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Quel modo discutibile di affrontare le cose…

Può sembrare strano che donne e uomini intelligenti e di successo come la presidente della Camera, Laura Boldrini, si siano lasciati prendere, probabilmente sotto un effetto emotivo, su una questio…

Pubblicato il: 20/04/2015 – 10:39

Può sembrare strano che donne e uomini intelligenti e di successo come la presidente della Camera, Laura Boldrini, si siano lasciati prendere, probabilmente sotto un effetto emotivo, su una questione assolutamente marginale e di nessuna attualità come quella legata al monumento fascista del Foro Italico, a Roma, che reca la scritta “Mussolini Dux”.
Fa effetto apprendere che in un momento così particolare per il Paese si sia parlato di un aspetto che definire marginale è già troppo per la vita della collettività insidiata da una condizione economica gravissima che potrebbe avere persino riflessi sulla tenuta stessa del sistema democratico.
Se avessimo la possibilità chiederemmo ai protagonisti di questa anacronistica vicenda cosa li abbia spinti ad affrontare un problema che non esiste, che non interessa più neanche marginalmente la coscienza degli italiani. Perché non sollecita più il loro senso critico, la loro cultura e che, per il valore che danno alla storia del Paese, come tutti i popoli civili, accettano pur non condividendo le finalità politiche di quell’arco temporale.
Ma davvero quel “Mussolini Dux” può ancora costituire nell’immaginario collettivo un’offesa o, peggio, una minaccia per la democrazia? Davvero può essere considerato da qualcuno un emblema di propaganda politica? Davvero può avere il potere di frastornare la sensibilità dei cittadini, anche di quelli più giovani o degli adolescenti nati in anni lontani dal fascismo? Davvero è pensabile che quella frase possa attenuare i valori dell’antifascismo?
Settanta anni dalla fine del “ventennio” non sono pochi. Parlare, nei termini in cui è stato fatto, di quei reperti, di quegli emblemi equivale a tentare di attualizzare il passato, cosa possibile solo per conservare la memoria delle intolleranze, come ha scritto qualcuno, alla “banalità del male”.
Non ci sembra che quell’obelisco o qualsiasi altro simbolo residuale di quel regime sia stato mai scelto per manifestazioni organizzate per celebrare i “luoghi dell’oblio”.
Ciò che rimane di quegli emblemi è semmai considerato come esempio di un percorso di lettura problematica del passato e offre spunti di studio e di riflessione volti ad attivare la coscienza critica degli italiani. Pensare ad una motivazione diversa, anche per una semplice infelice battuta fatta in occasione dei settanta anni della Liberazione di «ripulire le strade di Roma dai monumenti fascisti», o a quella della presidente Boldrini secondo cui «quantomeno sarebbe ora di togliere la scritta», ci preoccupa. Stavo per dire ci fa ridere, ma non lo dico per un senso di rispetto verso le istituzioni.
Se ogni “era politica” avesse pensato di “cancellare” il passato abbattendo le opere superstiti, saremmo stati oggi, probabilmente, una nazione senza identità, senza cultura, ottusa e ignorante. Per fortuna non è stato e non è così che gli interessi dell’Italia marciano in una direzione diametralmente opposta e gli italiani, quelli illuminati, per difendere la storia del proprio paese, hanno istituito il Ministero dei beni e delle attività culturali.
Sarebbe sufficiente considerare ogni cosa in un’ottica futura!

 

*Giornalista

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