LAMEZIA TERME Quattro mesi dopo la straripante vittoria elettorale il Pd calabrese non ha ancora convocato l’assemblea regionale per procedere a un’analisi del voto. Nel partito vige un clima di sostanziale anarchia e nessuno sa quale sia la rotta del segretario regionale. «Non ci siamo visti nemmeno per festeggiare», ironizza più di uno. «Mi hanno lasciato solo a fronteggiare il governo nazionale su diversi temi, tra cui quello relativo alla scelta del commissario alla sanità», va ripetendo, invece, Mario Oliverio. Si sente solo, il governatore. In privato, con i suoi fedelissimi, non fa mistero di essere «deluso» per come i vertici del Pd calabrese stanno gestendo questi primi mesi della legislatura.
Nel mirino, non tanto in quello di Oliverio quanto in quello dei vari colonnelli, c’è Ernesto Magorno. Il segretario, nelle più moderate analisi, è accusato di «eccessivo immobilismo». Il problema (per Magorno, s’intende) è che le critiche arrivano soprattutto dal fronte che ha contribuito alla sua elezione al vertice del partito. Già, perché se i renziani rimangono maggioranza nel partito, non è più certo che la fedeltà al credo del segretario-premier equivalga a un’adesione incondizionata al progetto di Magorno. Che, tra le altre cose, per due volte è stato costretto a rinviare l’assemblea regionale.
Non giova, certo, al segretario regionale, il deteriorarsi del rapporto tra Oliverio e i vari Lotti, Guerini e Delrio determinato dall’affaire Lanzetta e da una serie di scelte poco condivise con il cerchio magico di stanza a Palazzo Chigi. Ma è indubbio che qualcosa si è inceppato nella tolda di comando dei dem calabresi. In un clima da rompete le righe, allora, avanzano i discorsi di formazione delle correnti. Magorno sta lavorando alacremente per strutturare quella che fa riferimento a Luca Lotti. Gianluca Callipo è ormai diventato il punto di riferimento della corrente catto-dem di Richetti e Delrio, anche se quest’ultimo continua a mantenere pure un filo diretto con Naccari e Falcomatà. La galassia renziana sarebbe molto più eterogenea (basti pensare che da questa classificazione sono esclusi franceschiniani e fioroniani) e ciò basta a descrivere la complessità del Pd calabrese. Senza contare che la corrente bersanian-dalemiana in Calabria è viva e vegeta. A Bologna, dove la scorso weekend si sono ritrovati Bruno Bossio, Adamo, Stumpo, De Gaetano e Romeo, sanno bene che questa regione continua a rimanere una roccaforte di chi non si è convertito al credo di Renzi.
In questo clima ci si prepara a una serie di appuntamenti cruciali. Domani (salvo imprevisti dell’ultimo momento) arriva in giunta il disegno di legge che dovrebbe rivoluzionare la sanità calabrese. Via Asp e Ao e creazione di un’unica Azienda sanitaria regionale. Dall’accorpamento sarà esclusa solo la “Mater Domini” di Catanzaro per via della sua specificità legata alle funzioni di policlinico universitario. Contestualmente si procederà alla nomina dei commissari degli enti in via di estinzione. Il 30, invece, il consiglio regionale procederà all’approvazione, in seconda lettura, delle modifiche allo Statuto regionale. Provvedimento indispensabile per consentire al governatore di avere mano libera (anche se per l’efficacia delle modifiche si dovranno attendere altri 90 giorni) sul completamento della giunta. Oliverio potrà scegliere senza il condizionamento del vecchio Statuto che, invece, poneva uno sbarramento in misura del 50% al tetto degli assessori esterni. In ballo ci sono le aspirazioni di chi (tanti) è rimasto escluso al primo giro. Si capirà solo dopo quella data, insomma, se lo scontro nel Pd sarà frontale. Per colombe e diplomazie il tempo per trovare una mediazione non è poi così lungo.
Antonio Ricchio
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