REGGIO CALABRIA Gli uomini del comando provinciale della Guardia di finanza di Reggio Calabria e dello Scico di Roma hanno eseguito, in Calabria, Toscana, Lazio e Lombardia, provvedimenti di sequestro, emessi dal gip del Tribunale di Reggio Calabria, concernenti un ingente patrimonio, mobiliare, immobiliare e societario, stimato in circa 50 milioni di euro, riconducibile ad alcuni imprenditori operanti nella Locride, ritenuti contigui alle potenti ed efferate cosche di ‘ndrangheta Aquino e Morabito.
La complessa ricostruzione patrimoniale effettuata dai finanzieri del Gico e dello Scico, con il coordinamento della locale Procura antimafia, avrebbe consentito di accertare che i destinatari dei provvedimenti, pur in mancanza di una lecita capacità reddituale, hanno effettuato, negli anni, ingenti investimenti societari o immobiliari, servendosi anche di prestanome. Complessivamente, sono stati sequestrati 65 beni immobili (33 terreni e 32 fabbricati), 12 attività commerciali/quote societarie e 12 tra autoveicoli e motoveicoli.
L’operazione è stata denominata in codice “Fedro”. Dalle indagini sarebbe emerso che alcuni imprenditori, tra cui il noto Bruno Verdiglione, Antonio Cuppari e Domenico Antonio Muccari, avessero effettuato ingenti investimenti societari e immobiliari in mancanza di una lecita capacità reddituale. Le ricostruzioni effettuate dalle fiamme gialle hanno messo in evidenza, in particolare, il frequente ricorso al “finanziamento soci”, che, in linea generale, consente alla società di disporre di capitali senza ricorrere agli istituti di credito. Tale liquidità viene iniettata nelle casse della società direttamente dai soci, quale forma di auto-finanziamento a “costo zero”, non dovendone sostenere le spese per gli interessi.
L’operazione – evidenziano gli inquirenti – se da un lato rappresenta una normale procedura societaria (destinata al raggiungimento dello scopo sociale), dall’altra può rappresentare un meccanismo di reimpiego di capitali illeciti. Gli inquirenti, alla luce della vicinanza degli imprenditori indagati alle cosche Morabito e Aquino, hanno effettuato una dettagliata ricostruzione patrimoniale che ha permesso di individuare innumerevoli acquisti di beni immobili e costituzioni societarie, attraverso cui gestire importanti complessi turistico-alberghieri, nati con i proventi di capitali illeciti.
Le successive indagini patrimoniali nei confronti dei destinatari dei provvedimenti restrittivi nonché nei confronti dei rispettivi nuclei familiari e di persone fisiche, prestanome e società, hanno consentito, inoltre, la ricostruzione dei flussi di denaro fino a risalire ai singoli beni e società, che costituiscono il reimpiego dei predetti capitali illeciti. Con i provvedimenti di sequestro eseguiti oggi, secondo gli inquirenti, si è sottratto alla ‘ndrangheta un patrimonio costituito di beni mobili, immobili, attività commerciali e disponibilità finanziarie, e investito principalmente nel settore turistico-alberghiero, che ancora oggi si dimostra essere, insieme al traffico di stupefacenti, nel core business delle cosche di ‘ndrangheta. Il provvedimento, eseguito nelle province di Raggio Calabria, Roma, Cosenza, Catanzaro, Mantova e Arezzo, ha portato al sequestro preventivo di 12 attività commerciali e quote societarie; di un’azienda agricola del Mantovano, operante nel settore dell’allevamento dei suini; di diverse quote societarie di importanti imprese edili operanti nell’Aretino; di 65 beni immobili (33 terreni e 32 fabbricati), di cui uno di particolare pregio in pieno centro a Roma; di 12 tra autoveicoli e motoveicoli dotati anche di targhe rilasciate da paesi stranieri.
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