REGGIO CALABRIA Sembra indebolirsi l’impianto accusatorio nel procedimento a carico dell’ex consigliere regionale Demetrio Naccari, accusato in concorso con la moglie Valeria Falcomatà – medico presso l’unità di dermatologia dei Riuniti – di aver effettuato pressioni sui vertici dell’assessorato regionale alla Sanità dell’epoca per ottenere la nomina di una persona ritenuta amica nella commissione esaminatrice del concorso cui avrebbe partecipato la donna. Insieme a loro, sono chiamati a vario titolo a rispondere anche i commissari chiamati a giudicare quel concorso – Iginio Postorino, Giuseppe Crisalli, Giuseppe Caserta – ma anche i dirigenti dell’azienda sanitaria Domenico Mannino e Paolo Vazzana, come Antonio Bonura, accusato di favoreggiamento personale perché in sede di indagini avrebbe taciuto informazioni in suo possesso. Alla vigilia dell’inizio dell’istruttoria dibattimentale nel processo a loro carico, il pm Mauro Leo Tenaglia, su istanza dell’avvocato Giuseppe Mazzetti, ha chiarito che è stata chiesta l’archiviazione per le posizioni di Giancarlo Valenti, Vincenzo Schirripa, Giuseppe Foti e Mario Santagati, inizialmente indagati insieme agli imputati oggi a processo. Un dettaglio forse non di poco conto.
Stando all’impostazione accusatoria iniziale infatti, l’ex consigliere regionale Naccari avrebbe fatto pressione perché fosse Giancarlo Valenti il commissario di nomina regionale, mentre avrebbe indotto i dirigenti dell’azienda sanitaria Domenico Mannino e Paolo Vazzana «a sensibilizzare in favore della Falcomatà il membro di nomina interna all’Azienda ospedaliera (individuato nella persona di Foti Giuseppe)», come pure a «falsare la procedura di sorteggio per la nomina del terzo membro (reato commesso in concorso con i commissari sorteggiatori e con la dirigenza dell’azienda ospedaliera) in modo che la scelta ricadesse sulla persona di Schirripa Vincenzo». Tutti personaggi, al pari di Santagati all’epoca del concorso direttore generale, per i quali oggi la pubblica accusa non ravvisa sufficienti elementi a carico, ma che per le ipotesi accusatorie sarebbero “il mezzo” attraverso cui il reato, oggi a vario titolo contestato agli imputati, sarebbe stato consumato. Quasi un paradosso che, allo stato, sembra indebolire l’iniziale ipotesi accusatoria, al pari di un’altra circostanza emersa proprio in questi giorni dalle carte depositate agli atti del procedimento, che vede come parti lese l’allora primario facente funzioni di Dermatologia – la dottoressa Carmela Arcidiaco – e l’Asl, ma non gli “esclusi” dal concorso contestato. Al contrario, dagli interrogatori finiti agli atti del processo, emerge che tanto la dottoressa Francesca Todaro, come la collega Serafina Teramo, nulla avrebbero avuto da eccepire sui risultati. A far partire invece l’indagine era stata l’attuale primario facente funzioni Maria Carmela Arcidiaco, all’epoca aspirante al posto da dirigente, un concorso diverso da quello bandito per l’incarico di aiuto cui ha partecipato la collega Falcomatà. Anche sulla base di una serie di registrazioni ambientali – sul cui contenuto nei mesi scorsi è divampata la polemica alla luce del dato emerso dalle trascrizioni – Arcidiaco ha puntato il dito contro Falcomatà e Naccari, accusati di aver tentato di “drogare” un concorso, cui non era direttamente interessata perché già da tempo in possesso del titolo per il quale la selezione era stata bandita, per l’assunzione di due dermatologi ai Riuniti.
a. c.
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