«Ho avuto modo di dire all’on. Carbone che la decadenza della potestà genitoriale per i mafiosi non può essere una pena accessoria perché contraria al best interest dei figli. Essa deve aversi solo se la commissione di reati produce una lesione del diritto ad una sana crescita psicofisica. Non si può automaticamente togliere la responsabilità a tutti i mafiosi ma a quelli che educando alla mafia producono un danno nei figli. In questo senso vanno gli importantissimi provvedimenti assunti dal tribunale per i minorenni di Reggio Calabria». È la posizione di Marilina Intrieri, Garante dell’infanzia per la Calabria, in merito alla proposta del deputato del Pd Ernesto Carbone.
«Non tutte le madri sono anche donne di mafia. Ci sono situazioni disomogene che vanno trattate in maniera non uniforme, sulla base di singoli accertamenti della magistratura, con interventi mirati volti alla sana crescita del minore. In Calabria – prosegue Intrieri – assistiamo alla violazione del diritto del minore, figlio di boss di mafia, ad essere educato dalla madre che trasmette anch’ella valori che si pongono in contrasto con i princìpi di legalità e giustizia, ma anche innanzi a madri che vorrebbero allontanare se stesse ed i loro figli dai tentacoli della mafia e che non lo fanno per paura o mancanza di denaro. È necessario tutelare i minori da tali situazioni altamente lesive ma ogni caso deve essere valutato singolarmente sotto la guida del Tribunale per i minorenni che ha in carico il minore che ha subito la violazione del proprio diritto all’educazione, con l’intervento congiunto di tutte le parti».
«Siamo nel difficile campo del bilanciamento degli interessi – aggiunge ancora Intrieri – che vede frapporre il diritto del minore a crescere ed essere educato nella propria famiglia ed il suo diritto ad una sana crescita psicofisica e lo Stato ha il compito di proteggerlo ricorrendo, solo previo accertamento giudiziale, a strumenti di allontanamento del minore dalla famiglia, quando questa risulta essere nociva. E perché l’attuazione di provvedimenti giudiziali, volta al superiore interesse del minore, non costituisca negazione del diritto del minore alla propria famiglia è necessario che l’attività statale non si limiti all’allontanamento dal nucleo familiare ma lo sostenga anche indirettamente attraverso un sostegno alla famiglia di origine auspicando di poterlo far tornare quando questa, a seguito di adeguato percorso, sia in grado di eliminare la propria disfunzione educazionale ed essere in grado di riaccoglierlo. Sarà, dunque, necessario instaurare un coinvolgimento coordinato di tutti tecnici, istituzioni e amministrazioni coinvolte (Tribunale per i minorenni, Forze dell’Ordine, Ctu, servizi – deputati ad offrire sia il sostegno educativo sia quello psicologico, insegnanti etc.) ed un costante dialogo child friendly tra le parti dell’affidamento etero familiare».
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