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Gioia Tauro, il retroporto resta un miraggio

GIOIA TAURO Un pezzo alla volta, l’accordo di programma quadro sul “Polo logistico intermodale” del porto di Gioia Tauro continua a sgretolarsi. Altri 25 milioni si sono persi per strada. Sono quel…

Pubblicato il: 02/04/2015 – 6:56
Gioia Tauro, il retroporto resta un miraggio

GIOIA TAURO Un pezzo alla volta, l’accordo di programma quadro sul “Polo logistico intermodale” del porto di Gioia Tauro continua a sgretolarsi. Altri 25 milioni si sono persi per strada. Sono quelli destinati ai “contratti di sviluppo”: incentivi, stanziati nell’ambito del Pon “Ricerca e competitività” per il periodo di programmazione 2007-2013, volti a “favorire la realizzazione di investimenti di rilevante dimensione per il rafforzamento della struttura produttiva del Paese, con particolare riferimento alle aree del Mezzogiorno”. Le imprese ammesse ai finanziamenti avrebbero potuto ottenere una copertura economica su qualsiasi ambito dell’attività aziendale: dalle spese per macchinari e beni strumentali ad agevolazioni per l’assunzione di personale, dalle opere edilizie alle parcelle di commercialisti e consulenti del lavoro.
Nel caso di Gioia Tauro, gli incentivi gestiti da Invitalia avrebbero dovuto promuovere “attività di logistica industriale, costituiti da uno o più progetti di investimento a carattere innovativo e ad elevato valore aggiunto, che favoriscano la diversificazione della gamma dei servizi offerti” nell’area retroportuale.
Il danno, dunque, è stato ingente per il fallimento di questo bando aperto nel gennaio 2014, che rientrava nell’Apq risalente al 2010. Lo pensò la giunta regionale presieduta da Agazio Loiero, che lo predispose nel febbraio di quell’anno, a poche settimane dalle elezioni, e lo approvò nel settembre successivo l’esecutivo Scopelliti. I risultati sono stati disastrosi. L’area retroportuale di Gioia Tauro resta desolata. Le poche aziende che hanno presentato domanda di partecipazione al bando non avevano i requisiti. Una storia che si ripete: era successo anche per il gateway ferroviario, 25 milioni parzialmente in project financing, su cui nessuno, neppure Rfi, ha voluto rischiare e investire.
Colpisce lo scollamento tra la realtà economica e gli strumenti messi a punto per Gioia Tauro che avrebbero dovuto attrarre investimenti ma che in realtà non hanno attratto proprio nessuno. Intanto il presidente della Regione Mario Oliverio insiste sulla possibilità di costituire la zona economica speciale, tema su cui gli ultimi tre governi nazionali hanno sempre invitato alla prudenza, mentre gli effetti della crisi hanno portato gli armatori a scelte strategiche che hanno penalizzato il porto calabrese. A giocare contro Gioia, il costo del lavoro altissimo rispetto ai competitor nordafricani, le elevate accise e le tasse di ancoraggio, una port authority commissariata e paralizzata, la presenza della criminalità organizzata che impone controlli di sicurezza che rallentano fortemente l’unica attività oggi svolta: il transhipment. Così i cosiddetti “terzisti”, il tessuto di piccole aziende che lavorano attorno al terminal, licenziano quando non chiudono. Un quadro di grave difficoltà, ereditato dal passato, ma che oggi impone alla politica un immediato cambio di passo. E magari anche qualche proposta nuova.

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