CROTONE Non è servito a far retrocedere il ministro per i Beni e le attività culturali Dario Franceschini, ma ha palesato che le preoccupazioni di comitati e associazioni sulla discussa vicenda del sito di Capo Colonna, sono state, e sono tuttora, del tutto fondate. Il parere dei due funzionari inviati proprio dal titolare del dicastero di settore espresso nella relazione del 9 febbraio – che è seguita ai numerosi esposti da parte delle associazioni “Gettini di Vitalba” e “Settesoli” – è in aperto contrasto con quanto sostenuto dal ministro Franceschini. In ogni caso, è notizia di pochi giorni fa, è stato sancito un nuovo stop dei lavori – il terzo dopo quello “causato” dal presidio degli scorsi mesi e dopo quello poco convinto del sindaco Peppino Vallone – che potrebbe essere l’ultimo prima di un decisivo cambio di rotta. Nel documento inviato al segretariato generale del Mibact, presieduto dall’architetto Antonia Pasqua Recchia, il soprintendente archeologo della Puglia Luigi La Rocca e dal dirigente ispettore Antonio Tarasco sono categorici: gli interventi devono essere sostituiti con altri meno invasivi (il più ovvio, già sperimentato a Capo Colonna, è l’utilizzo di passerelle) a partire da qualche considerazione: nel sito crotonese, riportano, i reperti non sono meno importanti di altri resi fruibili con soluzioni del tutto differenti e, qualora si trattasse di “sagrato” e non di parcheggio”, il buon senso suggerirebbe di coprire tutta l’area, non solo quella che, come avevano sottolineato pentastellati, associazioni e cittadini, può tornare utile ai parcheggi dei privati che abitano nelle zone antistante il sito o ne sono dipendenti.
«BASTAVANO INTERVENTI ORDINARI E DI RESTAURO»
I due tecnici compiono anzitutto un’ampia premessa che ripercorre le tappe fondamentali del progetto e le vicende che hanno interessato nell’ultimo periodo il sito. Passano poi a ricordare le «testimonianze archeologiche di rilievo» recentemente emerse, che riguardano parti di “alzato” di un porticato con doppio colonnato databile tra l’età arcaica e l’epoca romana. In altre parole, a Capo Colonna (già Capo “Colonne”), si trovano ancora, cemento permettendo, plinti di fondazione e dunque basi e parti di colonne, oltre a una struttura muraria. Dati essenziali per ricostruire la pianta dell’edificio in questione (dunque del foro) per come si presentava, senza contare i dati, fino a questo momento nelle possibilità di studiosi e soprintendenza, ricavabili dai materiali e dalla loro datazione. «La scelta – scrivono i due tecnici – di ricoprire le testimonianze antiche presenti nell’area del ritrovamento antistante la chiesa della Beata Vergine, è stata motivata dal deterioramento dei reperti, dalla necessità di interventi di integrazione e dall’incompatibilità della musealizzazione con gli scopi religiosi del sito ma, rispetto a tali motivazioni, vanno comunque svolte delle motivazioni che potrebbero far militare per scelte alternative rispetto a quelle adottate dalla Soprintendenza archeologica della Calabria, al fine di contemperare le esigenze di conservazione delle importanti scoperte con l’interesse della pubblica fruizione». Scelte alternative, dunque. Una, possibile e scartata a priori dalla soprintendenza, è proprio quella della musealizzazione. «Invero – scrivono ancora i due funzionari – non contrastano con ipotesi di musealizzazione ed esposizione alla pubblica fruizione talune delle motivazioni addotte dai tecnici e sopra riportate». Anzitutto perché «le strutture rinvenute – proseguono – non sembrano evidenziare uno stato di conservazione differente o peggiore rispetto a quelle di reperti già rinvenuti in diversi settori del Parco archeologico, con la conseguenza che non pare ragionevole esporre alla pubblica fruizione le une sì e le altre no. Opportuni interventi di consolidamento e restauro uniti a interventi di manutenzione ordinaria che si ritiene siano previsti nell’ambito della gestione di un Parco archeologico di particolare rilevanza, sembrano sufficienti a garantire adeguati livelli di conservazione del complesso, analogalmente a quanto avviene ad altri monumenti presenti nell’area».
«SI PUO’ “COPRIRE” CON PASSERELLE E PEDANE MOBILI»
«Soluzioni alternative – proseguono i tecnici nell’ampia disamina – rispetto alla semplice copertura delle evidenze archeologiche rinvenute, ben possono individuarsi. Si ipotizza, con invito a verificarne la fattibilità con apposito progetto, la predisposizione di un percorso su passerelle, del tipo già utilizzate all’interno del parco, destinato ai visitatori dell’area archeologica e che, consenta il raggiungimento della chiesa. Altra alternativa – suggeriscono i due funzionari – potrebbe essere la progettazione di un sistema di copertura dell’area archeologica su pedane mobili, il cui sistema di ancoraggio al suolo andrà valutato, da posizionare in occasione della festa della Madonna».
«DIROTTARE LE RISORSE VERSO SOLUZIONI DIVERSE»
«In ogni caso – chiudono i funzionari – si suggerisce di concentrare le risorse professionali ed economiche proprio nella direzione di soluzioni diverse rispetto rispetto a quella fino ad ora seguita dalla Soprintendenza archeologica – il riferimento è alla copertura dell’area antistante la chiesa, ndR –in modo da soddisfare i diversi profili dell’interesse pubblico». L’invito alla Soprintendenza per i Beni archeologici della Calabria di rivedere le proprie posizioni in merito alla copertura dell’area e sull’utilizzo dei cospicui fondi a disposizione è, dunque, lanciato.
Zaira Bartucca
z.bartucca@corrierecal.it
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