CASTROVILLARI La Calabria è ricca di eccellenze che provengono dal suolo. Come il fagiolo poverello bianco, un ecotipo locale di Phaseolus vulgaris L., che si coltiva nel territorio del Parco nazionale del Pollino, principalmente nelle aree irrigue del comune di Mormanno e in forma più limitata nei comuni di Laino Castello e Laino Borgo in provincia di Cosenza e nel territorio di Rotonda, in provincia di Potenza. Anche se il materiale coltivato sui due versanti (calabrese e lucano) del Parco nazionale del Pollino, appare uguale per forma e colore della granella, i risultati di alcune recenti indagini condotte dal Cnr hanno evidenziato una sensibile diversità genetica. È probabile che la differenziazione sia avvenuta per effetto di una diversa selezione del materiale originario. Pertanto questo ecotipo di fagiolo rappresenta un caso da studiare in cui a una stessa denominazione corrisponde una diversa base genetica. Il fagiolo poverello bianco, oltre mezzo secolo fa, si coltivava su una superficie di alcune decine di ettari. Nel recente passato, nel comprensorio di origine, la superficie interessata a questa coltura si era ridotta drasticamente ma, grazie ad alcuni progetti realizzati dal Centro di divulgazione agricola n. 2 dell’Arsac di Castrovillari in collaborazione con l’Istituto di genetica vegetale (Igv) del Cnr di Bari, finalizzati al rilancio di questa coltura, si è registrato un maggior interesse da parte dei produttori che puntano a un aumento della superficie coltivata.
«Tra le caratteristiche peculiari osservate – afferma Luigi Gallo del Centro di divulgazione agricola dell’Arsac – vi è da dire che su questo ecotipo di fagiolo non sono stati riscontrati gli attacchi parassitari che, negli stessi ambienti, si verificano su altri tipi di fagioli. Inoltre, le radici del fagiolo, come tutte le leguminose, sviluppano dei tubercoli radicali come conseguenza del rapporto simbiotico con dei batteri del genere Rhizobium, che fissano l’azoto atmosferico, gassoso, trasformandolo in forme (nitrico e ammoniacale) facilmente assimilabili dalle piante, fornendo alla coltura seguente, una discreta dotazione di azoto nel terreno. Per questo motivo, nella rotazione colturale, la coltivazione del fagiolo e/o di altre leguminose, è considerata miglioratrice delle condizioni del terreno. La semina di questo ecotipo di fagiolo si effettua entro la prima metà del mese di giugno, secondo la tradizione, la data della semina dovrebbe coincidere con il 13 giugno, il giorno di Sant’Antonio da Padova. La tecnica di coltivazione attualmente in uso, come nella tradizione, esclude l’uso di prodotti chimici di sintesi ma solo letamazioni. La raccolta dei baccelli secchi avviene manualmente nel mese di ottobre o all’inizio di novembre perché la maturazione dipende dall’andamento climatico oltre che dall’epoca di semina e dall’altitudine». Dopo la raccolta i baccelli si lasciano essiccare ulteriormente al sole e successivamente si procede alla battitura per separare la granelle dal resto dei baccelli. Le rese in granella secca variano da un minimo di 10-12 a un massimo di 18-20 q/ha(ettaro), in funzione della fertilità del terreno, dell’epoca di semina e dell’andamento climatico. Il prezzo medio è pari a circa sette euro al chilo. Considerando una resa media di granella secca pari a circa 15 q/ha, si calcola un valore medio della produzione lorda vendibile per ettaro di oltre diecimila euro.
«Inoltre – spiega Gallo – se consideriamo l’utilizzazione di questo fagiolo assieme ad altri nostri prodotti di eccellenza nella ristorazione locale, si può prevedere un altro valore aggiunto e altre opportunità di lavoro per i giovani. Per quanto riguarda la qualità vi è da dire che questo fagiolo si caratterizza per il seme grosso (peso dei 100 semi > 40g) di forma ovale con tegumento bianco privo di screziature. I campioni analizzati hanno mostrato un contenuto in umidità più alto rispetto ai valori consueti che di solito oscillano tra il 9 e l’11%. Per quanto attiene gli aspetti nutrizionali va segnalato l’elevato contenuto proteico che risulta mediamente pari a 26%, come pure gli alti valori di proteine solforate, di cui le leguminose sono notoriamente carenti. Un’ulteriore caratteristica di pregio del fagiolo poverello bianco è la bassa percentuale di tegumento, un parametro interessante sia perché legato al tempo di cottura che alla gradevolezza del prodotto cotto. Interessanti sono anche la rapidità e l’uniformità di imbibizione (assorbimento, ndr) dei semi come attestato da valori dell’indice di idratazione pari o superiore al 50% dopo appena 3 ore. Infine, il peso dei semi risulta quasi raddoppiato dopo 24 ore di imbibizione. Interessante è anche il ridotto tempo di cottura registrato come pure la mancanza di semi rotti al termine della cottura. Le conoscenze acquisite inducono a pensare che anche questo ecotipo di fagiolo potrebbe aspirare, oltre che alle Denominazioni Comunali (De.Co.), all’attribuzione di un marchio di tutela europeo (Igp, Dop, ecc.). Inoltre, il fagiolo poverello bianco potrebbe essere candidato a presidio Slow food in quanto è stato già inserito nell’Arca del gusto. Tutto ciò favorirebbe la maggiore conoscenza di questo prodotto che porta con sé sia la salubrità dell’ambiente che l’immagine del territorio di produzione che è il Parco nazionale del Pollino. Alla luce di tali caratteristiche descritte, anche questo eccellente prodotto del nostro territorio, molto gradito dai consumatori, rappresenta una reale occasione di integrazione dei redditi per le giovani generazioni».
Mirella Molinaro
m.molinaro@corrierecal.it
x
x