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Quei misteri nelle profondità dell'Abatemarco

VERBICARO C’è un mistero da chiarire attorno alle sponde dell’Abatemarco. Un mistero che parte da lontano e porta indietro le lancette sul finire degli anni Novanta. Qui un’associazione ambientalis…

Pubblicato il: 27/04/2015 – 11:34
Quei misteri nelle profondità dell'Abatemarco

VERBICARO C’è un mistero da chiarire attorno alle sponde dell’Abatemarco. Un mistero che parte da lontano e porta indietro le lancette sul finire degli anni Novanta. Qui un’associazione ambientalista denunciò il transito di alcuni mezzi e poi l’interramento di fusti nella zona. Una segnalazione che potrebbe tornare ora di grande attualità visto che proprio in quell’area nei giorni scorsi i tecnici del progetto “Monitoraggio e individuazione delle aree potenzialmente inquinate” (Miapi) inviati nella zona dal ministero dell’Ambiente avrebbero individuato anomalie magnetiche provenienti dal sottosuolo.
Nel corso di una specifica missione a terra effettuata dei tecnici del progetto – accompagnati dagli uomini del nucleo Ambiente dalla Procura di Paola – le apparecchiature in dotazione al personale avrebbero segnalato ben due anomalie magnetiche di cui una con un’alterazione consistente. Indicatori della possibile presenza nelle profondità dell’Abatemarco di materiale interrato. L’ipotesi più attendibile – se dovesse essere confermata anche dai dati ufficiali del ministero – è che si tratterebbe di una discarica abusiva di rifiuti di cui al momento non si conosce la natura. Ma incrociando quella vecchia segnalazione fatta dagli ambientalisti negli anni Novanta e il riscontro venuto ora dalle analisi magnetotermiche effettuate sul campo dai tecnici del Miapi tinge di cupo denso l’intera vicenda. Proprio da queste nuove rilevazioni, gli inquirenti paolani – che stanno collaborando attivamente fin dalle prime fasi del progetto – si aspettano di avere risposte definitive all’enigma. L’area era stata già attenzionata nel passato senza però ottenere alcun esito. Che potrebbe ora arrivare da Roma dove gli esperti del progetto – finanziato con i fondi del Pon Sicurezza proprio per individuare potenziali aree contaminate – stanno valutando le analisi effettuate sul campo. Se gli esiti dovessero essere positivi e con un grado di anomalia consistente si dovrebbe poi procedere ai passaggi successivi per comprendere se e cosa sia stato interrato in quest’area. Il metodo da utilizzare, qualora i tecnici del Miapi dovessero confermare le alterazioni magnetiche nelle profondità, sarebbe simile a quello già sperimentato in altre zone del Tirreno. Su tutti l’iter che proprio la Procura di Paola ha richiesto all’Arpacal e all’Ispra più a sud, nella valle del fiume Oliva. Infatti solo attraverso una campagna di scavi e carotaggi effettuati in zona consentirebbe di fare piena luce sulla vicenda.

 

georadar

(L’elicottero del Miapi)

 

ALTRE ZONE ANOMALE
Ma l’attesa dei risultati del progetto Miapi per gli uomini della Procura di Paola non si ferma solo a quest’area. Nei mesi scorsi, infatti, altri siti – segnalati dalla Procura o inseriti nel sistema di controllo del progetto – del Tirreno cosentino sono stati sorvolati da un elicottero (organico al progetto) dotato di una piattaforma sospesa con un multi sensore in grado di percepire in volo anomalie magnotermiche, termiche e radioattive anche a una profondità di dieci metri. Proprio nel corso di quei sorvoli e delle successive missioni a terra, i tecnici del Miapi avrebbero individuato altri siti potenzialmente contaminati. In particolare i tecnici del progetto – accompagnati sul posto dagli uomini del nucleo Ambiente dalla Procura – avrebbero confermato alcune anomalie provenienti dalle profondità del terreno già segnalate dall’elicottero. Si tratta, in particolare di due picchi – uno magnetico e l’altro termico – nel territorio di Lago e uno magnetico a Scalea.
Per tutti questi esami effettuati anche a terra, la Procura di Paola attende per le prossime settimane le schede tecniche definitive da parte dei curatori del progetto Miapi. Un passaggio propedeutico all’eventuale apertura da parte degli inquirenti di un’inchiesta più approfondita su cosa sia avvenuto in queste zone del Tirreno cosentino.

 

Roberto De Santo
r.desanto@corrierecal.it

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