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Al Cilea un concerto "pro Hospice"

REGGIO CALABRIA Un concerto di primavera “pro Hospice” il 21 marzo al teatro “F. Cilea”. Un’occasione per festeggiare la vita e l’impegno che la fondazione “Via delle Stelle” di Reggio Calabria esp…

Pubblicato il: 18/03/2015 – 13:45
Al Cilea un concerto "pro Hospice"

REGGIO CALABRIA Un concerto di primavera “pro Hospice” il 21 marzo al teatro “F. Cilea”. Un’occasione per festeggiare la vita e l’impegno che la fondazione “Via delle Stelle” di Reggio Calabria esprime sul territorio, e che l’orchestra filarmonica giovanile “F.Cilea” – guidata dai maestri Dario Siclari e Francesco Petè – vuole condividere con la città. La fondazione, nata nel 2011 come cooperativa sociale, ha organizzato un concerto per raccogliere i fondi da devolvere all’omonima struttura che con stenti riesce a portare avanti il suo programma di sostegno medico/infermieristico per i malati di cancro. L’espediente non è nuovo alla struttura reggina. Già nel dicembre scorso una commedia in vernacolo presso in cine-teatro “Odeon” della città, era stata promossa con lo stesso scopo: raccogliere fondi da devolvere all’assistenza dei malati e delle loro famiglie. Adesso, in occasione della festa di primavera, i novanta giovani componenti della sinfonica del teatro comunale, prenderanno in mano i loro strumenti per sostenere una struttura che versa in ristrettezza economiche da molto tempo. «Abbiamo una situazione economica grave – spiega Vincenzo Trapani Lombardo, presidente dell’Hospice “Via delle Stelle” – , nel senso che attualmente io devo pagare agli operatori gli stipendi di dicembre, gennaio e febbraio, e devo prendere parte delle fatture di luglio, perché l’Asp non ci ha pagato parte delle fatture di allora. Io sono il presidente del Consiglio di amministrazione dal 2013 e la mia attività è quella di volontariato, ma sono molti i lavoratori che stanno esercitando in queste condizioni di sofferenza». Come molti Hospice d’Italia, anche quello di Reggio Calabria vive sulle donazioni private e sugli eventi. È difficile fare quadrare i bilanci della struttura sanitaria se si considera che, tra medici, infermieri, fisioterapisti e psicologi, sono poco più di quaranta le persone che vivono grazie a questo lavoro. «Circa l’80% del budget se ne va di stipendi – continua Trapani Lombardo -. Sono presidente del Consiglio d’amministrazione dal 2013. Quando ho preso la presidenza c’era una perdita di bilancio di 200mila euro l’anno. Ho fatto presente che se fossi riuscito a risanare la perdita di bilancio sarei rimasto, altrimenti avrei lasciato l’Hospice. Poi con l’economia della gestione, cercando di aumentare le donazioni siamo riusciti a chiudere con un bilancio in perdita di 8mila euro. Con il fondo che ci passa l’Asp non riusciamo a farcela. Abbiamo un budget di un milione e 550mila euro l’anno e con questi pagamenti fatti a singhiozzo io non riesco ad andare avanti, non ce la possiamo proprio fare. I farmaci, per convenzione, li passa l’Asp. Tutti i fornitori, il vitto dei degenti, la manutenzione dello stabile è a carico nostro». Il problema maggiore che deve affrontare la struttura sono le spese di gestione perché, oltre i dieci pazienti con assistenza residenziale nella struttura, ce ne sono altri trenta che vengono seguiti a domicilio. L’associazione tenta di risollevarsi in diversi modi: oltre agli spettacoli che sostengono il progetto, a breve uscirà nelle edicole con un proprio giornale del settore. Ma l’impegno non basta, perché sono sempre meno i pazienti che riescono a godere della funzione della struttura che, purtroppo, necessita di maggiori posti letto. «Io ho fatto una richiesta formale da più di un anno – continua -: di trasformare l’ultimo piano dello stabile in altri cinque posti letto residenziali, proprio perché c’è una lista d’attesa che deve essere soddisfatta in tempi brevi e non può essere di mesi. Abbiamo una serie di cavilli che non ci fanno lavorare per come dovremmo e vorremmo, nel senso che un paziente seguito per più di tre mesi, non può più avere la nostra assistenza, quindi ha bisogno di essere sistemato in altre strutture e lo dobbiamo per forza dimettere. In questo l’Asp non ci viene in alcun modo incontro, anzi ci pone una serie di difficoltà. Ci fossero le strutture adeguate sarebbe anche giusto, se ci fosse un’assistenza domiciliare integrata sarebbe anche corretto, ma qua siamo in una situazione di sfascio totale. L’ Adi (Assistenza domiciliare integrata), funziona molto male». Spesso, oltre a fare attività sanitaria, l’Hospice si impegna nel sociale, come aiutare i senzatetto affetti da malattia oncogena. «Per quasi un anno abbiamo assistito questo paziente con una gravissima compressione respiratoria causata da un tumore al polmone. Risiedeva dalle suore di “Madre Teresa di Calcutta”, ma fare vivere in un dormitorio con più di venti persone una persona affetta da una grave insufficienza respiratoria, sarebbe stata una follia. Sto facendo una battaglia. Quello che chiedo è di poter lavorare un po’ di più; di poter garantire a tutti quelli che ne hanno bisogno le cure palliative. Ho chiesto, quanto meno, di aumentare il numero dei pazienti seguiti a domicilio da 30 a 40, ma è veramente una battaglia con l’Asp, che quasi quotidianamente combatto. Non tutti hanno capito cosa sono le cure palliative. La battaglia che stiamo facendo – con gli psicologi e i direttori sanitari – è proprio quella di far capire che l’Hospice non è il posto dove si viene a morire, ma è un luogo in cui cerchiamo di migliorare la qualità della vita e, con essa, la speranza di farcela. Noi ci battiamo per questo».

 

Miriam Guinea
redazione@corrierecal.it

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