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Processo Oliva, Brancati: eccesso di mortalità nella zona

COSENZA L’entità del danno ambientale è consistente. Non ha dubbi il professore Giacomino Brancati, responsabile del settore prevenzione dell’assessorato regionale alla Sanità, sentito nel processo…

Pubblicato il: 21/04/2015 – 13:58
Processo Oliva, Brancati: eccesso di mortalità nella zona

COSENZA L’entità del danno ambientale è consistente. Non ha dubbi il professore Giacomino Brancati, responsabile del settore prevenzione dell’assessorato regionale alla Sanità, sentito nel processo sull’avvelenamento del fiume Oliva che si sta svolgendo in Corte d’assise a Cosenza. Il professore Brancati è stato sentito come testimone della Procura per la quale ha eseguito una consulenza effettuando specifiche analisi epidemiologiche. Nel procedimento sono imputati l’imprenditore di Amantea, Cesare Coccimiglio, e quattro proprietari dei terreni, all’interno della valle dell’Oliva, dove – secondo l’accusa – sarebbero stati interrati materiali contaminati. Si tratta di: Vincenzo Launi, Giuseppina Marinaro, Antonio Sicoli e Arcangelo Guzzo.

Brancati, rispondendo alle domande dei pm Sonia Nuzzo e Maria Camodeca, ha illustrato alcuni risultati delle sue analisi messe nero su bianco sulle relazioni elaborate e consegnate alla Procura. In sintesi per il consulente della pubblica accusa, c’è una correlazione tra le sostanze nocive trovate e l’eccesso significativo di mortalità, evidenziato dagli accertamenti epidemiologici. «Nello specifico – ha detto Brancati – c’è un eccesso di mortalità e non in tutte le fasce di età nel periodo di riferimento. C’è qualcosa di strano che è un eccesso significativo di mortalità. La quantità dei metalli pesanti è idonea a far sorgere la correlazione e tali sostanze sono compatibili con quel picco di mortalità proprio per le patologie di cui ho rilevato l’eccesso statistico di decessi. Io in quelle zone mi occuperei anche dello stile di vita delle persone residenti. Infatti, all’epoca delle analisi effettuate ho ravvisato un pericolo attuale. Anche perché si parla di otto casi di tumore accertati nella valle dell’Oliva, di cui uno avrebbe portato al decesso del paziente, e di altri 27 nel territorio circostante. Chi è residente in quell’area è potenzialmente più esposto a queste patologie tumorali».
Ma, rispondendo alla domanda dell’avvocato Nicola Carratelli che difende Coccimiglio e Sicoli, Brancati ha specificato che quella correlazione non è né diretta né esclusiva.
L’accusa ritiene che attraverso l’interramento di materiali tossico-nocivi e radioattivi nelle profondità della vallata i cinque imputati, a vario titolo, avrebbero compromesso l’ambiente e la salute degli abitanti. Da qui la contestazione dei reati di disastro ambientale, avvelenamento delle acque e discarica abusiva di rifiuti di varia natura, contaminati da metalli pesanti. E, secondo l’accusa, ci sarebbe un nesso anche con la diffusione di tumori nella zona e la morte di Giancarlo Fuoco, un pescatore amatoriale e le lesioni dell’amico con cui abitualmente pescava nel fiume Oliva. Gli inquirenti hanno deciso di avviare tutti gli approfondimenti del caso per dimostrare la vastità del problema e individuare il numero di persone potenzialmente esposte al presunto inquinamento della vallata. Di questo hanno parlato gli altri testimoni sentiti oggi dal presidente della Corte, Garofalo. Mario Mileto, tecnico dell’Arpacal, ha riferito di un campionamento effettuato in quella zona nel 2010 ma poi non ha fatto lui le analisi. Così come ribadito anche, da Giovanni Notti, responsabile Geolab.
Sul banco dei testimoni anche Francesco Grandinetti, un appuntato dei carabinieri, che all’epoca della vicenda andava a pesca in quella zona assieme al padre e a Fuoco. E, rispondendo alle domande dei pm, ha riferito un particolare: nel 2005 il padre ha pescato un pesce con una testa grande e un corpo piccolo. Ma non ha mai visto in quella zona animali morti. Rispondendo alla domanda dell’avvocato Carratelli, ha precisato che dagli anni 90 fino al 2002 non ha mai notato scavi in quella zona.
È toccato poi ai tecnici comunali di Serra d’Aiello e Aiello, Emilio Aveni ed Enrico Cuglietta. I due hanno riferito sulla destinazione urbanistica di quelle zone. In particolare Cuglietta ha precisato che quella zona negli anni 90 è stata usata come discarica abusiva dal Comune di Amantea e che in quell’area sono stati fatti lavori stradali da parte di varie ditte. Inoltre, ha riferito che quando si è rotta la briglia del fiume Oliva, nel massetto non c’erano rifiuti. I lavori della briglia sono stati fatti dalla ditta Coccimiglio che, secondo l’accusa, l’avrebbe poi usata per interrare i rifiuti. Cesare Coccimiglio, che era finito ai domiciliari, è stato poi scarcerato dal Tdl perché mancavano gravi indizi di colpevolezza. Ordinanza, poi confermata in Cassazione.
Il processo è stato aggiornato al prossimo 21 maggio. Fissate altre due udienze: 22 giugno e 18 settembre.

 

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