MILANO L’ex capitano dell’Atalanta Cristiano Doni è stato interrogato nel pomeriggio dal procuratore di Cremona, Roberto di Martino, nell’ambito dell’inchiesta sul calcioscommesse. Era stato l’ex tecnico della Dea, Stefano Colantuono, indagato nell’ambito dell’inchiesta per frode sportiva a chiedere che Doni, il quale fu anche arrestato nelle fasi iniziali delle indagini, fosse nuovamente interrogato in relazione a quella chat che mise nei guai l’allenatore in cui l’ex calciatore faceva riferimento a all’«allenatore», a «mr», inteso come mister, e «ds» (direttore sportivo) alla vigilia dell’incontro Crotone-Atalanta, del 2012 finito 2 a 2. Doni avrebbe detto di non ricordarsi, a distanza di anni, di quella chat ma che l’incontro non era stato combinato.
Assistito dell’avvocato Salvatore Pino, durante il colloquio con il magistrato avrebbe detto: «Credevo che dopo quattro anni fosse chiaro che il gruppo di Erodiani (uno degli scommettitori bolognesi, ndr) era composto da ciarlatani che cercavano notizie sulle partite, ma non avevano la possibilità di truccarle». L’ex capitano dell’Atalanta, nel corso dei suoi interrogatori dopo l’arresto aveva ammesso di sapere delle combine di Atalanta-Piacenza del 2011 ma di aver «aderito» solo «per la passione che mi legava alla mia squadra e la speranza di poterla portare all’obiettivo di quella stagione», ovvero la Serie A. ‘«Io per l’Atalanta ho sempre giocato – aveva spiegato Doni al gip Guido Salvini e al procuratore di Martino – e non ho guadagnato nulla dai fatti che ho raccontato». «Io non ho avuto alcuna parte in guadagno o vicende simili attinenti a scommesse su questo risultato», aveva insistito. Si allontana, infine, l’ipotesi di un interrogatorio dell’allenatore della nazionale Antonio Conte che aveva ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini con l’accusa di frode sportiva in relazione a fatti di quanto era tecnico del Siena. C’erano stati dei contatti tra i suoi legali, Francesco Arata e Leonardo Cammarata e la Procura in vista di un interrogatorio ma, forse per evitare il clamore che avrebbe inevitabilmente causato l’incontro, Conte ha preferito la via di un memoriale per respingere totalmente le accuse.
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