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Il "silenzio" dell'Olocausto nel romanzo di Kalowski

COSENZA Sono due gli appuntamenti che parleranno del libro di Marcello Kalowski “Il silenzio di Abram” e che ricorderanno il «carico di vite sospese» lasciate dall’Olocausto: quello di venerd…

Pubblicato il: 24/03/2015 – 14:02
Il "silenzio" dell'Olocausto nel romanzo di Kalowski
COSENZA Sono due gli appuntamenti che parleranno del libro di Marcello Kalowski “Il silenzio di Abram” e che ricorderanno il «carico di vite sospese» lasciate dall’Olocausto: quello di venerdì 27 alle 11 presso l’auditorium dell’Istituto cosentino in via Leonida Repaci a Rende, cui prenderanno parte l’autore, il presidente dell’Associazione italiana carabinieri di Rende Domenico Moretti, la dirigente Brunella Baratta e la professoressa Maria Venera Messina; il giorno successivo, sabato 28, alle 15.30 nella Chiesa di San Domenico a Cosenza saranno presenti, oltre all’autore e al luogotenente Moretti, l’assessore alla Cultura del Comune di Cosenza Rosaria Succurro e il presidente nazionale dell’Associazione carabinieri Sante Blasi, che porteranno i loro saluti. Parteciperanno, con lo scrittore, il giudice Giuseppe Greco del tribunale di Cosenza, i docenti Unical Giampiero Calabrò, Enrico Caterini e Paolo Jedlowski, il dottor Walter Nocito, ricercatore Unical. Gli incontri saranno moderati entrambi da Giuliana Scura.
Il libro disegna un quadro sull’ “essere ebrei”, inserendolo  nel quadro storico di riferimento. «Noi siamo ebrei, ma io non so bene che cosa questo voglia dire, cosa implichi», si legge. Marcello ancora non sa, è troppo giovane per sapere, troppo felice per conoscere l’orrore. Quel numero tatuato sul braccio del padre sarà lo schermo sui cui rivedere e rivivere la pellicola dell’olocausto, attraversare il dolore, sorprendersi di tanta crudeltà. Marcello e suo padre. Tanto da raccontare ma anche tanto da vivere, fuori e dentro la depressione. «Perché, per i pochi che sono riusciti ad uscirne vivi [da Auschwitz], e sicuramente per mio padre, dopo è iniziata un’altra esistenza che in nessun caso è riuscita a costruire un ponte sospeso sopra quel recinto che la collegasse alla vita precedente». 
Nel libro, edito da Laterza, vengono descritte vicende vissute in prima persone dall’autore. Una piccola saga familiare, un romanzo di formazione in cui padre e figlio crescono insieme mentre l’orrore fa le sue incursioni intermittenti a minarne la felicità costruita mattone su mattone. Perché da Auschwitz qualcuno è uscito vivo ma nessuno è davvero sopravvissuto. La depressione come condizione ebraica per eccellenza insieme alle bellezze e tradizioni di una genìa con lo sguardo sempre rivolto a Israele. Dall’osservatorio privilegiato di un’Italia che ha conosciuto l’antisemitismo ma che ha avuto anche la capacità di accogliere. Marcello e suo padre: al figlio tocca dare voce e restituire dignità, al genitore tocca rivivere il ghetto e le camere a gas: «Perché a volte le circostanze della vita si abbattono inesorabili sui sogni».

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