ROMA Un nuovo reato per la pubblicazione delle intercettazioni arbitrarie, ma anche un netto ampliamento delle possibilità e modalità di intercettazione, quale strumento supremo di indagine. Sono questi punti cardine della riforma delle intercettazioni elaborata dalla Commissione per la revisione della normativa antimafia presieduta dal procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Nicola Gratteri. Se da una parte si propone di vietare l’inserimento del testo integrale delle intercettazioni nei provvedimenti dell’autorità giudiziaria – così come di introdurre il reato di “pubblicazione arbitraria delle conversazioni intercettate” per rafforzare il diritto di privacy, «eliminando il fenomeno negativo della divulgazione, proprio tramite gli atti dell’autorità giudiziaria, del contenuto di informazioni che esulano l’accertamento processuale», dall’altra la commissione ha chiesto al parlamento di rendere più agile ed efficace, ma soprattutto probante il numero e il tipo di comunicazioni intercettabili. Stando al testo presentato in commissione, le intercettazioni potranno essere disposte quando sussistono «indizi di reato», il che significa il definitivo superamento del «regime speciale che contraddistingue i reati di criminalità organizzata», dal momento che «la ricerca della prova non richiede mezzi diversificati a seconda del tipo di reato cui si riferiscono le indagini». Non si tratta di una mutilazione, ma al contrario di un ampliamento delle possibilità di indagine a disposizione del pm. «La modifica – si legge infatti nella proposta della commissione Gratteri – comporta dunque l’automatica eliminazione del doppio regime delle intercettazioni, ma il regime speciale che contraddistingue i cosiddetti reati di criminalità organizzata non viene soppresso, ma, al contrario, generalizzato, quasi pedissequamente, a tutte le fattispecie di reato». «La ratio dell’intervento – prosegue – va dunque individuata nella necessità di superare il cosiddetto ‘doppio binario’, che non si giustifica ne’ sul piano delle garanzie, nè sul piano più strettamente operativo (la ricerca della prova non richiede mezzi diversificati a seconda del tipo di reato cui si riferiscono le indagini)». Ma la proposta della commissione presieduta dal procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri in tema di intercettazioni, prevede anche un primo gruppo di disposizioni volto a inserire due nuovi mezzi di ricerca della prova le intercettazioni epistolari, probabilmente anche per superare il vuoto normativo creato dalla sentenza della Cassazione che ne ha decretato l’inutilizzabilità a livello probatorio, e le intercettazioni di comportamenti tramite ripresa video «da effettuare in luoghi riservati o di privata dimora». Uno strumento quest’ultimo – si specifica nel testo – «già legittimato dalla Corte costituzionale, la quale ne ha implicitamente riconosciuto l’ammissibilità a condizione del rispetto della doppia riserva, di legge e di giurisdizione». Inoltre, si specifica «si è optato per innalzare il livello di tutela rispetto alle stesse indicazioni fornite della Giudice delle leggi: l’autorizzazione compete infatti solo all’organo della giurisdizione ed e’ prevista anche per le video riprese effettuate in luoghi riservati, mezzo di ricerca della prova atipico, oggi subordinato alla sola autorizzazione del pubblico ministero». Riguardo alle intercettazioni epistolari «attraverso cui vi è la possibilità di prendere cognizione del contenuto della corrispondenza in forma clandestina, con il successivo recapito della stessa al destinatario, senza procedere al sequestro», si tratta di «strumento assimilabile a tutti gli effetti alle intercettazioni di comunicazioni orali – diversa è solo la forma con cui si esprimono gli interlocutori – sicché rispetto ad esso vi è una perfetta conformità alle prescrizioni costituzionali dal punto di vista del difficile bilanciamento fra obbligatorietà dell’azione penale e diritti alla riservatezza».
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