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Foti: «Fi in crisi? Colpa dell'ex governatore»

LAMEZIA TERME Nino Foti non è tipo da perdersi in giri di parole. Non lo ha fatto in passato quando non si è piegato allo strapotere scopellitiano, non lo fa nemmeno ora quando la situazione di tot…

Pubblicato il: 01/04/2015 – 13:01
Foti: «Fi in crisi? Colpa dell'ex governatore»

LAMEZIA TERME Nino Foti non è tipo da perdersi in giri di parole. Non lo ha fatto in passato quando non si è piegato allo strapotere scopellitiano, non lo fa nemmeno ora quando la situazione di totale confusione nel suo partito, Forza Italia, consiglierebbe prudenza e silenzio. Ma l’ex parlamentare non ama stare con le mani in mano e prova a indicare una strada per risalire la china dopo la pesante batosta elettorale patita alle regionali. 

 

Foti, partiamo da Roma. L’aver rotto il Patto del Nazareno è stato un errore per Forza Italia?

«L’errore principale è stato aver solo immaginato di poter fare patti con Matteo Renzi. Era evidente che quel tipo di accordo, stipulato con una persona inaffidabile e senza scrupoli come l’attuale Premier avrebbe appiattito la coscienza critica del nostro Partito e disorientato i nostri elettori. E i risultati purtroppo si sono visti».

 

Più vicino alla colomba Romani o al falco Brunetta?

«Il giorno dopo l’approvazione della legge elettorale al Senato, dove l’apporto del nostro Partito è stato fondamentale, il capogruppo Romani, in un’intervista, ha evidenziato come in aula si fosse creata una nuova maggioranza con Forza Italia. Ingenuità e dilettantismo politico. Renzi, mai eletto dal popolo, con la sua politica delle promesse vane era e resta il nostro avversario politico numero uno. Ha ragione Brunetta».

 

Non teme che la linea ondivaga nei confronti del governo Renzi finisca col penalizzare solo il vostro partito?

«L’atteggiamento arrivista, quasi bulimico, del premier trova terreno fertile in una posizione eccessivamente morbida e una sterile opposizione da parte del centrodestra moderato. Non è una questione di partiti ma dell’identità di un’intera area che si sta sgretolando stretta come in una morsa fra i colpi spregiudicati di chi insegue il potere e la paura di chi pur di arrivare a fine legislatura, voterebbe, anche in contrasto con i propri ideali, qualsiasi cosa».

 

Un giudizio molto critico il suo rispetto all’operato del presidente del Consiglio che invece rimarca spesso i risultati delle sue politiche, Jobs Act in primis. Dove sta la verità?

«La verità purtroppo sta nei numeri, e gli ultimi dati diffusi dall’Istat sull’occupazione proprio in queste ore, non fanno altro che confermare quanto io sostengo smentendo clamorosamente i proclami del premier e del ministro del Lavoro Poletti, che spacciavano il Jobs Act come la panacea di tutti i mali. Il numero di disoccupati in Italia è cresciuto, la disoccupazione è arrivata al 12,7% mentre quella giovanile è aumentata fino al 42,6%. I 79 mila “posti fissi in più” di cui parla invece il governo, non sono nuova occupazione ma riconversioni di vecchi contratti frutto delle decontribuzioni per le aziende previste per il nuovo anno (che, tra l’altro, erano nel nostro programma elettorale nel 2013). Non certo merito del Jobs act, che è entrato in vigore il 7 marzo 2015, mentre i dati si riferiscono ai primi due mesi del 2015».

 

E la Calabria? Come giudica l’azione politica del governo per il Meridione?

«Le politiche per il Mezzogiorno non esistono e la Calabria continua ad essere impoverita ed abbandonata come dimostrato dalle misure previste nell’ultima legge di stabilità, che hanno sottratto importanti risorse per lo sviluppo del Mezzogiorno, o dalla vicenda AnsaldoBreda. Anche in quest’ultima circostanza, tante chiacchiere ma nessun impegno concreto, fino all’inspiegabile decisione di vendere una delle realtà industriali più importanti del mezzogiorno, con commesse fino al 2020. Il nuovo acquirente ha predisposto un piano occupazionale garantito per soli 3 anni, marcando un enorme punto interrogativo sul futuro degli oltre 2.500 addetti, di cui circa 800 nella sola Provincia di Reggio Calabria. Come si può coniugare questa azione politica con i concetti di sviluppo, investimento e crescita ripetuti come un mantra dal governo?».

 

Qual è lo stato di salute di Forza Italia in Calabria?

«Anche in questo caso vale quanto detto in relazione alla situazione nazionale, con una piccola ma sostanziale differenza. È vero che stiamo attraversando un periodo di forte difficoltà e che le principali responsabilità vanno attribuite alla nostra classe politica troppo scollata dalle esigenze dei cittadini, ma pur navigando in tempesta siamo riusciti a non perdere totalmente la rotta. Credo pertanto che il potenziale di Forza Italia in Calabria sia tale da poter consentire una ripresa in tempi brevi, a patto che si torni a mettere al centro della nostra azione il cittadino. Dobbiamo rivedere la nostra linea politica e rilanciare la nostra attività, lavorando sui territori e ripartendo da un’opposizione concreta, fatta di contenuti e di programmi, tornando ad interloquire con quel mondo imprenditoriale rappresentato da tutte le piccole e micro imprese, parte fondamentale del nostro tessuto produttivo, che ha sempre costituito il nostro zoccolo duro e che pertanto non si riconosce in questo governo e in questa politica del promettere e non fare». 

 

Jole Santelli doveva lasciare la guida del partito dopo i risultati ottenuti alle regionali?

«Avevo detto a Jole che l’incarico di cui era stata investita le avrebbe comportato un gravoso e costante impegno sul territorio e sapevo, vista la mia pregressa esperienza alla guida per tanti anni del coordinamento provinciale di Reggio Calabria che non sarebbe stato facile. Le colpe gravi di chi fino a poco tempo fa è stato al vertice della Regione e del partito, e prima ancora al Comune di Reggio Calabria, hanno costituito un fardello così pesante che sarebbe stato difficile per chiunque dare sostanza alla rinascita di Forza Italia in Calabria e forse per gestire le dinamiche di un partito come il nostro in una Regione complessa come questa sarebbe servita una maggiore esperienza. Credo tuttavia che Jole abbia le qualità per recuperare e ritengo sia giusto darle una mano per perseguire quella rinascita a cui tutti dobbiamo puntare». 

 

Wanda Ferro è fuori dal consiglio regionale. Forza Italia non ha nulla da rimproverarsi?

«Venuto a conoscenza, purtroppo dopo le elezioni, delle perplessità del ministero dell’Interno che aveva chiesto e ottenuto un incontro chiarificatore ai tecnici della Regione per discutere anche di quel punto “oscuro” relativo all’elezione del candidato miglior perdente, sono stato il primo, come riconosciuto dalla stessa Wanda Ferro, a porre l’attenzione sull’ingiustizia del trattamento subito dalla nostra candidata. Nel corso di una riunione di coordinamento ho chiesto, che si approfondisse la questione, come poi è avvenuto, al fine di fare chiarezza, e a seguito di quella discussione Wanda Ferro ha manifestato la sua intenzione, che condivido, di far valere le proprie ragioni. A prescindere da come andrà a finire mi auguro comunque che vengano definite le responsabilità, tecniche o politiche che siano, di chi ha contribuito a scrivere quella che sicuramente non è una bella pagina di storia politica della nostra Regione».

 

Berlusconi vuole imporre la tagliola a chi ha più di tre mandati alle spalle. Condivide questa impostazione?

«Anche in occasione delle elezioni politiche del 2013, era stata stabilita questa regola, ma poi, come si è visto, si è risolto tutto con le numerose deroghe concesse in tutte le Regioni».

Antonio Ricchio

a.ricchio@corrierecal.it

 

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