LAMEZIA TERME «Non riconoscere il pascolamento con animali di terzi, pratica peraltro molto diffusa sul territorio calabrese, comporterebbe di fatto la perdita ingiustificata di ingenti fondi comunitari per molti produttori calabresi». A dirlo sono, in una nota congiunta, il presidente regionale di Confagricoltura Alberto Statti, il presidente Cia Calabria Nicodemo Podella e il presidente di Copagri Luigi Iemma. «Se si considera – affermano gli interessati – che si tratta in genere di pascoli in aree particolarmente svantaggiate con superfici a bassa resa, dove la presenza degli animali, oltre a garantire migliori condizioni socio-economiche ai produttori di quei comprensori, contribuisce favorevolmente alla conservazione del suolo e al mantenimento del paesaggio, appare chiaro che al danno si aggiungerebbe la beffa».
«È necessario quindi – affermano i tre presidenti – non consentire ai “lupi a due gambe” di fare razzie dei nostri pascoli, finora unica garanzia per favorire la permanenza attiva della popolazione nelle aree rurali più marginali, già soggette a drammatico svuotamento».
«Al governo regionale chiediamo, pertanto – è la richiesta avanzata dagli interessati – di recepire con propria delibera il decreto ministeriale numero 1420 del 26 febbraio 2015, che ha definito le modalità di pascolamento delle superfici montane, attribuendo contestualmente alle Regioni la possibilità di prevedere usi e consuetudini locali che possano consentire il pascolo di capi non direttamente riferibili all’allevatore che ha depositato la domanda unica Pac», concludono.
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