COSENZA Quelle intercettazioni sono inutilizzabili. Lo ha deciso il tribunale di Cosenza nell’ambito del processo “Squarcio”. Il procedimento è scaturito da un’operazione contro i clan del Cosentino scattata nel 2000. Gli imputati, secondo l’accusa, avrebbero gestito il racket delle estorsioni, imponendo il pizzo alle società titolari degli appalti per l’ammodernamento della A3. I reati contestati vanno dall’associazione a delinquere finalizzata alle estorsioni fino al traffico di sostanze stupefacenti e al tentato omicidio.
Questa mattina, il collegio giudicante, presieduto da Di Dedda, ha ritenuto inutilizzabili le intercettazioni ambientali e telefoniche che erano state depositate dal pm della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro Pierpaolo Bruni. Nel corso dell’udienza, Francesco Amodio, collaboratore di giustizia e imputato, ha rilasciato alcune dichiarazioni spontanee in cui ha chiesto di essere nuovamente inserito nel programma di protezione e ha evidenziato alcuni disagi nel suo status. Si è trattato di un’udienza tecnica. Il processo è stato aggiornato al prossimo 27 aprile.
Nel procedimento sono imputati Domenico Cicero, Vincenzo Dedato, Aldo Benito Chiodo, Gianluca Walter Marsico, Angelo Colosso, Luigi Gagliardi, Francesco Amodio, Mario Gatto, Francesco Marincolo, Biagio Barberio e Alfonsino Falbo.
Secondo l’impianto accusatorio, il pizzo che gli imprenditori dovevano pagare si aggirava intorno al 2-3 per cento del valore dell’appalto, cifre enormi viste l’entità dei lavori che da anni si svolgono sull’autostrada. E a fare da tramite fra le famiglie della ‘ndrangheta e le vittime del racket ci sarebbero stati anche imprenditori collusi.
Mirella Molinaro
m.molinaro@corrierecal.it
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