmela Lanz…

Pubblicato il: 13/03/2015 – 11:02

Quanti hanno pensato che il tempo sarebbe stato l’unico rimedio per stendere un velo di silenzio sulla storia del Partito democratico e dell’ex ministro per gli Affari regionali, Maria Carmela Lanzetta, si sono sbagliati. Entrambi dimostrano di essere intenzionati a darsi battaglia senza esclusione di colpi. Lei, l’ex ministro, sembra un fiume in piena nel chiedere un chiarimento all’Assemblea regionale; il Pd, per bocca dei segretari delle cinque province, reagisce catalogando il rifiuto di Lanzetta «strumentale e scenico». Come dire: le nozze con i fichi secchi non si possono fare.
Ma cerchiamo di ricostruire l’accaduto nelle sue linee principali: la dottoressa Lanzetta, farmacista di Monasterace, già sindaco del suo paese, alla ribalta dopo un attentato alla sua attività, diviene simbolo antimafia tanto che viene contattata dal Pd nazionale per far parte della squadra di governo. Poco meno di un anno e anche il presidente della giunta regionale, Mario Oliverio, si fa avanti per offrirle un posto nell’esecutivo regionale. Il ministro sa che accettare significherà la rinuncia al dicastero, ma non interpreta il cambio come un declassamento e accetta la proposta. Intanto però dice di aver appreso che nella giunta regionale era stato cooptato l’ex consigliere regionale Nino De Gaetano. Oliverio, invece, assicura che in precedenza Lanzetta era stata informata e non aveva obiettato nulla, anzi nel definire De Gaetano «un bravo ragazzo» aveva classificato la vicenda come «una campagna denigratoria di settori del Pd reggino che in passato avevano ostacolato anche la sua nomina a ministro».
Comunque il cielo diventa plumbeo e fa presagire pioggia che si abbatte sul neonato governo regionale con la forza di un tifone. Lanzetta rifiuta l’incarico. I personaggi coinvolti rimangono «…come color che son sospesi». Sulla vicenda scende il silenzio che avvolge ogni cosa almeno fino a qualche settimana fa, quando la dottoressa Lanzetta decide di divulgare una nota con la quale rimette sulla scena della politica calabrese la vicenda che ha causato la sua rinuncia alla nomina di assessore regionale. «Una questione – dice – che richiede un approfondimento considerato che si tratta di vicende che riverberano un grande significato politico più che giudiziario». Il riferimento è fin troppo ovvio alla nomina di De Gaetano.
Ma perché tanta avversità verso il neoassessore? A destare clamore è la sua “presenza” nell’inchiesta “Il padrino” contro la cosca Tegano di Archi, una delle principali famiglie mafiose di Reggio Calabria. Nel rifugio del latitante Giovanni Tegano, la polizia trova documentazione elettorale relativa alle elezioni regionali del 2010 che riguardava Nino De Gaetano. Secondo la squadra mobile, ma anche per guardia di finanza e carabinieri, la quantità del materiale elettorale sequestrato era tale da lasciare pensare a una vera e propria campagna promozionale in favore del politico. La magistratura, per altra via, affermava che «si registra l’avvio della campagna elettorale di Giovanni Pellicano (arrestato nell’operazione “Il padrino”) in favore dell’onorevole Nino De Gaetano con la raccolta delle promesse elettorali da parte dei “compari” di San Luca».
Più di recente, lo scorso mese di dicembre, anche il procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho, ribadisce che «sul punto ci sono ancora accertamenti». E, riferendosi all’appoggio elettorale della cosca Tegano ricevuto dall’ex consigliere regionale Nino De Gaetano, la definisce «un’incresciosa vicenda che squarcia in modo violento alcuni retroscena legati alle discutibili metodologie di appoggio e promozione politico-elettorale adottate in questo capoluogo da esponenti delle cosche mafiose in favore di alcuni candidati in occasione delle amministrative tenutesi nell’anno 2010».
Comunque sia il nominativo di De Gaetano compare improvvisamente tra gli assessori della giunta Oliverio con la delega alle Infrastrutture e ai trasporti. Un fatto inatteso tacciato dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri, Graziano Delrio, come «una vicenda non sufficientemente chiarita». Dichiarazione cui fa da contraltare quella rilasciata dai cinque segretari provinciali del Pd che, in un comunicato congiunto, affermano: «Ricordiamo che Lanzetta, che avrebbe potuto dare molto alla politica calabrese e nazionale, ha scelto di cercare visibilità mediatica continuando a mortificare la dignità di un uomo perbene». Lanzetta la scorsa settimana è stata ascoltata, a Roma, dalla commissione parlamentare Antimafia. C’è da ritenere che abbia raccontato, a quanto si dice in un clima “acceso” anche i particolari di questo inquietante capitolo.
Fin qui i fatti. È bene comunque ricordare che l’assessore De Gaetano, a tutt’oggi, non risulta essere destinatario di alcun provvedimento giudiziario e, pertanto, come per ogni altro cittadino, vale anche per lui la presunzione di innocenza prevista dalla Costituzione. Rimane tuttavia il fatto che si parla di un rappresentante dei calabresi chiamato a gestire, per conto loro, la cosa pubblica. E a una persona di tale importanza si richiede anche il massimo della trasparenza.

 

*Giornalista

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