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Sangue infetto, le parti civili: tante omissioni

COSENZA Omissioni non rilevate ed errata somministrazione dei farmaci. Per questo motivo i legali delle parti civili del processo sul sangue infetto hanno chiesto che gli imputati, che hanno s…

Pubblicato il: 30/03/2015 – 14:58
Sangue infetto, le parti civili: tante omissioni

COSENZA Omissioni non rilevate ed errata somministrazione dei farmaci. Per questo motivo i legali delle parti civili del processo sul sangue infetto hanno chiesto che gli imputati, che hanno scelto il rito ordinario, vengano rinviati a giudizio. Il procedimento – che ha coinvolto i vertici e alcuni medici dell’ospedale “Annunziata” di Cosenza – vuole fare luce sulla morte, avvenuta nell’estate del 2013, di Cesare Ruffolo, un pensionato di Rende.

Ruffolo aveva effettuato una trasfusione, all’Annunziata, con una sacca che poi si e’ scoperto essere contaminata dal batterio letale serratia marcescens. Nella scorsa udienza il pm Salvatore Di Maio ha chiesto il processo per il direttore generale dell’azienda ospedaliera, Paolo Maria Gangemi; il direttore sanitario aziendale Francesco De Rosa; l’ex direttore dell’Unità di immunoematologia dell’Annunziata, Marcello Bossio; per Salvatore De Paola e Luigi Rizzuto, rispettivamente direttore sanitario e dirigente medico in servizio all’ospedale di San Giovanni in Fiore, e per Osvaldo Perfetti direttore medico del presidio unico dell'”Annunziata”.
Dalle indagini, condotte dai carabinieri del Nas e coordinate dai pm Salvatore Di Maio e Paola Izzo, emerse che un mese prima del decesso di Ruffolo un caso analogo si era verificato ai danni del 37enne Francesco Salvo, che è fortunatamente riuscito a sopravvivere alla trasfusione infetta.
Nel corso dell’udienza, che si è svolta questa mattina, nel tribunale di Cosenza davanti al gup Francesco Luigi Branda, si sono svolte le arringhe degli avvocati delle parti civili. In particolare, i legali Massimiliano Coppa – che rappresenta i parenti di Ruffolo e Francesco Salvo – Paolo Coppa, Marianna De Lia, Chiara Penna, Luigi Forciniti (tutti per la famiglia Ruffolo) hanno sottolineato l’esigenza della fase dibattimentale perché sono emerse diverse omissioni già rivelate dalla commissione regionale nel 2012 per le quali non è stato fatto nulla. Gli avvocati hanno ricostruito tutta la vicenda fino alla morte di Ruffolo e ai successivi accertamenti, comprese le lesioni riportate da Francesco Salvo e le somministrazioni dei farmaci.
I magistrati contestano il reato di rifiuto di atti d’ufficio a Paolo Maria Gangemi, a Francesco De Rosa e a Marcello Bossio. Mentre Perfetti e Bossio avrebbero somministrato medicinali guasti. Secondo l’accusa i due, pur essendo a conoscenza della contaminazione delle sacche ematiche, non avrebbero adottato alcuna misura idonea a impedirne l’utilizzo. A Bossio e Perfetti viene contestato, inoltre, il reato di morte in conseguenza di altro reato doloso.
Salvatore De Paola e Luigi Rizzuto – che dovrebbero rispondere di omicidio colposo – avrebbero permesso che la raccolta, il prelievo e la conservazione del sangue avvenissero in locali e in condizioni inidonee, in violazione della normativa speciale dettata in materia. Ai due medici vengono contestate le lesioni personali colpose ai danni di Francesco Salvo, il quale, nel giugno del 2013, a seguito di una trasfusione di sangue contaminato, subì uno shock settico.
Nel corso delle indagini, la Procura ha evidenziato la mancata adozione di un adeguato piano di azioni correttive rispetto a 65 criticità rilevate sin dal settembre del 2012 da una struttura di controllo della Regione Calabria durante una visita ispettiva nel Centro trasfusionale. L’omessa denuncia di reato era stata ipotizzata a carico del direttore del dipartimento sanitario di Medicina, Pietro Leo, e al responsabile Ssd rischio clinico, Addolorata Vantaggiato, perché dopo la morte di Cesare Ruffolo non avrebbero proceduto a nessuna comunicazione all’autorità giudiziaria. Ma lo scorso 30 ottobre il gup ha assolto Leo e Vantaggiato, che avevano scelto il rito abbreviato assieme a Mario Golè e Maria Maddalena Guffanti, rispettivamente legale rappresentante e direttore di produzione tecnica della “Germo spa”, la ditta che produce il sapone disinfettante Germocid (lo stesso usato a San Giovanni in Fiore) all’interno del quale sarebbe stato trovato il batterio serratia marcescens. Golè e Guffanti – che dovevano rispondere del reato colposo di commercio e distribuzione di sostanze adulterate in modo pericoloso per la salute pubblica – sono stati, invece, condannati.
Il gup ha aggiornato l’udienza preliminare per il prossimo 15 aprile quando, dopo le arringhe della difesa, dovrebbe decidere sull’eventuale rinvio a giudizio.

 

Mirella Molinaro

m.molinaro@corrierecal.it

 

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