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Omicidio Bellocco, de Raho: delitto contro natura

REGGIO CALABRIA Un delitto, efferato, inimmaginabile, contro natura. Al procuratore capo della Dda di Reggio, Federico Cafiero de Raho, quasi mancano le parole necessarie per descrivere quello che …

Pubblicato il: 15/04/2015 – 11:53
Omicidio Bellocco, de Raho: delitto contro natura

REGGIO CALABRIA Un delitto, efferato, inimmaginabile, contro natura. Al procuratore capo della Dda di Reggio, Federico Cafiero de Raho, quasi mancano le parole necessarie per descrivere quello che i suoi pm, con il supporto degli investigatori della squadra mobile e dei carabinieri, hanno scoperto sulla tragica fine di Franca Bellocco. «L’indagine – dice – ha permesso di accertare un fatto di una gravità inaudita che dimostra realmente come il tessuto ‘ndranghetista sia di una tale spietatezza e al di fuori di qualsiasi sentimento umano da arrivare a un’eliminazione contro natura come questa».

 

IL DESTINO GIÀ SCRITTO
Figlia, moglie e madre di ‘ndrangheta, Franca aveva commesso un delitto imperdonabile a certe latitudini: da tempo aveva una relazione extraconiugale con Domenico Cacciola, anche lui espressione del gotha ‘ndranghetista di Rosarno. Un doppio affronto per gli uomini della famiglia che nella notte fra il 17 e il 18 agosto del 2013 hanno deciso di fargliela pagare. La vendetta del clan arriverà per mano del figlio ventiduenne di Franca, Francesco Barone, arrestato oggi mentre era in partenza dall’aeroporto di Lamezia. Stando a quanto accertato dagli investigatori, il ragazzo avrebbe sorpreso la madre in compagnia dell’uomo nella notte fra il 17 e il 18 agosto del 2013. E avrebbe deciso la condanna a morte di chi gli ha dato la vita.

 

NESSUNA PIETÀ
A nulla sarebbero serviti i tentativi della donna di implorare pietà o di chiedere protezione al marito, bloccato al nord Italia da un provvedimento di sorveglianza speciale e contattato telefonicamente. La donna riesce solo a dirgli «ho sbagliato» prima che il figlio le strappi il telefono, interrompa qualsiasi comunicazione e condanni la madre, mentre il padre, a oltre mille chilometri di distanza si limita ad ascoltare e si accontenta del laconico «la mamma non sta bene», con cui chiude definitivamente la telefonata. Di sottofondo, chi mesi dopo analizzerà quelle conversazioni, sentirà il pianto disperato di Franca Bellocco, che fra i singhiozzi dice «non è vero, non è vero», consapevole che – forse – solo il marito potrebbe salvarla da un destino che sa segnato.

 

IL CORAGGIO DI UN TESTIMONE
Ad aiutare gli investigatori a ricostruire l’ultima nottata di orrore della donna, sarà invece un testimone, che dopo mesi di travaglio interiore deciderà di raccontare ciò che ha visto agli investigatori. Nonostante il terrore per le possibili conseguenze, l’uomo – oggi sottoposto a programma di protezione insieme alla famiglia – racconterà che tra le 7.15 e le 7.20 della mattina del 18 agosto, di fronte alla casa della donna si sarebbe presentato un commando di uomini armati, con il volto travisato dal passamontagna. Poco dopo, dall’interno della casa, sarebbe arrivato un grido disperato: «Pirdunatemi». Quindi il silenzio, rotto dal rumore dell’utilitaria di Francesco Barone che si accende, esce dal garage e si allontana a tutta velocità, scortata dall’auto dei tre uomini che poco prima si erano presentati armati alla porta. Uno di loro sarebbe stato identificato in Giuseppe Bellocco, per questo oggi formalmente indagato, ma il testimone che coraggiosamente ha aiutato gli investigatori a ricostruire quei momenti non riesce ad esserne totalmente sicuro. Assolutamente certo è invece di aver assistito a un vero e proprio sequestro di una donna disperata e che invano chiedeva perdono al proprio stesso figlio.

 

SFERLAZZA “ROTTO IL FAMILISMO AMORALE”
Da quel momento, non si avranno più notizie di Franca Bellocco. Vani saranno anche i tentativi di Cacciola, riuscito a sfuggire al ragazzo che li aveva sorpresi insieme, di rintracciarla. Esaminando i tabulati, gli investigatori hanno isolato diversi tentativi di chiamata andati a vuoto sull’utenza che la donna utilizzava per parlare con il suo amante. Dopo anche lui sparirà nel nulla. «Su Cacciola, allo stato, siamo a zero», ammette il procuratore Cafiero de Raho. Ma grazie anche alle testimonianze di due pentiti, che hanno ricostruito il contesto in cui potrebbe essere maturato l’omicidio, un’enorme mole di intercettazioni telefoniche e ambientali, e la «colata di cemento» – la definisce il colonnello Valerio – delle rivelazioni del testimone oculare, almeno sulla sorte di Franca Bellocco si è aperto uno squarcio di verità. «Questa indagine – sintetizza il procuratore aggiunto Ottavio Sferlazza è estremamente importante per due motivi. Il primo è che quest’Ufficio è riuscito a spezzare quella coltre di omertà ispirata al familismo amorale che domina questa terra. Il secondo è che per la prima volta ci troviamo di fronte a un testimone che ha sentito il dovere civico di denunciare quanto visto, perché non si sentiva in grado di tenere per sè questa cosa. Quest’uomo ha accettato si sconvolgere la propria vita, di abbandonare tutto insieme alla sua famiglia pur di rispondere ad una chiamata della giustizia, nel senso più alto del termine».

 

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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