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La corruzione dilaga senza tregua

La corruzione non conosce pause. A ritmo serrato, le indagini condotte dalle   procure di mezza Italia (non proprio tutte, intendiamoci) ci svelano nuovi eclatanti casi di corruzione organizza…

Pubblicato il: 24/03/2015 – 16:36

La corruzione non conosce pause. A ritmo serrato, le indagini condotte dalle   procure di mezza Italia (non proprio tutte, intendiamoci) ci svelano nuovi eclatanti casi di corruzione organizzata. Non si tratta più di casi che riguardano il rapporto diretto corruttore-corrotto, come nell’ipotesi originaria del reato, bensì di sistemi organizzati, che applicano il metodo della corruzione ad un numero indeterminato di appalti concessi dalla Pubblica Amministrazione, più o meno direttamente, a pochi imprenditori, attraverso intermediari che curano nello stesso tempo la distribuzione delle ingenti somme erogate a fine corruttivo. Quando poi gli appalti riguardano le grandi opere pubbliche (rete autostradale, infrastrutture, eventi come l’EXPO 2015), allora il sistema affonda la sua matrice ai livelli più alti dei Ministeri, sino a toccare responsabilità politiche altrettanto elevate.  E parimenti elevati sono gli importi delle cifre in gioco, proporzionali a quelle dei lavori eseguiti; alcuni miliardi di euro che generano profitti illeciti per milioni. Se si ponesse ad un qualsiasi cittadino la domanda in quanti casi sia stato il potere politico (il ministro o il sottosegretario) a disvelare e denunciare il malaffare, a licenziare i funzionari corrotti, a sanare il sistema per renderlo trasparente, nessuno di loro saprebbe dare risposta positiva. E a ragione, visto che casi del genere, almeno da decenni a questa parte, non se ne sono visti. È vero, c’è qualche eccezione, ma non vale, dal momento che era rappresentata da un ex magistrato prestato (per pochissimo tempo) alla politica e si sa, i magistrati sono incapaci di adeguarsi al sistema. Chi svela, interviene e sanziona la corruzione sono sempre le procure della repubblica e la polizia giudiziaria che svolge le indagini.

Ha ragione allora Sabelli, presidente dell’Anm, quando si lamenta che governo e parlamento, invece di fare del sistema giustizia la punta di diamante per la ricostruzione della legalità nel paese, con le conseguenti positive ricadute di tipo economico e morale, si attardano in querule polemiche, condotte con linguaggio supponente e sprezzante, accompagnato, e questo è ancora più importante, dall’abbandono della macchina giudiziaria ad una lenta e progressiva consunzione per il taglio annuale di risorse economiche, per l’impoverimento, qualitativo e quantitativo del personale amministrativo, ridotto da anni di oltre un terzo della dotazione organica di qualche decennio fa. Anche gli organici della magistratura, coerentemente, vengono falcidiati dalla esasperante lentezza nell’espletamento dei concorsi per magistrato, nell’abbreviamento repentino dell’età pensionabile, senza alcuna necessità, ragione, o convenienza, così da determinare una scopertura che nel giro di alcuni mesi, si attesterà intorno al 25% del numero totale dei magistrati, senza considerare il caos, previsto e forse voluto. L’idea poi che si possa recuperare un dialogo con la più importante istituzione del paese, posta a difesa della legalità, attraverso il conferimento di funzioni politiche o collaborative a un paio di magistrati, non può certo essere considerata come positiva. Deve essere tutto il sistema giudiziario, dai vertici della Corte di Cassazione sino ai giovani magistrati appena entrati in ruolo, ad essere coinvolto in un poderoso, concorde, condiviso sforzo di recuperare credibilità ed efficienza al sistema giustizia, che si ottiene non solo con l’aumento del numero delle sentenze “prodotte” annualmente, ma offrendo ai cittadini risposte positive ai loro problemi, nel settore della sicurezza individuale e collettiva, della tutela dei diritti dei lavoratori e delle fasce deboli della popolazione, nella eliminazione delle discriminazioni di genere, di censo e di condizione sociale. Accade invece esattamente il contrario. La magistratura (garante della legalità) è individuata come potere conflittuale da ridimensionare, per affermare il primato della politica (fonte di discrezionalità dietro la quale si annida la corruzione).

Il punto è che il dissidio politica-magistratura parte da lontano, fa parte della costituzione materiale del paese, sin dall’Unità d’Italia. La giustizia deve assolvere la sua funzione alla condizione, vincolante, che essa non metta in discussione il sistema di potere dominante, di cui l’illegalità e l’arbitrio sono componente essenziale e inseparabile. Il potere deve comunque godere di un sistema di impunità che lo metta al riparo dalle incursioni della giustizia, anche quando è stato coinvolto, a livello di favoreggiamento, omissioni, e in qualche caso persino di partecipazione, a progetti eversivi e golpisti, a stragi, a omicidi. Il nostro è davvero uno strano paese: E’ l’unico nell’Unione europea nel quale le stragi e i tentativi golpisti sono entrati nel gioco politico e ne hanno determinato l’evoluzione e il cambiamento; è l’unico nel quale potenti organizzazioni criminali si sono trasformate, sul punto il consenso di chi ne capisce qualcosa è unanime, in istituzioni criminali, in dialogo costante con altre istituzioni, in sinergia con altri poteri occulti, come le logge piduistiche e multipli del 2; è l’unico nel quale l’attuale equilibrio politico è il frutto del passato stragista, golpista e piduista degli ultimi trent’anni del secolo scorso; è l’unico nel quale è impossibile ancora sapere cosa sia successo davvero, chi ha diretto e voluto quelle strategie, chi le ha supinamente accettate e perché. In una intervista resa dal generale Francesco Delfino a Stefania Limiti il 18 marzo del 2014 (l’ultima prima di morire) egli, parlando della strage di Piazza della Loggia a Brescia, riferisce: «Sto parlando di un potere non italiano che ha determinato il caos nel nostro paese. Noi abbiamo scoperto quello che ci è stato consentito di scoprire». Non ci è ancora consentito accedere agli archivi, nonostante non sia più opponibile il segreto di Stato, perché i documenti riservati non vengono declassificati e quindi versati agli archivi di Stato. E la mancanza di verità impedisce ai cittadini di questo paese di conoscere la propria attuale identità nazionale, la loro condizione socio-economica, frutto, occorre ribadire, della trascorsa stagione, ancora oggi produttiva di effetti nefasti. Tentare ancora di limitare, ridurre, ridimensionare, i pericoli che vengono da criminalità organizzata, corruzione, poteri occulti, patti scellerati e trattative inconfessabili, significa voler difendere a tutti i costi un sistema di impunità che deve essere invece smantellato e travolto, senza di che non vi sarà possibilità di vera crescita democratica del paese.

Negare, ancora oggi, la responsabilità politica di chi, pur indagato, non è stato ancora condannato con sentenza definitiva, significa scaricare sui magistrati (lo sport nazionale più praticato) la responsabilità dell’epurazione dei corrotti, invece che provvedervi immediatamente e direttamente a livello di governo e parlamento. Per concludere, una domanda: è possibile che tra i tanti giuristi, avvocati, noti giornalisti ed esperti, che affollano le aule e i corridoi di governo e parlamento, non vi sia uno, dicasi uno, che spieghi ai propri referenti governativi che l’avviso di garanzia, di cui si parla continuamente, non c’è più, che è stato eliminato in data 24 ottobre 1989, allorché è entrato in vigore il codice di procedura penale oggi vigente? Che adesso si chiama “informazione di garanzia” che deve essere data solo quando l’indagato è convocato dal pubblico ministero per essere interrogato, per un confronto o per una ricognizione personale? Tutti smanettano i propri smartphone dalla mattina alla sera e basterebbe allora consultare il codice di procedura penale all’art. 369, per capire che stanno parlando senza sapere di che parlano, ma con l’arroganza e la supponenza di chi sa tutto. Forse è per questo che la legge sulla corruzione, approvata nel dicembre del 2012 deve essere urgentemente riformata, per le omissioni, per i guasti che ha provo
cato, è per questo che altre leggi, in primis quella sulla prescrizione rischiano di arenarsi. La democrazia rischia di sprofondare nel marcio della corruzione sistemica e del dominio dell’economia mafiosa, ma il problema primario sembra essere l’intimidazione dei magistrati con la nuova formulazione della responsabilità civile, come se fosse il problema principale del paese. Così è.

*Magistrato

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