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Babilonia al Comune di Catanzaro

Sarebbe fin troppo facile avviare una predica sull’episodio tra i più “ghiotti” degli ultimi tempi, quello per intenderci battezzato dalle cronache come “Multopoli”. Riteniamo tuttavia di procedere…

Pubblicato il: 17/04/2015 – 10:52

Sarebbe fin troppo facile avviare una predica sull’episodio tra i più “ghiotti” degli ultimi tempi, quello per intenderci battezzato dalle cronache come “Multopoli”. Riteniamo tuttavia di procedere con tutte le garanzie del caso nell’osservare quanto è accaduto dentro e fuori dal Comune di Catanzaro pur apparendo non esagerato parlare di babilonia amministrativa dentro Palazzo Santa Chiara.

La magistratura ci indica una presunta associazione per delinquere allo scopo di imporre il potere mediante la facoltà di annullare o meno multe al codice della strada di “amici” e di “amici degli amici”. Un’organizzazione, costituita secondo l’accusa tra ex assessori e i vertici del comando dei vigili urbani, alla quale si sarebbero rivolti tutti coloro che ne avessero bisogno, dal sindaco ai consiglieri comunali, da un ex consigliere regionale (presente in questi ultimi tempi in episodi di competenza della Procura della Repubblica) fino ad appartenenti alle forze dell’ordine che avrebbero avuto necessità di non pagare le multe. Un grande pentolone, non si sa se pieno di marmellata, nel quale avrebbero messo le mani una quarantina di insospettabili. Lo dirà il giudice, speriamo presto, se siamo in presenza di un clamoroso abbaglio in cui sarebbero incorsi gli inquirenti o se, viceversa, bisogna prendere atto che la città di Catanzaro sia stata preda di un gruppo di sprovveduti che ritenevano di poter disporre a loro piacimento delle leggi e dei regolamenti per cancellare una miserevole ammenda per un divieto di sosta. Se così fosse sarebbe davvero grave per chiunque e lo diventerebbe ancora di più per un politico o per un generale. E, infatti, tra le pieghe del provvedimento si ipotizza che a far muovere il meccanismo per la cancellazione delle multe si sarebbe ostentata l’autorità di cui si disponeva per esserne ripagati nei momenti opportuni. E quali sarebbero stati i tempi migliori se non quelli in prossimità di una campagna elettorale? E, infatti, gli inquirenti pretendono che gli inquisiti si discolpino anche dall’accusa di presunte indicazioni “politiche” fornite per rendere possibili gli annullamenti delle multe; e sbandierano come prova del misfatto una relazione di servizio che sarebbe stata redatta al comando dei vigili urbani per cancellare undici multe elevate nei pressi dello stadio di calcio in occasione della partita Catanzaro-Ascoli.
Se queste accuse dovessero resistere anche alla pressione del collegio di difesa, ci sarebbe veramente da chiedersi in che mani è finita la città di Catanzaro; da chi sono stati amministrati i catanzaresi; da quale interessi sono stati mossi ufficiali e agenti della polizia locale. Sono domande che non possono essere eluse, sulle quali si aspettano risposte chiare; ma allo stesso tempo si pretende una seria vigilanza per non incorrere in possibili nullità degli atti preliminari del processo che possono condurre, per esempio, alla prescrizione. Lo pretendono gli accusati che vogliono dimostrare la loro innocenza, lo reclama l’opinione pubblica. Si richiedono risposte certe per fatti sui quali la magistratura ha indagato e che rappresentano la base su cui è stato costruito l’impianto accusatorio. Sapere come e perché sia stato possibile cancellare, come si asserisce, multe per infrazioni al codice della strada deve essere considerato come un atto dovuto alla collettività.
Se per decidere sulle richieste d’arresto fatte dal pm, il Giudice per le indagini preliminari ha impiegato circa due anni, diventa inquietante pensare che, attraverso cavilli procedurali, si possano allungare a dismisura i tempi del processo fino, appunto, a rischiare l’estinzione del reato per prescrizione dei termini. Un’evenienza che non farebbe bene a nessuno: non sarebbe auspicabile dagli imputati che avrebbero l’interesse di avere chiarita il più in fretta possibile la loro posizione processuale, non sarebbe condivisa dall’opinione pubblica che, oltre a sentirsi turlupinata nei diritti, trarrebbe motivo per alimentare sfiducia nelle istituzioni.

*giornalista

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