CORIGLIANO CALABRO «Se non avrò giustizia chiuderò la mia vita e porrò fine alla mia esistenza. Non serve vivere se a tua figlia viene negato il diritto alla vita». É il drammatico appello di un padre di una bambina di 5 anni resa disabile da una serie di patologie che i genitori addebitano a errori dei sanitari dell’ospedale di Corigliano Calabro, nel Cosentino, durante il parto. Dal giorno della nascita, la piccola è stata sottoposta a vari interventi chirurgici in diversi ospedali: Bambino Gesù di Roma, Carlo Besta di Milano, Bosisio Parini di Lecco, Sant’Orsola di Bologna e Gaslini di Genova.
Adesso l’uomo rivolge il suo appello al Capo dello Stato, al presidente del Consiglio e al Papa, che ha anche tenuto tra le braccia la piccola Giulia. «Sono pronto a dire basta alla vita – dice – perché mia figlia, anche se viva anagraficamente, è stata uccisa e non si vuole trovare il colpevole. Oggi sono un padre che ha perso tutto. Cinque anni fa i medici del Guido Compagna di Corigliano Calabro hanno negato a mia figlia il diritto a essere come tutte le sue coetane».
L’uomo si riferisce all’incidente probatorio disposto dal gip di Castrovillari, che si è svolto oggi, nell’ambito dell’ inchiesta avviata dopo la denuncia dello stesso padre alla Procura che ha indagato sei medici e tre infermieri. Incidente probatorio che ha avuto esito negativo per l’uomo. «Si ignora l’evidenza – dice – si mettono da parte le relazioni di sei ospedali italiani, si ignorano otto testimonianze e si superano ben sei perizie di parte. So che ho venti giorni di tempo per fare ricorso, ma non ho più un euro, ho speso tutto per cercare di avere giustizia ma non ci riesco».
Nel corso dell’inchiesta – ripercorre il padre – il giudice ha rigettato per due volte la richiesta di archiviazione presentata dai legali degli indagati, e ha nominato nuovi consulenti e disponendo un incidente probatorio. «Nessuno – dice l’uomo tra le lacrime – in questi anni mi ha ascoltato. La stampa e le tv nazionali hanno sempre rifiutato di trattare il caso di mia figlia». “Mi rivolgo al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, al presidente del Consiglio dei ministri Matteo Renzi e a sua Santità Papa Francesco che tra l’altro ha stretto la bambina nelle sue braccia». É l’ultimo, assicura l’uomo, appello che lancia : «aiutatemi a fare giustizia, mia figlia ha il diritto di vivere e di avere giustizia». Per aiutare la famiglia negli innumerevoli viaggi nei vari ospedali è stato creato anche un gruppo Facebook.
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