REGGIO CALABRIA È bastato che l’inverno cedesse il passo ad una timida primavera, perché il rosario delle partenze dalla Libia ricominciasse a sgranarsi – inarrestabile – sul Mediterraneo ancora inquieto. Piattaforma naturale di accesso alla “fortezza” Europa, la Calabria insieme alla Sicilia è stata fra le prime regioni ad essere investita dall’esodo che interessa tanto le popolazioni del tormentato Medio Oriente, come il sempre inquieto centro Africa. Ma non è pronta. Non ci sono strutture decenti, non ci sono mezzi, non ci sono uomini. Nonostante la volontà e l’impegno, di chi per umana solidarietà o per dovere si mette in gioco in prima persona, il sistema dell’accoglienza fa acqua da tutte le parti. L’arrivo di oltre mille persone nel giro di tre giorni e l’elevata presenza tanto di minori non accompagnati, come di migranti affetti da scabbia o pediculosi ha fatto saltare il piano di riparto stabilito dalla prefettura e messo in crisi la provvisoria rete dell’accoglienza, già terremotata dai mancati pagamenti dei gettoni di presenza dei volontari, come dai pregiudizi.
Nessuna seria campagna di informazione ha spiegato che scabbia e pediculosi sono patologie cutanee dovute solo alle precarie condizioni igieniche, facilmente curabili con un trattamento topico e non facilmente trasmissibili, così molte delle strutture che avevano inizialmente dato la propria disponibilità, l’hanno ritirata. Per ore, oltre trecento migranti sono rimasti al porto, per poi essere alloggiati in una struttura di fortuna. Si tratta della tensostruttura – di fatto un tendone – della Nuova solidarietà, associazione culturale che gestisce la struttura del Parco Verde, a Salice, piccola frazione a nord di Reggio Calabria. Temporaneamente, si è detto nella tarda serata di martedì, trecentoventi migranti saranno alloggiati lì. Ma quasi quarantotto ore dopo, poco o nulla è cambiato. Solo le sette donne e qualche minore, inizialmente portati nella struttura, sono stati trasferiti. E per chi rimane le condizioni sono a dir poco difficili. Per oltre trecento persone ci sono solo quattro bagni senza doccia a disposizione, si dorme a terra, nei sacchi a pelo forniti dalla Protezione civile, ma non c’è stato tempo né modo di portare a Salice le brande. Di giorno, i migranti bivaccano nel giardino di fronte al tendone, in attesa di essere trasferiti a blocchi al campo sportivo di Ravagnese dove sono state predisposti i trattamenti sanitari, quindi riaccompagnati a Salice. Fino a quando, non è dato sapere.
Gli operatori ripetono come un mantra «è una soluzione temporanea, c’è già il piano di riparto dei migranti in altre regioni». Ma passano le ore, diventano giorni e la situazione non cambia. Non migliori, o almeno non troppo, sono le condizioni in cui sono costretti a stare i migranti ospitati nella palestra di Pellaro, struttura che mostra i segni dell’età ed è del tutto priva del certificato di agibilità. Lì sono tutti minori non accompagnati, sottoposti per legge alla tutela della Procura e assistiti anche dagli operatori di ong internazionali come Save the children, quindi le operazioni di smistamento in altri centri italiani in grado di fornire loro assistenza sono più veloci. Dei centodieci che dopo gli sbarchi di domenica e martedì erano stati alloggiati lì, una sessantina sono già partiti per la Campania. Ma l’emergenza rimane. E dalle coste della Libia, le partenze continuano.
a. c.
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