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Caso Rizzo-Scajola, slitta la riunificazione dei procedimenti

REGGIO CALABRIA Slitta ancora la riunificazione dei procedimenti che oggi vedono imputati da una parte Chiara Rizzo, moglie dell’ex parlamentare di Forza Italia, Amedeo Matacena, e il suo stor…

Pubblicato il: 08/04/2015 – 6:49
Caso Rizzo-Scajola, slitta la riunificazione dei procedimenti

REGGIO CALABRIA Slitta ancora la riunificazione dei procedimenti che oggi vedono imputati da una parte Chiara Rizzo, moglie dell’ex parlamentare di Forza Italia, Amedeo Matacena, e il suo storico braccio destro, Martino Politi, e dall’altra l’ex ministro Claudio Scajola e la storica segretaria dei coniugi, Mariagrazia Fiordelisi. I legali di Lady Matacena, Bonaventura Candido e Carlo Biondi, e dell’ex braccio destro del politico armatore, l’avvocato Corrado Politi non hanno prestato il proprio consenso all’acquisizione delle deposizioni del vicequestore Leonardo Papaleo, principale testimone d’accusa che da tempo ricostruisce in aula la genesi dell’indagine. Secondo i difensori infatti, nel corso del suo esame non solo Papaleo ha risposto a domande cui, se fossero stati in aula, si sarebbero opposti, ma ha trattato temi che toccano direttamente i loro assistiti.

 

UDIENZE STRAORDINARIE

Adesso toccherà a due udienze straordinarie, fissate per il 17 e il 22 aprile, cercare di colmare il gap fra i due procedimenti, di cui anche oggi il pm Giuseppe Lombardo ha chiesto la riunificazione «stante l’evidente connessione» per ragioni di «comune economia processuale». A determinare l’attuale diverso stato di avanzamento processuale, sono state le differenti scelte difensive degli imputati oggi alla sbarra. Se l’ex ministro Claudio Scajola, insieme alla storica segretaria dei coniugi, Mariagrazia Fiordelisi, fin dal principio ha scelto di affrontare il processo con rito ordinario, alla medesima determinazione sono giunti Rizzo e Politi, ma solo al termine di una battaglia durata diverse udienze filtro, all’esito della quale hanno rinunciato all’abbreviato, incassando contestualmente la contestazione dell’aggravante mafiosa per i reati che vengono loro contestati. Una spada di Damocle che sembra pendere anche sulla testa dell’ex ministro Scajola, per il quale però – nonostante i legali abbiano più volte tentato di strappare qualche dettaglio al pm – non è stata ancora formalizzata nessuna richiesta. Nel frattempo, fa parziali passi avanti l’istruttoria nel troncone del procedimento che vede alla sbarra l’ex ministro.

 

L’ISTRUTTORIA PROSEGUE

Superate le velenose stoccate fra accusa e difese, grazie al verdetto insindacabile del Tribunale che ha ammesso l’utilizzazione delle informative contestate, è toccato al luogotenente Antonio Condello iniziare a spiegare di fronte alle parti come gli investigatori abbiano scovato l’ombra dei Matacena dietro i grandi appalti del modello Reggio. Determinante è stata la perquisizione a casa della storica segretaria dei coniugi, Mariagrazia Fiordelisi, nel cui archivio i segugi della Dia hanno rinvenuto brochure informative e documenti della Cogem. Una visura camerale ha poi svelato che il suo socio di maggioranza, altri non era che la A&A, società riconducibile ad Amedeo Matacena e alla moglie – che di fatto l’avrebbero sempre amministrata – nonostante nel tempo la proprietà sia stata schermata mediante due società estere, la lussemburghese Seahorse, prima e la portoghese Morning Breeze dopo, nonché attraverso la società fiduciaria italiana Sirefid spa. Paraventi necessari, secondo la Procura, a occultare quelle circostanze relative ai lavori di rifacimento della via Marina, già finite al centro del primo processo che ha portato alla condanna per concorso esterno dell’ex parlamentare di Forza Italia, e ad ottenere la certificazione antimafia necessaria per mettere le mani su una serie di appalti pubblici.

 

LA GALASSIA COGEM
Dal tapis roulant al Palazzo dello sport, dal lungomare alla ristrutturazione di piazza Orange, dai 120 alloggi popolari del quartiere di San Brunello alla pista dell’aeroporto: tramite la Cogem i Matacena sarebbero riusciti a mettere le mani su tutto. Almeno negli ultimi 14 anni, la società – di cui i Matacena detengono il 51% – avrebbe infatti ramazzato la maggior parte e i più importanti lavori pubblici commissionati dall’amministrazione comunale reggina e non solo.

Fra i committenti della società controllata dal politico armatore ci sono anche il ministero dell’Interno, che gli ha assegnato la costruzione della palestra dei Vigili del fuoco di Reggio, la Prefettura, che ha dato mandato all’impresa per costruire il cimitero di Cardeto, e persino il Provveditorato, che ha ordinato la costruzione della nuova Questura di Reggio Calabria. Opere imponenti, che non esauriscono però il giro d’affari della Cogem, che risulta socia al 23% anche della società “Edilizia ospedaliera Morelli” – azienda che si è occupata della costruzione del secondo polo ospedaliero reggino – e del 34% della “Giudecca srl”, costituita il 23 febbraio 2006 dalla Cogem insieme alla “S.Aversa sas” di Carmine Aversa & c. che sottoscriveva una quota pari al 33% del capitale sociale e dall’impresa “Giunta srl”, in liquidazione, che ne sottoscriveva il residuo 33%.

Una società costituita – si rileva dall’atto costitutivo – per la realizzazione del tapis roulant, i cui lavori verranno in seguito appaltati dal Comune di Reggio Calabria, per la cifra di 9.037.168 euro. Il primo di una lunga serie di contratti stipulati dalla Cogem con il Comune di Reggio Calabria fino al 10 settembre 2012, poco prima dello scioglimento per mafia voluto dal Viminale.

 

Alessia Candito

a.candito@corrierecal.it

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