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“Buongustaio”, il 21 maggio via all'abbreviato

REGGIO CALABRIA Dovranno tornare tutti il prossimo 21 maggio di fronte al gup Karin Catalano per l’inizio del procedimento abbreviato a loro carico gli imputati del procedimento “Buongustaio”, scat…

Pubblicato il: 16/03/2015 – 18:22
“Buongustaio”, il 21 maggio via all'abbreviato

REGGIO CALABRIA Dovranno tornare tutti il prossimo 21 maggio di fronte al gup Karin Catalano per l’inizio del procedimento abbreviato a loro carico gli imputati del procedimento “Buongustaio”, scaturito dall’indagine del pm Paolo Sirleo e del procuratore aggiunto Nicola Gratteri della Dda di Reggio Calabria, che ha portato a sgominare una rete internazionale di trafficanti di droga, formata da distinte organizzazioni in grado di movimentare enormi quantitativi di cocaina da Brasile, Perù, Ecuador e Colombia, ai più importanti porti europei. Fatta eccezione per i latitanti difesi d’ufficio – David William Daniels, Francisco Jurado Mancera, Guillermo Carlos Montes Olivares, Frank Scully e Mario Vucinic – la cui posizione sarà trattata il prossimo 20 novembre, hanno tutti optato per l’abbreviato e tra pochi mesi vedranno iniziare il processo a loro carico Pasquale Bifulco, Giovanni Cacciola, Hector Raul Cruzado, Bruno Curulli, Baptista Miguel Ferreira, Michael Gibbs, Fabrizio Matteo Nardella, Michael Johnson, Antonio Pipicella, Vladan Radoman, Pamela Rodrigues Dos Santos, Mauro William Serino, Maria de Fatima Stocker, Pietro Zinghinì, Vito Francesco Zinghinì, e Savo Korac.

 

L’INDAGINE
Stando a quanto emerso dall’inchiesta, sono almeno quattro le organizzazioni coinvolte nella rete sgominata dalla maxioperazione della Dda reggina. Una prima calabrese capeggiata dal broker internazionale della droga Pasquale Bifulco, considerato vicino ai Cua-Ietto-Pipicella di Natile di Careri, assicurava l’importazione finalizzata al successivo smercio in Italia di ingenti quantitativi di coca, relazionandosi con l’organizzazione “brasiliana” capeggiata da Rayko Milan Tomasin Rivera si occupava dell’approvvigionamento, della fornitura e della spedizione di stupefacenti verso le più disparate destinazioni a livello intercontinentale. A garantire i contatti e le relazioni fra le due era quella che il gip definisce «l’organizzazione europea», capeggiata da Maria De Fatima Stocker, cui spettava un’attività di intermediazione e di raccordo tra i distinti gruppi organizzati, assicurando la movimentazione finanziaria delle somme per l’acquisto degli stupefacenti. Ma gli inquirenti sono stati in grado di intuire la presenza di una quarta organizzazione che si occupava della fornitura di ingenti partite di cocaina dal Perù.

 

BIFULCO AL CENTRO DELLA RETE
Al centro dell’indagine è finito il traffico di droga disegnato e progettato dal broker Pasquale Bifulco, considerato vera e propria “interfaccia” dei clan di Natile di Careri, e per gli inquirenti impegnato assieme al suo luogotenente Vito Francesco Zighinì, nella costruzione di quella rete di relazioni che ha permesso all’organizzazione di far arrivare e smerciare in Europa tonnellate di cocaina. È stato Bifulco infatti a tessere la tela dei contatti con il clan montenegrino riferibile a Vladan Radoman, coinvolto dal broker come cofinanziatore della spedizione, ma anche con quelle organizzazioni criminali cui oggi clan e fornitori “subappaltano” la veicolazione del denaro. Questa volta, a cadere è stata la rete di “money pickup” – così vengono definiti in gergo – che ruotava attorno a Maria de Fatima Stocker, che assieme al britannico Michael Johnson era in grado di veicolare ingenti somme di denaro in Sudamerica per il pagamento dei fornitori, avvalendosi di una collaudata rete di “collaboratori”, che ricevevano il denaro in più tranche, devolvendolo in seguito nei canali illeciti destinati ai fornitori.In meno di due anni di indagini la Dda ha sequestrato due tonnellate di cocaina purissima, ma fra i successi dell’inchiesta c’è da annoverare anche l’individuazione delle nuove tecniche di trasporto degli stupefacenti, non più nascosti sotto carichi di frutta o legname, ma privilegiando la tecnica detta del “rip off”. La droga, massimo cento chili o poco più alla volta, viene stipata in borsoni collocati all’ingresso del container prescelto, che all’approdo della nave devono essere solo prelevati dal personale portuale, contiguo, corrotto o comunque al servizio dell’organizzazione.

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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