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"Dinasty 2", in Appello una condanna e diciassette assoluzioni

VIBO VALENTIA Una condanna, 7 prescrizioni e 17 assoluzioni. Questa la sentenza della Corte d’Appello di Salerno nel processo “Dinasty 2”, il cui troncone principale ha già portato alla condanna in…

Pubblicato il: 17/04/2015 – 19:19
"Dinasty 2", in Appello una condanna e diciassette assoluzioni

VIBO VALENTIA Una condanna, 7 prescrizioni e 17 assoluzioni. Questa la sentenza della Corte d’Appello di Salerno nel processo “Dinasty 2”, il cui troncone principale ha già portato alla condanna in Cassazione (2 anni e 4 mesi) dell’ex giudice del Tribunale di Vibo, Patrizia Pasquin. Unica condanna a 7 anni per il boss di Limbadi, Antonio Mancuso, prescrizioni e assoluzioni invece per il tecnico del Comune di Parghelia (Vv) Achille Sganga, e per: l’architetto Giancarlo Sganga, Fortunato Polito, Salvatore Valenzise, Antonio Ventura, Pierina Penna, e Maria Ventura. Assoluzione con formula piena per: l’imprenditore vibonese Antonio Castagna (3 anni e 2 mesi in primo grado), l’ex sindaco di Parghelia, Vincenzo Calzona (8 mesi in primo grado) e l’ingegnere cosentino Ernesto Funaro. Per Funaro (difeso dagli avvocati Gisberto Spadafora e Franco Sammarco), il procuratore generale aveva chiesto l’assoluzione per prescrizione. Ma la difesa ha rifiutato la prescrizione e quindi la richiesta di condanna del pg era stata di conferma di quella di primo grado (1 anno). Ma oggi la Corte di appello di Salerno lo ha assolto.

Assolti con formula ampia, in quanto la stessa Procura generale di Salerno ha rinunciato all’appello fatto dai pm di primo grado (Dda di Salerno), anche per 6 avvocati vibonesi: Antonio Galati, Santo Gurzillo, Filippo Accorinti, Michele Accorinti, Gaetano Scalamogna e Giovanni Vecchio. Rinuncia all’appello e assoluzione pure per il boss Pantaleone Mancuso, Giuseppe Esposito, Orazio Cicerone, il commercialista vibonese Ilo Bianchi, e gli imprenditori Vincenzo Colistra, Francesco Miceli, Teresa Callà, Umberto Franco. L’operazione era stata condotta nel 2006 dall’allora capo della squadra mobile di Vibo, Rodolfo Ruperti, e dalla Dda di Salerno.

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