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Zinno come Lupi, il figlio assunto a Calabria etica

LAMEZIA TERME Non è ministro, non si chiama Maurizio e di cognome non fa Lupi. È un dirigente della Regione Calabria, si chiama Luigi e di cognome fa Zinno. Nessuna equivalenza professionale o anag…

Pubblicato il: 25/03/2015 – 12:40
Zinno come Lupi, il figlio assunto a Calabria etica

LAMEZIA TERME Non è ministro, non si chiama Maurizio e di cognome non fa Lupi. È un dirigente della Regione Calabria, si chiama Luigi e di cognome fa Zinno. Nessuna equivalenza professionale o anagrafica, quindi, con il big di Ncd finito nella tormenta per lo scandalo Grandi opere. Ma la vicenda dell’ingegner Zinno presenta almeno una similitudine con quella di Lupi: anche suo figlio lavora per una società che ha legami diretti con il settore pubblico da lui stesso amministrato, cioè quello “Programmazione”, uno dei più importanti del dipartimento regionale Programmazione nazionale e comunitaria.
Parliamo del figlio Antonio, 32 anni, “assunto” dalla Fondazione Calabria etica al tempo in cui era guidata da Pasqualino Ruberto. Non c’entra il Rolex di Luca Lupi, Zinno jr ha bensì firmato un contratto triennale di tutto rispetto: dall’1 ottobre 2014 all’1 ottobre 2017, per un totale di 43.440 euro, ovvero circa 1.200 euro al mese. Non è una retribuzione faraonica, ma di certo un’accettabile soluzione stipendiale per un semplice diplomato, soprattutto se confrontata con le condizioni lavorative della maggior parte dei suoi coetanei calabresi.

 

IL CONTRATTO
Non è il primo contratto con Calabria etica siglato dal figlio del dirigente regionale. Prima di quello in vigore, Antonio Zinno ne aveva sottoscritto un altro, però di durata inferiore: dal 27 marzo al 31 dicembre 2014, per una retribuzione complessiva di poco più di 10mila euro. Più o meno, lo stesso stipendio percepito ora, ma evidentemente un contratto di soli 9 mesi non è il massimo a cui aspirare. Come siano andate le cose non è dato sapere, fatto sta che lo scorso 1 ottobre Ruberto “straccia” il vecchio contratto (lo dichiara “cessato”) e ne predispone un altro, in scadenza nel 2017. Una buona notizia per il giovane Zinno, che per Calabria etica oggi si occupa del progetto “Gestione del registro regionale del volontariato”.

 

“FIGLI DI”
È bene chiarirlo: l’incarico affidato a Zinno jr sarà perfettamente legittimo e con tutte le carte in regola. Potrebbe però suscitare qualche dubbio il fatto che a trovare un lavoro nell’ente in house sia stato proprio il figlio di un dirigente la cui attività professionale riguarda da vicino Calabria etica. La società partecipata, infatti, opera soprattutto grazie ai fondi comunitari che finanziano i vari progetti e che vengono drenati proprio dal dipartimento in cui l’ingegnere di Castrolibero è uno dei manager più influenti.

 

ASSUNZIONI INFINITE
Antonio Zinno è probabilmente uno dei tanti “figli di” raggiunti dalla benevolenza di Pasqualino Ruberto. Come rivelato dal Corriere della Calabria, alla vigilia delle ultime elezioni regionali la Fondazione ha dato il via a centinaia e centinaia di contratti a progetto, la maggior parte dei quali destinati a giovani la cui residenza ricade all’interno del collegio elettorale Centro e in particolar modo a Lamezia, la città nella quale Ruberto corre per la carica di sindaco alle prossime amministrative. In tutto, sarebbero almeno 700 i lavoratori “assunti” dall’ex presidente nel corso del 2014. Dopo lo scoppio dello scandalo, la Procura di Catanzaro ha aperto un’indagine ipotizzando il reato di abuso d’ufficio, mentre la giunta regionale ha commissariato Calabria etica e sostituito Ruberto con Carmine Barbaro.

 

 

Mancini e Zinno

ZINNO IL POTENTE
Che Zinno sia un personaggio influente non è una novità. Da sempre vicino alla famiglia Mancini – prima al “vecchio leone socialista” Giacomo e poi al nipote ed ex assessore regionale Giacomo jr (foto) –, per lui la Regione Calabria si è spinta perfino a smentire nientemeno che la Corte costituzionale. L’ingegnere, assieme ad altri due dirigenti (Rosalia Marasco e Giacomo Giovinazzo), nel 2010 viene stabilizzato grazie alla Finanziaria regionale. Tutti e tre i manager hanno lo status di “comandati” (cioè provenienti da altre amministrazioni) e per la Consulta la procedura è illegittima: il codicillo che li inserisce in ruolo subisce così una bocciatura. La Regione non sta con le mani in mano e costituisce un “tavolo” tecnico ad hoc, a cui spetta il compito di dirimere la questione. Franco Zoccali (allora direttore generale della Presidenza), Paolo Arillotta (dg dell’Avvocatura regionale) e Umberto Nucara (capo del Personale) dimostrano di non temere affatto il confronto con gli ermellini e scelgono di lasciare i tre manager al loro posto.

I rilievi della Corte costituzionale? Sciocchezze, risoluzioni vergate da neofiti del diritto. Zinno? Zinno non si tocca.

 

Pietro Bellantoni

p.bellantoni@corrierecal.it

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