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La vittoria di Sonni, la sconfitta di Lo Moro

LAMEZIA TERME A ogni trionfo corrisponde una sconfitta. Se la targa della vittoria alle primarie di Lamezia porta in calce le iniziali di Tommaso Sonni, anche la sconfitta ha un nome e un cognome. …

Pubblicato il: 13/04/2015 – 15:06
La vittoria di Sonni, la sconfitta di Lo Moro

LAMEZIA TERME A ogni trionfo corrisponde una sconfitta. Se la targa della vittoria alle primarie di Lamezia porta in calce le iniziali di Tommaso Sonni, anche la sconfitta ha un nome e un cognome. Non è quello del candidato ufficiale del Pd, Enzo Richichi, bensì quello del suo maggior sponsor politico, la (finora) potentissima senatrice Doris Lo Moro. Decisivo il suo ruolo nelle settimane e nei mesi che hanno preceduto il voto di ieri.
Non è mai stata malleabile, l’ex sindaco (per 10 anni) della città della Piana. Tra veti e secchi “no” (ad esempio alle candidature dell’ex assessore Pietro De Sensi e dell’imprenditrice Rosanna Panarello), alla fine era riuscita a imporre la sua volontà a tutti gli altri candidati alle primarie, che hanno fatto – loro malgrado – un passo indietro per facilitare il compito di Richichi e andare incontro ai desiderata di Doris. Ma le urne hanno riservato solo amarezze per la senatrice lametina, scesa in campo in prima persona (durante l’unica uscita ufficiale del candidato Pd, venerdì al Teatro Umberto, ha usato parole al miele per Richichi) pur di facilitare la vittoria del primo presidente della Multiservizi nonché ex assessore al Bilancio proprio nella sua giunta comunale.
Ed è proprio nel rapporto di Lo Moro con la successiva giunta Speranza che, forse, vanno rintracciati i prodromi della sconfitta. Con il Pd lametino, dove la senatrice ha sempre avuto un ruolo di primo piano, il sindaco vendoliano non ha mai avuto un rapporto idilliaco nel corso dei suoi 10 anni di governo. Ed è possibile che questa guerra civile, oltre a indebolire la stessa amministrazione comunale, abbia potuto spingere truppe cammellate “rosse” a scegliere l'”indipendente” Sonni, proprio a scapito del lomoriano Richichi.
Sarebbe però ingeneroso addebitare tutte le colpe alla parlamentare. In realtà, il Pd ha pagato nelle urne il prezzo di tante polemiche e divisioni, forse dovute anche all’assenza di un leader riconosciuto e in grado di riunire le varie anime del partito almeno nella cabina elettorale.
Il commissario Soriero, chiamato in fretta e furia dal segretario regionale Magorno per salvare il salvabile, ha cercato di mettere molte pezze. Ma il Pd era, e oggi più che mai è, una groviera piena di buchi, fatta di trincee politiche ormai non più assimilabili. E, quando regna l’anarchia, sono sempre i vecchi capi a subire lo scotto più pesante e a essere destituiti. Sconfitta Lo Moro, ma sconfitta è stata tutta la classe dirigente del partito.
Sono i dati a dire che il Pd si è sfarinato, con il suo brand non più in grado esercitare alcun appeal nell’elettorato (forse proprio a causa delle infinite faide interne). I dem contano su circa 600 iscritti in tutta la città, ma Richichi è riuscito a ottenere solo 1.300 preferenze. Cioè 700 in più con il “marchio” della cosiddetta “società civile”. Sonni, da solo, ha incassato 1.500 voti, senza aver bisogno di militanti con la tessera in tasca. Né di sponsor (ex) potenti con uno scranno a Palazzo Madama.

 

Pietro Bellantoni

p.bellantoni@corrierecal.it

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