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Calabria etica, arrivano le lettere di "licenziamento"

CATANZARO Licenziati, anzi no: “annullati”. È la sorte, confermata ufficialmente, dei lavoratori messi sotto contratto da Calabria etica a pochi giorni dalle elezioni regionali dello scorso 23 nove…

Pubblicato il: 20/04/2015 – 13:18
Calabria etica, arrivano le lettere di "licenziamento"

CATANZARO Licenziati, anzi no: “annullati”. È la sorte, confermata ufficialmente, dei lavoratori messi sotto contratto da Calabria etica a pochi giorni dalle elezioni regionali dello scorso 23 novembre. Questa mattina i 254 collaboratori inseriti in 4 progetti diversi della Fondazione hanno ricevuto la comunicazione formale della «nullità» del loro contratto, firmata dal commissario dell’ente in house, Carmelo Barbaro.

 

I MOTIVI
I progetti ritenuti “irregolari” sono quelli relativi alla “Responsabilità sociale delle imprese in Calabria, al “Potenziamento servizio di accompagnamento aree interne”, al “Sostegno delle politiche integrate a favore della famiglia” e al “Piano di comunicazione istituzionale”. Barbaro non fa altro che seguire pedissequamente le indicazioni arrivate dalla Regione. Dal dipartimento Lavoro, per la precisione, che – in relazione ai progetti siglati dall’ex presidente di Ce, Pasqualino Ruberto – ribadisce di non aver «attivato né decreto dirigenziale di approvazione e conferimento incarico», né «sottoscritto alcuna convenzione, né tantomeno assunto alcun impegno di spesa». Ecco perché «in assenza di atti amministrativi formali che comportino obbligazioni giuridiche per i progetti in questione per la Regione Calabria nei confronti di Fondazione Calabria etica, nessuna spesa può essere riconosciuta per i progetti considerati, non sussistendo alcun rapporto contrattuale o convenzionale».
Di conseguenza, «gli eventuali contratti assunti dalla Fondazione per gli stessi progetti sono per la Regione nulli, in quanto carenti di presupposto economico e convenzionale e gli eventuali costi connessi non possono essere in alcun modo riconosciuti a carico della Regione». Il dipartimento guidato da Antonio De Marco, inoltre, «nel ribadire il totale disconoscimento di eventuali atti e spese sostenute dalla Fondazione per i progetti considerati, in assenza di formali atti di approvazione e di finanziamento, si ritiene che il commissario straordinario della Fondazione (Barbaro, appunto, ndr) possa assumere i necessari atti in autotutela conseguenti, investendo della circostanza la Commissione di vigilanza e controllo sulla Fondazione». Una nota, quella del dipartimento, vagliata anche dal Collegio dei revisori, che ha ribadito al commissario la «doverosità» di mettere in atto «le azioni di autotutela per la rescissione dei contratti stipulati con in collaboratori… stante la nullità della procedura di affidamento».

 

NIENTE STIPENDI
I 254 co.co.pro. hanno effettivamente lavorato da novembre fino a marzo, ma finora hanno percepito un solo stipendio. Quanto alle altre mensilità, invece, Calabria etica non sembra avere alcuna intenzione di corrisponderle. Il contratto stipulato tra la Fondazione e i collaboratori, infatti, prevede che la Fondazione paghi i compensi «solo a seguito dell’erogazione, a saldo ed effettivo accredito, dei suddetti fondi da parte della Regione; per l’effetto, la maturazione del diritto al compenso deve intendersi espressamente condizionata al verificarsi dell’evento in questione, trattandosi di rischio gravante sul collaboratore autonomo». Traduzione dal burocratese: i collaboratori dimentichino i soldi che, in teoria, sarebbero spettati loro per i mesi di lavoro al servizio di una società pubblica.

 

 

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LE CONVENZIONI
La Regione pare in una botta di ferro: era – come lascia intendere dal dipartimento – del tutto all’oscuro di quanto avveniva in Calabria etica alla vigilia del voto. Ma è davvero così? Sembra di no. A dimostrarlo ci sono i protocolli operativi relativi ai quattro progetti “disconosciuti” della Fondazione. Convenzioni sottoscritte sia da Ruberto, sia dal predecessore di De Marco al dipartimento 10, Vincenzo Caserta. Adesso, però, tutti cercano di lavarsene le mani. E a pagare lo scotto delle “assunzioni allegre” sono solo i lavoratori.

 

Pietro Bellantoni

p.bellantoni@corrierecal.it

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