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Odiare, voce del verbo Calabria

Ebbene sì, non pensavo mai potesse accadermi una cosa simile: per la prima volta in vita mia mi sono vergognato di essere calabrese. Non mi era capitato nemmeno quando per amore della mia terra mi …

Pubblicato il: 27/03/2015 – 16:25

Ebbene sì, non pensavo mai potesse accadermi una cosa simile: per la prima volta in vita mia mi sono vergognato di essere calabrese. Non mi era capitato nemmeno quando per amore della mia terra mi trovavo costretto a difendere la mia gente dalla solita storia che un po’, in fondo, ‘ndranghetisti lo siamo tutti. Lo gridavo in tutte le sedi e in tutte le conversazioni. Lo dicevo forte che noi calabresi avevamo sì delle tradizioni pure e ben radicate, che magari paradossalmente poteva sembrare incoraggiassero e foraggiassero la ‘ndrangheta, ma d’altra parte facevo altrettanto notare che vivere da calabrese e vivere da criminale sono due abitudini che solo il pregiudizio può trovare simili. Perché, semmai, era la ‘ndrangheta ad appropriarsi della mia identità, non viceversa.
D’improvviso succede il dramma. O almeno, io la vivo così.
Domenica scorsa alcuni calciatori della formazione d’immigrati, la Koa Bosco, finisce vittima della più profonda e cieca cattiveria: il nazismo. Sì, il nazismo. E non il razzismo o la xenofobia, che seppur gravi possono essere collocati nella sfera dell’ignoranza.
C’è del nazismo nel modo in cui i giocatori “coloured” di Rosarno sono trattati dai cittadini di Paravati presenti al campo sportivo, con lanci di pietre e insulti. È inutile stare qui a ripetere le frasi rivolte alla squadra del Koa Bosco, mi vergognerei ulteriormente.
Qualche giorno fa, poi, da Briatico – paese che ospita 250 immigrati – l’altra notizia drammatica, ancor più drammatica della precedente. Alcuni genitori della scuola media hanno protestato contro la stessa scuola rea di aver proposto un progetto che prevedeva per 30 immigrati un corso pomeridiano di italiano. La scusa delle madri e dei padri briaticesi per non far partecipare i ragazzi alle lezioni è stata banale, quanto ipocrita. «Perché – si legge da un articolo de “Il Quotidiano del Sud” – inizialmente le aule non c’erano, neanche per la V (dove sono presenti alunni con disabilità) e adesso per accogliere 30 ragazzi africani, sì?». I genitori ci tengono a sottolineare poi che questa protesta non sarebbe contro gli immigrati, ma contro la scuola, per poi confermare ai microfoni de LaC che «i bambini non possono condividere la aule coi migranti perchè potrebbero portare malattie e magari fare qualche cosa grave». Questi genitori sono gli stessi che non hanno mai mosso un dito contro nessuno quando negli anni i loro figli venivano privati per colpa dei loro stessi amministratori italianissimi dell’ABC come lo scuolabus, la mensa, i riscaldamenti, mentre adesso si battono per principio sull’aula pomeridiana non data di giorno ai figli e data di pomeriggio, invece, agli immigrati. Anche qui, superflui sono i commenti nel merito dell’accaduto.
Mi preme però fare alcune considerazioni sul perché io mi vergogno per la prima volta di essere calabrese.
La prima è di tipo umano: non si può negare a nessuno di qualunque genere, tipo, etnia, colore, paese (o chiamateli come volete) la possibilità di: studiare e giocare.
Studiare e giocare, non so se rendo l’idea. Studiare e giocare.
Studiare e giocare. Mettetevelo bene in testa: studiare e giocare.
In Calabria ci sono persone che vorrebbero impedire ad un essere umano di studiare e di giocare.
Rabbrividisco: non è questo il più efferato dei delitti contro l’umanità?
La seconda è di tipo sociale: la storia della Koa Bosco e degli immigrati di Briatico avrebbe potuto rappresentare la rinascita dei calabresi, ultimi degli ultimi in ogni campo. La Calabria sarebbe potuta diventare la prima regione d’Europa modello di integrazione e di riferimento proprio perchè avrebbe potuto coniugare i due principi cardine della civiltà occidentali, ovvero la garanzia all’istruzione tramite il diritto allo studio e la garanzia della libertà tramite il diritto allo sport. Diritti inalienabili per tutti e non a piacimento di qualcuno.
La terza è di tipo politico: non ho ancora sentito una voce di sdegno da parte dei nostri rappresentati politici, dal presidente della Regione Mario Oliverio al sindaco di Briatico e presidente della Provincia di Vibo Valentia Andrea Niglia, dal sindaco di Mileto (comune di cui fa parte la frazione Paravati) Domenico Antonio Crupi a – perché no? – i tanto progressisti Giovani democratici calabresi. Nessuno. Non una parola per dirsi almeno di facciata “sgomenti e turbati” per quanto accaduto in questa settimana nella terra che loro vorrebbero migliorare, ma che purtroppo ha dato l’ennesima prova di meritarsi l’ultimo posto in Europa.

 

*Giornalista

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