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Processo Lanzino, chiesta l'assoluzione di Sansone

COSENZA Rischia di rimanere ancora una volta senza colpevoli il secondo processo che, a distanza di quasi 30 anni, sta cercando di fare luce sulla tragica morte di Roberta Lanzino, la studentessa d…

Pubblicato il: 16/04/2015 – 11:29
Processo Lanzino, chiesta l'assoluzione di Sansone

COSENZA Rischia di rimanere ancora una volta senza colpevoli il secondo processo che, a distanza di quasi 30 anni, sta cercando di fare luce sulla tragica morte di Roberta Lanzino, la studentessa di Rende, violentata e uccisa il 26 luglio del 1988. I pm della Procura di Paola, che rappresentano la pubblica accusa, oggi nell’aula della Corte di Assise di Cosenza, hanno chiesto l’assoluzione di Franco Sansone per l’omicidio di Roberta e invece per lo stesso imputato hanno chiesto l’ergastolo per l’uccisione di Luigi Carbone, il pastore di Cerisano vittima di lupara bianca. Per il barbaro delitto di Roberta sono imputati Franco Sansone e Luigi Carbone, scomparso il 27 novembre del 1988. Per la morte di Carbone sono imputati, invece, Alfredo Sansone e il figlio Remo, rispettivamente padre e fratello di Franco. Secondo l’accusa avrebbero ucciso Carbone perché conosceva troppi fatti di cui voleva, forse, rivelare qualcosa. 

Oggi il pubblico ministero della Procura di Paola, Sonia Nuzzo, ha chiesto l’ergastolo per Franco Sansone e per il padre Alfredo per l’omicidio Carbone e ha chiesto invece l’assoluzione per Remo Sansone. Il pm Nuzzo ha ricostruito i rapporti tra Sansone e Carbone e ha sottolineato che i due Sansone avrebbero ucciso Carbone perché voleva rivelare quello che sapeva relativamente al delitto del maresciallo della penitenziaria Francesco Sansone. Mentre la pubblica accusa ha chiesto l’assoluzione di Franco Sansone per l’omicidio di Roberta Lanzino. Nel corso della sua requisitoria il pm Nuzzo ha sottolineato come sia stata determinante la prova del Dna dopo il ritrovamento di un campione di terriccio con sangue e sperma. Infatti dopo le verifiche del Ris di Messina è stato accertato che quel Dna non appartiene né a Sansone e né a Carbone. In questo caso gli accertamenti sono stati eseguiti sui familiari di Carbone. 

Intanto, infatti, è stata aperta un’inchiesta alla Procura di Paola proprio per cercare di capire a chi possa appartenere il Dna isolato dal Ris di Messina dopo oltre 20 anni dal delitto. Sulle indagini vige uno stretto riserbo e il procuratore capo Bruno Giordano non smette di ribadire che comunque non si lascerà nulla di intentato.

Tornando alla requisitoria di questa mattina, il pubblico ministero Nuzzo ha ripercorso il rapporto tra i due attraverso anche la testimonianza resa dalla moglie di Carbone. Nella sua premessa ha sottolineato che le quindici vacche – come riferito dalla moglie di Carbone – erano state date per i favori che normalmente Carbone faceva alla famiglia Sansone, come l’omicidio del maresciallo Sansone. Il pubblico ministero ha ricostruito l’ultimo giorno di Carbone attraverso il racconto della moglie e poi il comportamento di Sansone dopo la scomparsa di Carbone, definito “sconcertante”. Come la disperata ricerca di alcune armi, che vennero poi trovate. Una parte della requisitoria si è poi concentrata sulla vicenda di Rosaria Genovese, ex fidanzata di Sansone trovata strangolata a San Lucido. Spesso è stato fatto riferimento alla sentenza della Corte d’Assise relativa alla condanna di Franco Sansone per la morte del maresciallo Sansone. Per l’accusa, proprio in dibattimento è venuto fuori più volte che a un certo punto Luigi Carbone è per Sansone “uno che non tiene più”.

 

ARRINGHE PARTI CIVILI 

Dopo la requisitoria dei pubblici ministeri – come da calendario fissato dalla presidente della Corte Maria Antonia Gallo – hanno preso il via le arringhe dei difensori delle parti civili. L’avvocato Francesco Cribari, legale di alcuni familiari di Roberta, ha chiesto la condanna degli imputati per l’omicidio della studentessa. Ha sottolineato l’efferatezza del delitto, specificando che bisogna andare oltre la prova scientifica. Nel corso della sua arringa ha evidenziato, inoltre, gli errori e le superficialità che hanno caratterizzato le indagini e tutto ciò che si è sviluppato in seguito all’atroce delitto. E’ toccato, poi, all’avvocato Sergio Calabrese, che difende la famiglia Carbone, altra parte civile, ricostruire alla Corte i rapporti tra Carbone e Franco Sansone. L’avvocato Calabrese ha ripreso anche alcuni passaggi citati dai pubblici ministeri. Così, al termine della sua discussione, ha chiesto la condanna di Franco Sansone e di Alfredo Sansone per la morte di Luigi Carbone. Ha, invece, chiesto l’assoluzione per Remo Sansone perché – a suo dire – sarebbe estraneo all’assassinio del pastore di Cerisano. 

Il processo è stato aggiornato al prossimo 22 aprile quando toccherà ai legali Brescia (per la famiglia Carbone), Ornella Nucci /per la famiglia Lanzino) e Marina Pasqua (per il centro antiviolenze “Roberta Lanzino”. Si torna, in aula, il 23 mattina quando dopo le arringhe dell’avvocato Armando Veneto (difensore di Alfredo e Remo sansone) e del collega Vincenzo Belvedere (difensore di Franco Sansone), la Corte entrerà in camera di consiglio al termine della quale dovrebbe essere emessa la sentenza. 

Come sempre, in aula, i genitori di Roberta. La signora Matilde, madre della giovane, non ha mai perso un’udienza del complesso e difficile processo sulla morte della figlia. Ma questa mattina, seduti nell’area destinata al pubblico, c’erano anche tanti ragazzi in rappresentanti del coordinamento di Libera di Cosenza. Ma anche diversi cittadini. Perché la morte di Roberta, a distanza di tanto tempo, merita sempre più giustizia e attenzione.                                                                                                                   

 

 

 Mirella Molinaro

m.molinaro@corrierecal.it

 

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