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La felicità di essere attrice

Prima di essere attrice, non lo era. Eppure, come le raccontano i suoi genitori, la passione per il palcoscenico, per le grandi storie da raccontare, per la vita da rappresentare, per le battaglie …

Pubblicato il: 30/04/2015 – 17:15
La felicità di essere attrice

Prima di essere attrice, non lo era. Eppure, come le raccontano i suoi genitori, la passione per il palcoscenico, per le grandi storie da raccontare, per la vita da rappresentare, per le battaglie civili e sociali è di fatto nata con lei. Annalisa Insardà, interprete di cinema, tv e teatro, autrice e regista teatrale, doppiatrice, ma anche insegnante di recitazione e presentatrice, è nata a Polistena. Trascorre molto tempo sui treni per raggiungere teatri e set e per tornare periodicamente in Calabria dove ha affetti e amici. Qui ha mantenuto la residenza “perché – spiega – voglio decidere per questa terra. Voglio essere partecipe delle scelte che la riguardano”. Con un passato da calciatrice continua ad avere una grande passione per lo sport, per la sua valenza sociale e culturale che coltiva attraverso la presidenza della squadra di tiro con l’arco, aderente all’associazione italiana Diversamente Abili. Il suo percorso artistico comincia in Calabria presso l’accademia di Arte drammatica di Palmi per poi approdare all’accademia nazionale di Varsavia. Le sue prime esperienze sono all’estero con la partecipazione al Festival internazionale del teatro di Amsterdam e al Bertold Brecht – il centenario in Germania. Poi si immerge nel mondo classico delle tragedie della stagione teatrale siracusana: Medea, le Eumenidi, I sette contro Tebe, Edipo e la Sfinge, diretta rispettivamente dai maestri Peter Stein, Antonio Calenda, Jean Pierre Vincente, Manuel Giliberti. Nel 2005 vince il premio Asso-stampa come migliore attrice emergente, mentre con i testi di Shakespeare, Goldoni, Pessoa, Mori si aggiudica il premio internazionale Salvo Randone. Ricco il diario di interpretazioni per cinema e tv. Con E’ tempo di cambiare di Fernando Muraca, vince il Tropea Film Festival 2008 come migliore attrice. Poi vi sono anche Pochi giorni per capire di Carlo Fusco, in tema di pedofilia, “Tienimi stretto” di Luca Fortino, arrivato fino al Parlamento Europeo. Diretta dai maestri Michele Soavi e Marco Tullio Giordana ha interpretato rispettivamente Questo è il mio paese e Se ti diranno di me. Importanti anche i cortometraggi Grigioscuro di Enzo Carone, con il quale vince il premio come migliore attrice al Festival internazionale del Corto di Mendicino 2010, e Un dono per la vita a sostegno dell’Avis. Tra le fiction televisive di successo ci sono Vivere, Carabinieri, Un caso di coscienza.
La sua vocazione si estrinseca anche con la scrittura di sceneggiature e non solo. A fine marzo la casa editrice Pagine pubblicherà una raccolta di poesia che comprende anche dei suoi componimenti.
Autrice di brani comici e dissacranti e di riflessioni e introspezioni pubblicati all’interno delle due rubriche Gli insardevoli diari e Gli insardevoli voli del magazine, che ha collaborato a fondare, Facciunsalto.it. Non nasconde che le piacerebbe farne uno spettacolo ma intanto sogna di interpretare il film che sta già scrivendo. Adesso la sua casa è il teatro con lo spettacolo che ha scritto e che interpreta Reality shock.
Di sé dice che se non avesse fatto l’attrice non sarebbe felice come è. Della Calabria ama le sue contraddizioni e quell’idea che basti ruotare la testa di 180° per vedere “da un lato la montagna e dall’altro il mare”.
Quando ha lasciato la Calabria?
“In realtà non l’ho mai lasciata davvero. Non si scioglie mai davvero un legame così vivo e struggente come quello con una terra difficile ma appassionata, che ti avvelena e contemporaneamente ti rende vita. È come una relazione conflittuale e mai paga. Ci facciamo la guerra ma ci difendiamo a vicenda: io quando qualcuno la maltratta, lei quando torno e mi riaccoglie come un figliol prodigo. Ho molta nostalgia di lei quando sono via, ho molta voglia di ripartire dopo due giorni di convivenza”.

Quando ha capito che avrebbe voluto diventare un’attrice?
“I miei genitori dicono che fin dall’età di quattro anni ho iniziato a dedicarmi alla mia idea di teatro. Raccontano che costruivo palcoscenici con gli scatoloni che recuperavo in giro. Da qui il dubbio: costruire teatri può significare voler fare l’attrice o il muratore? Per il momento sono concentrata sulla prima opzione”.

Il suo primo spettacolo: quale ruolo ha interpretato e su quale palcoscenico?
“Ho debuttato con La disputa di Mariveaux, al festival internazionale del teatro di Amsterdam, e il giorno dopo andai a vedere il primo spettacolo della mia vita. Non ero mai stata a teatro. La cosa incredibile che posso raccontare è esattamente questa: io prima ho fatto teatro e poi l’ho visto”.

Come si è sviluppata la sua dimensione poliedrica di artista?
“Stare a contatto con un mondo creativo, con un linguaggio che consente di arrivare alla cabina di regia della mente degli uomini, postula che le necessità si amplifichino, perché il potenziale comunicativo che si ha a disposizione è enorme. E allora accade che la coscienza critica si sviluppi e crei l’urgenza di scrivere una propria idea, oppure di dirigere altri attori secondo una propria dimensione. Dunque si passa dall’interpretazione alla scrittura alla regia. Ma non è scontato. E questo è solo il mio personale percorso. E nessuna di queste attività è propedeutica alle altre. Sono mondi indipendenti”.

Come valuta il panorama teatrale e culturale in Calabria?
“Sto girando in Puglia due film per Raiuno ambientati entrambi in Calabria. Questa risposta forse basta a dare la dimensione di ciò che c’è in giro e di come viene condotto. Io faccio politica territoriale continuamente, in senso culturale non partitico, ovviamente. E quando mi trovo in queste circostanze penso all’indotto anche economico del quale ci priviamo per incapacità gestionale, per mancata lungimiranza e per degrado intellettuale. Ma io non demordo. Resto ottimista e sono sempre a disposizione della lotta e del cambiamento”.

Il suo sogno nel cassetto?
“Io nel cassetto, al chiuso, tengo solo i calzini. I sogni ce li ho tra le mani. E li inseguo tutti i giorni. Anche quando mutano io sono lì a tentare di dargli forma. Sono al loro servizio. Di qualsiasi sogno si tratti l’importante è che sia condiviso. Sognare da soli è come nuotare in uno stagno quando si ha a disposizione il mare. E in Calabria ci sono oltre ottocento chilometri di costa. Figurarsi se me ne privo”.

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