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Uccise la madre, Barone non risponde al gip

REGGIO CALABRIA Si è trincerato dietro un assoluto silenzio il ventiduenne Francesco Barone, per i pm responsabile dell’omicidio e dell’occultamento del cadavere della madre, Franca Bellocco, sorpr…

Pubblicato il: 16/04/2015 – 17:13
Uccise la madre, Barone non risponde al gip

REGGIO CALABRIA Si è trincerato dietro un assoluto silenzio il ventiduenne Francesco Barone, per i pm responsabile dell’omicidio e dell’occultamento del cadavere della madre, Franca Bellocco, sorpresa nella notta fra il 17 e il 18 agosto in compagnia dell’amante, Domenico Cacciola, e per questo punita con la morte. Su richiesta del pm, il giovane rimarrà in isolamento, senza alcun tipo di possibilità di contatto con altri detenuti, come con il padre, Salvatore Barone. Sebbene allo stato non sia indagato, proprio con lui, Francesco Barone sembra aver concordato una versione di comodo da fornire agli investigatori per giustificare la scomparsa della donna e forse depistare le possibili indagini.

Tentativi di depistaggio?
Assieme al padre infatti, quattro giorni dopo la tragica notte fra il 17 e il 18 agosto, quando per i pm Franca sarebbe stata uccisa, Barone si presenta ai carabinieri di Padenghe sul Garda, dove tutta la famiglia risedeva, per denunciare la scomparsa della donna, a dire di entrambi volatilizzatasi quattro giorni prima. Secondo quanto messo a verbale dai due, la sera del 17 agosto, la donna avrebbe detto di sentirsi poco bene, informando della cosa anche il marito con cui aveva avuto una breve conversazione, prima di andare a dormire. Al mattino, il figlio Francesco non l’avrebbe più trovata, nonostante delle sue cose non mancasse nulla. Una storia che fin dal principio ha convinto ben poco gli investigatori, nonostante il marito di Franca avesse fatto diverse allusioni alle minacce di suicidio proferite in passato dalla donna. Nonostante nessuno lo abbia mai detto in maniera esplicita, l’idea che Barone padre e figlio sembrano suggerire ai carabinieri è che la donna si sia allontanata spontaneamente, per poi decidere di togliersi la vita in un luogo sconosciuto. Ma troppi, troppi elementi – già in quella fase – stridono con le giustificazioni fornite.

Quella denuncia tardiva
A partire dalla denuncia stessa, presentata con quattro giorni di ritardo e a mille chilometri di distanza. Una precauzione necessaria – dirà il giovanissimo Francesco Barone – per evitare che il padre, saputo della scomparsa della moglie, si precipitasse a Rosarno, violando gli obblighi della sorveglianza speciale che lo tenevano inchiodato a Padenghe sul Garda. Ma non solo. La storia raccontata dai Barone, per gli investigatori non collima con quella fornita da tabulati e intercettazioni. “Nel corso della nottata del 17 agosto 2013 – annota la Mobile – Salvatore Barone aveva un brevissimo contatto telefonico con la moglie alle ore 2:29, della durata di 6 secondi. Successivamente, tentava ripetutamente di ricontattarla ma senza esito perché il telefono risultava spento; appare anzi doveroso evidenziare che la mancata dicitura “U3 Non Raggiungibile/Altro” induce a ritenere che il telefono di Francesca Bellocco sia stato addirittura privato della batteria, al fine di renderlo totalmente irrintracciabile. Alle ore 2:33 e, successivamente, alle ore 2:49 si registravano dei contatti di pochi secondi, ragionevolmente riconducibili alle telefonate in cui il figlio spiegava al padre che la madre non poteva rispondere”.

I tabulati non mentono, i denuncianti sì
Due chiamate brevi che nessuno dei due ha saputo spiegare in modo convincente, come poco plausibili sono stati i silenzi di Francesco Barone sul perché non abbia risposto al telefono della madre, nonostante le innumerevoli chiamate ricevute, su come abbia fatto a non sentire la donna andare via, nonostante non stesse dormendo – il suo telefono registra attività fino alle sei del mattino – o sul perché non abbia cercato la madre a Rosarno, preferendo precipitarsi a Padenghe sul Garda. Ancora, gli investigatori hanno trovato estremamente curioso che il ragazzo non si sia mai messo in contatto con i Cacciola, famiglia e clan dell’amante della madre, quando la contestuale scomparsa dei due è diventata di pubblico dominio. Incongruenze che hanno subito insospettito gli investigatori e che nel corso del tempo si sono sommati agli strani tentativi di chiamata arrivati scoperti sulle utenze segrete dei due amanti. Analizzando i tabulati di quei telefoni clandestini, gli uomini della squadra mobile scopriranno che dopo la tragica notte tra il 17 e il 18 agosto, Domenico Cacciola ha più volte tentato di contattare Franca Bellocco. Dopo, anche lui è scomparso nel nulla.

Le rivelazioni del testimone oculare
Tasselli di un mosaico di sospetti che con il passare del tempo sempre più si sono concentrati su Francesco Barone, i vari indizi si sono ricomposti in un quadro definitivo e inappuntabile grazie alla testimonianza di un testimone oculare, un vicino di casa che nel gennaio 2014 – quasi sei mesi dopo la scomparsa della donna – si presenta dai carabinieri di Rosarno per riferire quello che ha visto e – appuntano i militari – “togliersi un peso dalla coscienza”. L’uomo, che oggi vive in località protetta, quella mattina al capitano Cirinnella che gli sta di fronte spiega subito “in paese si vocifera che Francesca non se n’è andata spontaneamente ma in realtà l’avrebbero prelevata e portata via”. Un’ipotesi che lui stesso può confermare perché la mattina del 18 agosto, sbirciando dalle finestre di casa, ha assistito a tutta la scena. “Quando ho sentito rumore di una macchina – mette a verbale l’uomo – pensavo che fossero i miei muratori…invece vado…a sbirciare…diciamo…dagli spioncini della cucina che ce l’ho di fronte a loro…e ho visto una Uno…la famosa Uno…  grigia…che scende una persona… la per la…pensavo che fosse uno di colore…perché aveva un passamontagna…ecco perché le dico che non è scomparsa volutamente…a lei non l’ho vista…però ho sentito qualche cosa…tipo perdonatemi”.

Cronaca di un delitto
Ai militari, il testimone racconterà di aver visto altri due uomini, uno dei quali armato, scendere dall’auto ed entrare in casa, da cui poco dopo avrebbe distintamente sentito urlare Franca Bellocco. Poco dopo avrebbe visto il figlio della donna uscire in strada, portare la macchina all’interno del garage, abbassare la serranda, quindi uscire nuovamente. Ancora terrorizzato l’uomo chiarisce “non lo so cosa sia successo…senz’altro l’avranno…o sono li…o ammazzata in casa…messa nella macchina…perché questa…questa qua è l’unica soluzione (…) non lo so…io non ho sentito…non sparare…non urlare…e non niente…o l’hanno strangolata…o non lo so che cosa…oppure ci avev…ma il silenziatore penso non ce l’avevano… perché uno che esce con la pistola in mano…se deve fare qualche cosa del genere…lo monta già il silenziatore… non penso che perde tempo a montarlo dentro…comunque indipendentemente dal fatto… rumori… non ne ho sentiti…non di sparo e non di urla…poi se l’hanno strangolata non lo so…nemmeno cinque minuti… rialzano la serranda… questa Panda esce fuori”. Un racconto dettagliato, anche se a distanza di mesi, ancora spezzato dalla paura delle possibili conseguenze. Un racconto che oggi mette seriamente nei guai Francesco Barone.

 

Alessia Candito

a.candito@corrierecal.it

 

 

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