PAOLA Lavorano senza sosta gli inquirenti paolani per comprendere origine e natura del fenomeno che finora resta avvolto nel mistero: il caso delle spiagge rosse che sta interessando alcuni tratti del litorale del Tirreno cosentino. Un fenomeno che a fasi alterne vede l’arenile dell’hinterland paolano acquisire un colore rossastro, risultato poi, anche se in maniera non costante, contaminato da metalli pesanti. L’ultimo caso interessa proprio il litorale nord della città del Santo. Le analisi condotte nel novembre scorso dai tecnici dell’Arpacal nel tratto di costa tra il torrente Regina e il torrente Laponte – antistante località Pagnotta – hanno fatto emergere valori più alti dei parametri di legge per due sostanze: il cobalto e il vanadio. Tanto da far emettere, dopo la segnalazione da parte della Procura, un’ordinanza di interdizione dell’area da parte del sindaco di Paola, Basilio Ferrari, in attesa di bonificare la zona. Una decisione, in realtà, non nuova da parte del primo cittadino vista la ripetitività del fenomeno scoperto in questa zona dal nucleo Ambiente della Procura di Paola. Su questo caso la Procura sta, infatti, lavorando da due anni, passando a setaccio – avvalendosi degli uomini della guardia costiera – l’intera costa dell’Alto e medio Tirreno cosentino per cercare di comprenderne le cause e individuare eventuali responsabilità. Per ora senza arrivare ad alcuna conclusione.
Di certo c’è che, finora, l’area interessata dal fenomeno resta circoscritta tra Acquappesa, Fuscaldo e Paola. I risultati delle analisi compiute dall’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente – su disposizione del procuratore capo Bruno Giordano che sulla vicenda ha aperto un fascicolo d’indagine – sui campioni prelevati in altri comuni della costa, infatti, hanno dato esito negativo. Mentre nel corso di questi due anni, sul fenomeno, si sono alternate conferme e contraddizioni.
CONFERME E NOVITÀ
Nei giorni scorsi i risultati dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (Arpacal) – che aveva effettuato una serie di prelievi in diversi comuni della costa – hanno confermato alcuni dati che erano emersi nel corso del precedente campionamento in località Pagnotta di Paola. Una verifica, sollecitata dalla stessa Procura, tesa a comprendere se i valori elevati presenti nell’arenile di questa zona della cittadina tirrenica – che aveva assunto anche una colorazione rossastra – fossero o meno un fenomeno temporaneo. Dalle risultanze effettuate dai tecnici è emersa, invece, nuovamente la contaminazione della spiaggia nella stessa identica area già interessata dall’indagine. Le analisi parlano della presenza di cobalto con una percentuale superiore e del vanadio. Mentre è risultato rientrato il parametro che attiene il cromo, precedentemente riscontrato con un valore di oltre il 33 per cento superiore ai limiti di legge. Così come si è ridimensionata la presenza di metalli pesanti riscontrati in altre località dove i parametri erano decisamente più alti. Come ad esempio in alcune zone di Fuscaldo – Valle Santa Maria, Sangrillà , Borgo Pescatori e Ponte di Ferro – e in località Acquafedita di Acquappesa (cromo totale con una concentrazione di oltre il 16%).
LA STORIA DELLE SPIAGGE ROSSE
La vicenda, come il Corriere della Calabria aveva già raccontato due anni addietro, prende spunto dalla segnalazione degli uomini del nucleo Ambiente della Procura di Paola che, nel corso di un’operazione di controllo della costa a marzo del 2013, avevano notato che, in alcuni tratti, la spiaggia di Fuscaldo aveva acquisito una particolare tonalità. Un colore decisamente tendente al rosso che era stato riscontrato dagli inquirenti in diversi punti del litorale della cittadina tirrenica cosentina, ma che interessava anche località Pagnotta di Paola. Da qui l’avvio di una campagna di prelievi portata avanti dall’Arpacal su richiesta degli inquirenti paolani e che aveva consentito di rinvenire lo sforamento dei parametri di legge di alcuni elementi chimici in quattro località: Ponte di Ferro, Sangrillà e Borgo Pescatori lungo il litorale fuscaldese e la località nella zona nord di Paola. I tecnici dell’Agenzia, allora, avevano scoperto nell’arenile rossastro la presenza di cobalto, di cromo totale, di vanadio e di stagno. Per questo il procuratore Giordano si è determinato ad andare fino in fondo a questa che sembra assomigliare sempre più all’ennesima storia di veleni che finiscono tristemente nei terreni, nelle acque e nel mare della nostra regione.
Roberto De Santo
r.desanto@corrierecal.it
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