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Processo Lanzino, slitta la sentenza

COSENZA Doveva essere oggi il giorno della sentenza. Ovvero della conclusione del secondo processo che cerca di fare luce sulla morte di Roberta Lanzino, la studentessa di Rende violentata e uccisa…

Pubblicato il: 23/04/2015 – 13:09
Processo Lanzino, slitta la sentenza

COSENZA Doveva essere oggi il giorno della sentenza. Ovvero della conclusione del secondo processo che cerca di fare luce sulla morte di Roberta Lanzino, la studentessa di Rende violentata e uccisa il 26 luglio del 1988 sulla strada di Falconara Albanese mentre stava raggiungendo in motorino la casa al mare. Ma, dopo un’udienza durata circa cinque ore, il presidente della Corte d’assise, Maria Antonia Gallo, ha deciso di rinviare al prossimo 6 maggio per proseguire con le arringhe e poi eventualmente con il verdetto. Per l’omicidio di Roberta sono imputati Franco Sansone e Luigi Carbone, vittima di lupara bianca. Per la morte di Carbone sono accusati Franco Sansone, il padre Alfredo e il fratello Remo. I pm della Procura di Paola, Sonia Nuzzo e Maria Camodeca, hanno chiesto l’assoluzione di Franco Sansone per il delitto Lanzino e, invece, l’ergastolo per lui e suo padre per l’omicidio Carbone, chiedendo l’assoluzione per Remo.
L’udienza di questa mattina, nell’aula della Corte di assise del Tribunale di Cosenza, è stata dedicata interamente – come previsto – alla discussione dell’avvocato Enzo Belvedere, legale di Franco e Remo Sansone. 
Nel corso della sua discussione, l’avvocato Belvedere ha definito «inattendibile» il collaboratore di giustizia Franco Pino. È stato lui a chiamare in causa i Sansone, i pastori di Cerisano, e a far riaprire – con le sue dichiarazioni – il processo nel 2001. Il legale ha smontato punto dopo punto l’impianto accusatorio, partendo da quelle che lui ritiene le false testimonianze di Pino e di altri testimoni che avrebbero – a suo dire – riferito circostanze inesatte e non vere. In particolare, con veemenza e toni abbastanza decisi, il difensore ha ricostruito i rapporti tra i Sansone e i Carbone, smentendo ogni dichiarazione resa sia in fase di indagini preliminari che dibattimentale. Secondo l’accusa, infatti, Carbone sarebbe stato ucciso perché voleva confessare l’omicidio di Roberta Lanzino e anche tutto ciò che sapeva in riferimento al coinvolgimento dei Sansone in altri delitti. Ma per l’avvocato Belvedere si tratta di «picchi di ingiuria». Anzi, in alcun modo – ha dimostrato il legale rileggendo anche alcune affermazioni rese dal padre di Carbone – i Sansone lo avrebbero minacciato per non riferire quello che sapeva. 

La prima parte della sua arringa si è concentrata sulle rivelazioni di Franco Pino che per l’avvocato Belvedere è «soltanto un bugiardo», «anzi un grande bugiardo».

«Tutto ciò che ha raccontato – ha detto il legale – non è assolutamente vero, trattandosi inoltre di fatti di cui lui non era direttamente a conoscenza. Andrei a prenderlo a schiaffi». Infatti, per il legale di Sansone l’innocenza dell’imputato non si basa soltanto sulla prova scientifica ma sull’inattendibilità di tutte le testimonianze finite nel processo e che hanno chiamato in causa il pastore di Cerisano. 

Nel corso del dibattimento sono stati i Ris di Messina a far venire fuori – a quasi trent’anni dal delitto Lanzino – una prova scientifica inconfutabile: hanno isolato il dna degli assassini prelevandolo da un campione di terriccio sul quale è stato trovato sangue misto a sperma. Quel dna è risultato, però, non appartenere né a Franco Sansone né a Luigi Carbone, avendo fatto la comparazione con i genitori e i figli di Carbone. 

Il processo è stato aggiornato al prossimo 6 maggio quando è prevista l’arringa dell’avvocato Armando Veneto, che difende Alfredo Sansone, e poi eventuali repliche. Al termine delle discussioni, la Corte dovrebbe entrare in camera di consiglio. Ma – ha precisato la presidente Gallo – in base a come proseguiranno i lavori dell’udienza, si deciderà se emettere la sentenza il 6 maggio stesso o decidere il giorno successivo. 

In aula anche i rappresentanti del coordinamento di Libera Cosenza, tra i quali il parroco di Donnici don Tommaso Scicchitano. Non c’erano, questa volta, i genitori di Roberta – che non sono mai mancati a un’udienza –, che hanno deciso di attendere la decisione della Corte a casa. 

 

mi. mo. 

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