AMARONI Non si sono scambiati neanche uno sguardo. Eppure il caso li aveva messi proprio di fronte l’uno all’altra. Mario Oliverio e Maria Carmela Lanzetta non hanno neanche provato a chiarirsi dopo il caos scatenato dal rifiuto dell’ex ministro ad entrare nel governo regionale, ufficialmente a causa della presenza nella medesima giunta di Nino De Gaetano.
L’occasione era ghiotta: la direzione regionale del Pd convocata ad Amaroni per esprimere solidarietà e sostegno al consigliere regionale Arturo Bova dopo l’intimidazione subìta (sono state incendiate due auto di sua proprietà), era proprio incentrata sul tema della legalità, era il momento scelto appositamente da Ernesto Magorno per dare un segnale forte alla criminalità. Ma i due litiganti non hanno colto l’occasione, hanno anzi mantenuto le distanze nella maniera più evidente possibile. A parte un velato botta e risposta indiretto nei rispettivi interventi.
Da una parte quindi Oliverio, agguerrito e determinato nel proporre al suo partito quello che il suo governo sta facendo e ha intenzione di fare in tema di legalità e contrasto alla criminalità, determinato nello scagliarsi contro l’antimafia degli annunci e delle passerelle mediatiche a scapito delle azioni concrete: «Noi abbiamo bisogno di assumere una strategia di contrasto alla criminalità che sia meno chiacchiere e proiezione mediatica e più coerenza di comportamento con cui bonificare le paludi in cui la criminalità ha attecchito e trova spazio. Abbiamo bisogno di una dimensione etica fatta di coerenza di comportamenti, nella vita privata e nella vita pubblica di chi ha una responsabilità di governo», tuona al microfono il presidente della giunta regionale. Ed eccolo, neanche tanto velato forse, l’attacco all’ex ministro ed ex sindaco di Monastarace.
La risposta di quest’ultima, arriva subito dopo il termine dell’intervento di Oliverio. Affidandosi ad un testo da leggere, Maria Carmela Lanzetta non perde occasione per rimarcare quanto fatto da ministro, quasi a volersi scrollare di dosso quell’etichetta di ministro-fantasma che tanti le hanno attribuito durante il suo mandato: «Da ministro stavo percorrendo una strda istiuzionale che aveva lo scopo di innescare meccanismi di collaborazione con i Comuni in difficoltà. Avevamo iniziato con protocolli d’intesa, ma il percorso è stato interrotto per i motivi noti. Avevo anche chiesto alla presidenza del Consiglio per aiutare e favorire l’unione dei Comuni, fondi che ora ci sono ma che in quel momento non erano disponibili». Poi, nel manifestare solidarietà ad Arturo Bova, l’ex ministro chiarisce il suo pensiero sul tema per cui era stata ascoltata dalla commissione parlamentare antimafia quale settimana fa, ovvero sulle dichiarazioni rese durante un’intervista in cui sembrava ritrattare la propria versione sulle intimidazioni che l’avevano colpita quando era sindaco di Monasterace: «Voglio manifestare la mia vicinanza ad Arturo Bova, per dare un segnale forte alle tante mani criminali che attaccano vigliaccamente gli uomini e le istituzioni. Sono vicinissima al consigliere Bova: nel momento in cui ha detto di aver preso in braccio le sue figlie dopo l’incendio delle sue macchine, mi sono commossa e mi è venuto in mente il momento in cui, in mezzo al fumo tossico che stava assalendo la mia casa, sono salita di corsa a prendere mia madre, quasi novantenne. Erano le tre di notte, più o meno lo stesso orario in cui una mano o più mani vigliacche incendiavano le tue macchine, Arturo. Io ho sempre definito queste azioni, azioni mafiose, non conoscendone le vere origini. Nella situazione in cui ci troviamo in Calabria, questi distinguo possono valere per l’autorità giudiziaria, ma non possono valere per noi che diamo un giudizio politico».
Tutto qui lo “scontro” tra Oliverio e Lanzetta. Niente scintille, niente chiarimenti, niente strette di mano o sorrisi. Entrambi sono rimasti sulle proprie posizioni, entrambi non hanno accennato a fare un passo verso la distensione, ma si sono arroccati. E forse non poteva essere diversamente visti i precedenti. Di fatto, la sensazione palpabile è che dopo la vicenda della giunta regionale, Maria Carmela Lanzetta oggi sia – ancor di più di quanto già non lo fosse ieri – un soggetto quasi esterno al Pd calabrese.
OLIVERIO LE PROSSIME SFIDE Tornando al tema principale della giornata, Oliverio si è poi concentrato sulle risposte che la Regione ha in mente di dare per contrastare la criminalità: «Credo che il segretario Magorno abbia fatto bene a convocare questa direzione qui ad Amaroni, non solo per esprimere solidarietà ad Arturo Bova, uomo la cui storia parla chiaro in tema di contrasto alle irregolarità e alla illegalità. Oggi c’è da interrogarsi anche sulle motivazioni del gesto. Già nei primi tre mesi del nostro governo, abbiamo un numero considerevole di amministratori vittima di intimidazioni e non possiamo permetterci di sottovalutare nessuno di questi eventi, per i quali è necessaria una risposta corale da parte nostra ma anche una risposta concreta da parte dello Stato. È necessaria un’azione che metta un argine ai tentativi di condizionamento e pervasività nella vita amministrativa della regione. Ecco perché stiamo mettendo a punto, e mi auguro che possiamo svilupparlo anche assieme al dottore Cantone (presidente dell’autorità nazionale anticorruzione, ndr), che prevede tante misure tra cui la rotazione di chi ha responsabilità nella struttura regionale. Ci vuole tempo per far bene le cose e per non abbandonarsi solo agli annunci ma per arrivare ad atti concreti. So bene che la strada che dovremo percorrere è in salita, ma noi la faremo tutta senza farci fermare lungo il cammino, consapevoli che arrivare all’obiettivo della legalità è necessario per lo sviluppo della nostra regione».
MAGORNO SPINGE PER L’UNITA’ Prima di lui, era intervenuto anche Ernesto Magorno, particolarmente attento a voler dare un’immagine di complessiva unità del Pd regionale: «Siamo qui per dimostrare ai responsabili del vile gesto nei confronti di Arturo, che non lasciamo solo il nostro consigliere regionale, ma che dietro di lui c’è tutto un partito, ci sono tantissimi amministratori locali, ci sono i militanti. Il corpo del partito democratico è un corpo sano, composto da uomini e donne chehanno scelto di difendere la legalità. La strada della lotta alla criminalità è lunga ed impervia, di questo siamo consapevoli, siamo qui per dire che vogliamo andare avanti, uniti e compatti, verso questo obiettivo, perseguendolo in tutte le nostre azioni e attività amministrative».
Per scoprire se si tratta di unità vera o presunta, non mancheranno le occasioni.
Alessandro Tarantino
a.tarantino@corrierecal.it