VIBO VALENTIA «La firma è la mia ma non lessi il verbale il cui contenuto non corrisponde assolutamente alle mie dichiarazioni». Così padre Michele Cordiano, direttore della Fondazione “Cuore immacolato di Maria Rifugio delle Anime” ha ribadito quanto già affermato in precedenza in merito alle differenze tra quanto dichiarato alla Guardia di finanza e quanto riportato nel documento nell’ambito di una inchiesta contro i presunti componenti del clan Mancuso di Limbadi. Dopo avere smentito il contenuto del verbale nel corso della passata udienza del processo “Black money”, ha ribadito la stessa cosa oggi, nella prosecuzione della sua deposizione, nell’aula bunker di Vibo Valentia dove era stato citato dal pm distrettuale Marisa Manzini per riferire sulle pressioni che Mancuso, secondo l’accusa, avrebbe fatto per agevolare la ditta Naso nella fornitura del calcestruzzo per la realizzazione dell’Auditorium voluto dalla mistica di Paravati Natuzza Evolo. Il religioso era stato sentito a verbale nel 2004 dai finanzieri del Gico di Trieste che, alla fine, aveva redatto un verbale nel quale era scritto che aveva assecondato il suggerimento di Pantaleone Mancuso, rivolgendosi ad un’impresa indicata dal boss. «Mi hanno detto – ha affermato oggi in aula padre Cordiano – che stavo firmando la circostanza che i finanzieri erano venuti a fare una visita ma smentisco categoricamente il contenuto di quel verbale che all’epoca non lessi e che, a seguito della lettura in udienza, non corrisponde a quanto dichiarai». Da qui, tra l’altro, l’intenzione manifestata dal religioso di presentare querela «verso chi ha riportato quelle cose, perché ho il dovere di difendermi, e lo farò. Eccome se lo farò». Padre Cordiano oggi ha ribadito di non aver «mai conosciuto Pantaleone Mancuso», aggiungendo di aver incontrato per la prima volta l’imprenditore Francesco Naso per la scelta del calcestruzzo quando l’impresa Mirarchi aveva iniziato i lavori.
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