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La rete calabrese dei trafficanti di migranti

Yirga Abhra ha vissuto per diverso tempo nel centro di accoglienza di Isola Capo Rizzuto e, anche per questo, in Calabria si muoveva con disinvoltura. Ventitreenne nato in Eritrea ma domiciliato a …

Pubblicato il: 21/04/2015 – 13:17
La rete calabrese dei trafficanti di migranti

Yirga Abhra ha vissuto per diverso tempo nel centro di accoglienza di Isola Capo Rizzuto e, anche per questo, in Calabria si muoveva con disinvoltura. Ventitreenne nato in Eritrea ma domiciliato a Bari, è uno dei 24 presunti trafficanti di migranti destinatari del fermo emesso nei giorni scorsi dalla Procura di Palermo nell’ambito dell’operazione Glauco 2. Nonostante la giovane età, proprio Abhra è uno degli uomini di fiducia di Asghedom Ghermay (foto, in basso), considerato uno dei capi dell’organizzazione transnazionale definita dagli inquirenti come una vera e propria «agenzia di viaggi» in cui i trafficanti si vantavano di arrivare a guadagnare anche 80mila euro a testa per un barcone con 200 persone stipate a bordo in condizioni disumane.

ghermay

Secondo la Procura guidata da Francesco Lo Voi si tratterebbe di faccendieri spregiudicati, che lucravano organizzando le tratte provenienti dalla Libia utilizzando come basi operative le province di Catania (dove c’è il Cara di Mineo) e Agrigento, e che avevano ramificazioni anche in Lazio, Lombardia e, appunto, Calabria. Nel decreto di fermo vergato dai sostituti palermitani Ferrara e Camilleri e dall’aggiunto Scalia, infatti, emerge più di un riferimento ai traffici che venivano messi in atto tra il Pollino e lo Stretto servendosi di una rete di fiancheggiatori che, di fatto, si occupavano di far uscire illegalmente le persone dai centri di accoglienza e di portarle in altri luoghi facendosi pagare profumatamente.
Il boss incontrastato dell’organizzazione, Ermias Ghermay – già latitante e ritenuto il responsabile della tragica traversata che il 3 ottobre 2013 costò la vita a 366 persone – secondo gli inquirenti aveva interessi anche nella nostra regione «tramite la sua fitta rete di sodali». Tra questi proprio Abhra, che si occupa di smistare i migranti dopo gli sbarchi: «Più in generale – si legge nelle carte dell’inchiesta – si sposta, in autonomia o su disposizione del Ghermay, non solo in tutta la Sicilia, ma anche in Roma e Calabria (dove per lungo tempo ha dimorato, nel Centro di Accoglienza presso Isola Capo Rizzuto (KR)». Ad Abrha, per esempio, Asghedom comunica (settembre 2014) che c’è un ragazzo ricoverato in ospedale a Crotone e che «i soldi per il suo viaggio sono già stati trasferiti da Israele». Quindi gli affida il compito di farlo partire illegalmente dalla città pitagorica verso altri centri. E negli stessi giorni Asghedom contatta di nuovo Abrha per avvisarlo che a Crotone erano arrivate molte persone da cui, evidentemente, si poteva trarre un guadagno.
In sostanza, molti degli indagati prelevavano i migranti dai luoghi di arrivo, soprattutto nel Sud Italia, lucrando quindi non solo sulla tratta “libica” ma anche su quella “italiana”. Un altro dei fermati che si occupava del trasporto di esseri umani era l’eritreo Andebrahan Tareke, detto “Andat” (foto, in basso): «Da lui personalmente – annotano i magistrati di Palermo – i migranti sono stati prelevati o accompagnati in varie province della Sicilia (Palermo, Ragusa, Catania….), in Calabria e nel Lazio». Nelle telefonate intercettate con Ghermay emerge inoltre come l’uomo si preoccupasse di organizzare il passaggio di mano in mano dei “clienti” fino ai Paesi del Nord Europa.

andat
Ma non sono solo Abrha e “Andat” ad avere familiarità con la nostra regione. Ci sono molti altri sodali del network di trafficanti che si recavano spesso in Calabria. Il 22 ottobre 2014, per esempio, «Ghermay chiama Tedros, suo collaboratore, il quale si sta recando in Calabria per prelevare alcuni migranti. (…) Asghedom chiede a Tedros se lui ci è riusciuto (a trovare persone). Tedros risponde di essere lì insieme a Huruy e Dawit. Asghedom chiede se si trovino in Calabria. Tedros risponde di si, le persone si trovano a due ore di strada dalla Calabria (possono riferirsi alla città di Reggio Calabria)». A ulteriore conferma, lo stesso giorno viene captata una telefonata «tra Ghermay e Hussein (un altro indagato, ndr) in cui il primo lo avvisava che altri due soggetti, probabili loro complici di nome Sahla e Tedros, stavano recandosi in Calabria, quasi sicuramente per andare a “reperire” migranti».
E ancora, il 29 giugno 2014 «è stata captata una telefonata tra i due indagati Ghermay e Melles (un altro dei fermati, ndr) durante la quale il primo riferiva che stava “accompagnando” qualcuno ed aggiungeva che sussisteva la possibilità di organizzare il viaggio di due persone presenti in Calabria, le quali erano disposte a pagare la somma di 700 euro». Appresa la notizia, Melles diceva a Ghermay di andare a prendere queste due persone e l’altro, di rimando, «gli rispondeva – si legge nelle carte dell’inchiesta – di avere già inviato un soggetto di nome Memar, al quale aveva promesso di pagare la “prestazione lavorativa” 200 euro. Nell’occorso, i due interlocutori concordavano di non divulgare ad altri la somma pagata (per il viaggio delle due persone presenti in Calabria), non ritenendola, evidentemente, economicamente congrua».

Sergio Pelaia

s.pelaia@corrierecal.it

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