Ultimo aggiornamento alle 22:10
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 3 minuti
Cambia colore:
 

Il borsone di ricordi di "Buone vacanze"

REGGIO CALABRIA Tutto parte da un borsone in “Buone vacanze, trilogia con Muro, Borsa e Bambino” con la regia di Marcela Speri, andato in scena domenica sera al teatro Primo di Villa San Giovanni. …

Pubblicato il: 20/04/2015 – 8:59
Il borsone di ricordi di "Buone vacanze"

REGGIO CALABRIA Tutto parte da un borsone in “Buone vacanze, trilogia con Muro, Borsa e Bambino” con la regia di Marcela Speri, andato in scena domenica sera al teatro Primo di Villa San Giovanni. Un borsone, portato a spalla dall’attore Maurizio Zacchigna che, magistralmente, interpreta queste tre storie nate separate dalla penna dell’autore Carlo Tolazzi, ma riadattate per necessita sceniche dalla regista. Questi tre racconti sono uniti da raccordi narrativi fondamentali a rendere lo spettacolo fluente, senza intaccare il pathos dello spettatore. ll borsone, il primo a entrare e l’ultimo a uscire, porta con sé racconti di vita, morte e violenza. Appartiene a Carlo che – ormai adulto – racconta e ricorda da uno sgabello la propria vita a partire della propria infanzia. Figlio di un padre che lo abbandona molto prima di conoscerlo («Come può una donna come mia madre aver sposato un uomo come mio padre?» ricorda in scena), cresce con una madre segnata da un’infanzia difficile. «Era mia madre la bambina che la maestra punì girandole il banco e mettendola per due mesi con la faccia contro il muro», castigo per aver risposto a una domanda rivolta a un altro alunno.
Quella parete divenne il riflesso del proprio mondo. Divenne cielo e mare, e la donna iniziò a grattare l’intonaco con le unghie e accumularne i pezzi in un cassetto. Crescendo quel muro prese i connotati della follia della madre: si recava al cimitero per parlare con i morti, perché farlo con gli amici la annoiava, e il figlio non comprese mai se fosse il cancro o la vecchiaia a renderla così. Aveva un unico desiderio: ridurla in cenere, farne due strisce e sniffarla, così da possederla per sempre. La vita di Carlo si allaccia a un fatto di cronaca realmente accaduto a Udine nel 1985: Giacomo Valent, di 16 anni, fu ucciso da due compagni di scuola per il colore della propria pelle. Qui «Giacomo», risuona nella sala del teatro dalla cima di un cumulo di sedie/cascina. È un nome urlato, troppo usato, cancellato dal tempo, ma non dalla memoria. È un compagno di scuola come Andrea che «legge roba di destra» e organizza un piano per punirlo di avere un incarato troppo scuro anche solo per potergli stringere la mano. Stavolta nel borsone ci sono solo mattoni.
Servono a inscenare la “bravata” nata per spaventare il 16enne «diverso», ma che costaranno a Giacomo 63 coltellate, ad Andrea trent’anni di carcere e a Carlo il desiderio di diventare padre. Cresce il protagonista e diventa infermiere nei reparti di un istituto pediatrico. Incontra qui il mutismo di Alfio, bambino siciliano, la cui amicizia è proiettata nella parete dalle ombre cinesi. Il muro è una costante dei tre tempi scenici: è ricordo scolastico di punizioni materne; è muro di sangue nella rievocazione di Giacomo; ha connotati paterni nei laconici giochi d’ombre. Le scene sono costruite con dodici sedie più una centrale, che si prestano all’immaginario dello spettatore per riprodurre la vita del protagonista. Diventano spettatori silenti solo alla fine, quando rivolte verso il pubblico, assistono all’uscita del borsone che, ormai svuotato dai ricordi, va via. 

 

Miriam Guinea

Argomenti
Categorie collegate

Corriere della Calabria - Notizie calabresi
Corriere delle Calabria è una testata giornalistica di News&Com S.r.l ©2012-. Tutti i diritti riservati.
P.IVA. 03199620794, Via del Mare, 65/3 S.Eufemia, Lamezia Terme (CZ)
Iscrizione tribunale di Lamezia Terme 5/2011 - Direttore responsabile Paola Militano
Effettua una ricerca sul Corriere delle Calabria
Design: cfweb

x

x