“L’uovo di Humboldt” è un libro di Nicola Siciliani che sarà presentato giovedì 16 aprile nel Salone Borromini della Biblioteca Vallicelliana a Roma dallo storico dell’arte Claudio Crescentini, dal sociologo Franco Ferrarotti, dal filosofo Tullio Gregory, dal preside della Facoltà di Filosofia alla “Sapienza” Roberto Nicolai, dallo storico e direttore del Museo della Liberazione di Roma Antonio Parisella, dalla psicologa Maria Serena Veggetti (“Sapienza”) e dal giornalista e scrittore Pino Nazio.
«CRONACHE BREVI DI MIA VITA LUNGA»
Un libro e, insieme, tanto altro. Riflessioni su 45 anni d’insegnamento universitario di Nicola Siciliani de Cumis, ordinario di pedagogia alla “Sapienza” e calabrese “doc”, costretto, per legge, alla “messa a riposo”. «Cronache brevi di mia lunga vita», che innescano una polemica abrasiva contro il presente. Contro l’università, «divenuta un esamificio in cui è facile entrare ma difficile uscire», e che, per diventare «una cosa seria», deve riscoprire i disattesi articoli 34, 3 e 33 della Costituzione. Contro professori, che, anziché seguire gli studenti da mattina a sera, utilizzano l’università per i loro multiformi divertissement. Ma “L’uovo di Humboldt” è pure la sintesi di interrogativi autobiografici contenuti nella lettera agli studenti della penultima lezione del professor Siciliani: «Posso affermare di avere esercitato sempre e bene, con ciascuno delle migliaia di studenti con cui ho interagito, tutti i mie doveri? Le condizionanti carenze culturali, i tagli alla spesa, le regressioni anticostituzionali della politica, il torpore della società civile, il conformismo ed anticonformismo degli studenti, possono davvero fornire un alibi ai difetti di condotta dei singoli docenti nell’esercizio delle loro funzioni?».
“L’UOVO DI HUMBOLDT”: UN UCCELLO PRIMORDIALE A RISCHIO D’ESTINZIONE
Una polemica contro il presente, «per salvare l’università», consapevoli, però, che di programmazione, investimenti, verifica delle esperienze di altri Paese, non c’è traccia. “L’uovo di Humboldt” è un uccello primordiale a rischio d’estinzione, che, insomma, paventa il timore che l’università pubblica concepita dalla Carta costituzionale esaurisca la sua galoppata. Una colta metafora, che prende le mosse dalla qualità anfibia (ovipera) dei pinguini, per descrivere criticamente i tratti salienti del sistema universitario. Per me, anzitutto, “L’uovo di Humboldt”, è il conradiano “compagno segreto”: un pezzo di sé e di “altro”. Una verità scabrosa che Nicola Siciliani de Cumis ha finora gelosamente custodito. Un peso sullo stomaco. Di cui ora, narrando omissioni ed elucubrazioni del professor “X-Factor”, con un capitolo del libro gustosissimo, si può liberare. Pur non condividendo il lato cinico del carattere di questo singolare “compagno” (X-Factor) che ha contribuito alla demolizione dell’università, finora Siciliani de Cumis s’era limitato a disapprovare. Nella speranza che tutto s’aggiustasse. Con quest’ultima pubblicazione (edita da l’Albatros) che nel sottotitolo recita: «Lettera agli studenti della ‘penultima lezione’ su Labriola, MaKarenko, Gramsci, Ynus», dopo decenni d’impegno serrato dalla parte degli studenti, il professor Siciliani de Cumis muove il “suo” implacabile, pasoliniano («Che cos’è questo golpe? Io so») j’accuse all’università. Quasi pasoliniano. Perché Siciliani le prove, al contrario dello scrittore “corsaro”, asserisce di averle, quando denuncia «l’uccisione dell’università». Così indica, frigido pacatoque animo, armi utilizzate, modalità d’esecuzione, mandanti ed esecutori. L’Università, che Calamandrei considerava organo costituzionale alla stregua di magistratura e Parlamento, è preoccupata esclusivamente di sé, piuttosto che della qualità di ricerca e didattica. Impermeabile alle esigenze degli studenti e senza più lo scopo di formare classi dirigenti.
“X FACTOR”: IL PROFESSORE CHE SOGNA UN’UNIVERSITA’ SENZA STUDENTI
Come il capitano del lungo racconto di Conard rispetto al suo equipaggio, Siciliani de Cumis, s’intuisce che è estraneo agli sfracelli che depotenziano l’università pubblica, ma anche che la passione per l’insegnamento l’ha indotto a proseguire nella lunga navigazione, preservando, specie con gli studenti che ha avuto a tiro, i valori su cui l’università fonda la sua esistenza. Sto in cattedra in quanto insegno; e insegno come si conviene ad un docente retribuito dallo Stato. E do e prendo, ma col proposito d’ampliare il senso critico degli studenti. Mica occupo gran parte del mio tempo affaccendato in studi, ricerche e pubblicazioni per esclusivo uso soggettivo. Valori centrali, quelli indicati dalla Costituzione a proposito dell’insegnamento universitario, ma, come si legge ne “L’Uovo di Humboldt”, oggi mortificati dalla burocratizzazione imperversante e dall’inclinazione di tantissimi docenti a diventare commentatori assidui di giornali e talk show, divulgatori di sapere a pagamento, maitre a pensèr, ma non soltanto sul libro paga dello Stato. Nasce da quest’indignazione, infine tracimata, il profilo angoloso e incupito da un’ironia maligna del misterioso “X-Factor”, la cui weltanshauung non è agganciata alla tesi di Max Weber («La cattedra non è per i profeti e i demagoghi») e men che meno alla vulgata dell’intellettuale accecato da passioni ideologiche. Non c’è alcunché di nobile nel professore “X-Factor”. Anzi, il suo contegno viola il patto d’onore siglato con la Repubblica, fino a sconfinare nell’abuso d’ufficio. Il professore, di cui scrive Siciliani de Cumis, semplicemente, degli studenti se ne sbatte. Ciò che sommamente lo eccita è l’enfatizzazione del suo “io”, indisponibile al dialogo con gli studenti quanto ciarliero negli studi televisivi. Questo docente potrebbe riempire di sé le pagine di un romanzo sul decadentismo culturale dell’Italia. Un Paese che deve fronteggiare le dinamiche violente di un’economia globale che amplia le diseguaglianze, ma che, per escogitare strategie d’uscita dalla crisi, non può contare sulla sua intellighenzia stipendiata con pubblica moneta, perché quest’intellighenzia ha abdicato ai suo doveri. “X-Factor”, scrive Siciliani, «si faceva un vanto d’essere riuscito in tutta la sua carriera a non dare (da relatore) né ad avere (da correlatore) nemmeno una tesi di laurea, e ogni qualvolta si trovava in commissione di laurea interveniva su ognuna delle tesi in discussione all’unico scopo di sorprendere i laureandi con spiazzanti obiezioni terminologiche che finivano spesso col diventare fuorvianti domande ammazzastudenti». Interpellato, “X-Factor”, che non aveva studenti «forse perché li amava cosi tanto da non sentirsene all’altezza», censurava serafico «la perversione dei crediti», «la gran magagna degli esami e delle tesi di laurea», auspicando «un’università senza studenti», «la pubblicità dei nomi dei vincitori di cattedra assai prima della scelta della commissione», raccomandando, inoltre, «il diritto di privacy assoluta per i professori ordinari mediante secretazione delle loro ricerche e auspicando la denuncia alla magistratura dei colpevoli di lesa riservatezza». Finendo col sottolineare «il sacrosanto dovere d’informare della propria produttività scientifica nessun altro che il proprio senso di responsabilità».
«IO SO CHI HA UCCISO L’UNIVERSITÀ PERCHÉ SONO UN INSEGNANTE»
Un professore, insomma, legibus solutus. Arroccato nei privilegi del suo status che vorrebbe intoccabili e mai propenso a mettersi in discussione. Fa davvero specie, dinanzi al collasso dell’università pubblica in attesa di riforme che quando arrivano, anziché ridarle ossigeno, finiscono per strozzarla, osservare, stavolta attraverso una testimonianza di primo piano per autorevolezza guadagnata nelle aule, la dissacrazione dell’università cui “X-Factor” e gli innumerevoli suoi cloni si dedicano con scientifica arroganza. Fa specie osservare il contrasto che si coglie tra il declino di un pilastro del Paese e il “Discorso sulla Costit
uzione” del 1955 di Pietro Calamandrei. L’articolo 34 sarà tra i più importanti della Costituzione («… garantire ai capaci e meritevoli anche se privi di mezzi di raggiungere i livelli più alti degli studi»); suggestivi appaiono i richiami alla funzione fondamentale dell’università contenuti nella Carta grondante «sangue e dolore»; esaltanti le riflessioni «sull’unità della scuola, dalle elementari all’università», «sulla scuola organo centrale della democrazia». Ma come la mettiamo con la dispersione scolastica ed il disfacimento morale dell’università pubblica? La realtà ci dice, si legge nel libro di Siciliani de Cumis, che è in atto da tempo «il genocidio dell’intelligenza delle masse». Di tutto ciò, Siciliani ha le prove. E sbotta: «Io lo so perché sono un insegnante che vive sulla propria pelle le cause le conseguenze di tutte le sparizioni. Di tutte le morti per asfissia del senso critico». E mentre nessuno immobilizza X-Factor, affinché non provochi altre disgrazie, gela il sangue nelle vene la conclusione cui perviene Siciliani de Cumis nella sua penultima lezione: «Per quanti sforzi io faccia di vedere attuati gli articoli della Costituzione, riguardanti la scuola, l’università, la cultura alta di massa, non mi riesce di vederli applicati. Li vedo invece traditi, uccisi. Ogni giorno sempre di più».
*Giornalista
Nicola Siciliani De Cumis
L’uovo di Humboldt
L’Albatros (pp 183, euro 18)
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