REGGIO CALABRIA Rimane trincerato nel silenzio l’ex consigliere regionale Santi Zappalà. Troppo sconvolto dopo la nottata insonne seguita al suo nuovo arresto – hanno fatto sapere i suoi legali – ha preferito avvalersi della facoltà di non rispondere di fronte al gip, che questa mattina alle 10 lo aveva convocato per l’interrogatorio di garanzia. Avrà dunque tempo Zappalà per elaborare la sua difesa da accuse pesanti e gravi che la Dda ha formulato contro di lui e solo in parte coincidono con quelle che già anni fa gli sono costate l’arresto. Al centro della nuova indagine che lo ha portato dietro le spalle – si legge nell’ordinanza di custodia cautelare c’è il “patto corruttivo intercorso nel marzo 2010 tra lo Zappalà e i Pelle e gli emissari dei Pelle (Gambazza), per lo scambio elettorale politico – mafioso, attuato dalla cosca in favore del candidato”. Nello specifico, per i magistrati, Zappalà, all’epoca candidato con il Pdl e in quella tornata eletto con 11.085 preferenze, ha versato 400mila euro alle ‘ndrine di San Luca, di cui sicuramente almeno 100mila sono passate dalle mani di Giuseppe Mesiani Mazzacuva, in cambio di voti certi.
A svelarlo – emerge dall’ordinanza – sono state intercettazioni telefoniche, dichiarazioni di collaboratori e testimoni di giustizia, come di soggetti indagati in altri procedimenti – che hanno permesso ai magistrati di mettere insieme un quadro, possibilmente anche più grave di quello emerso nel 2010. In occasione delle elezioni del 2010, spiega il gip, Zappalà non si è limitato a chiedere appoggio ai Pelle, ma sarebbe andato a mendicare voti anche dai Barbaro di Platì, dai Commisso di Siderno, dai Gallico di Palmi, dai Greco di Calanna e dai Bellocco – Cacciola di Rosarno. Una prassi per Zappalà, ha dichiarato il pentito Rocco Varacalli, secondo cui già nel 2007, in occasione delle elezioni per il rinnovamento del Consiglio Provinciale di Reggio Calabria, l’ex politico sarebbe stato appoggiato da elementi di vertice della ‘ndrangheta operante in Natile di Careri. Ma lo stesso metodo – ha confermato il pentito Giuseppe Greco – sarebbe stato usato nel 2010, quando Zappalà gli avrebbe personalmente offerto 30mila euro in cambio di 500 voti. Una pratica diffusa , divenuta prassi per l’ex consigliere regionale che era- dice il gip – “notoriamente un candidato disposto a pagare profumatamente il “pacchetto voti” a disposizione dell’organizzazione mafiosa”. A rivelarlo sono state anche le conversazioni intercettate nell’auto dell’ex sindaco di San Luca, Sebastiano Giorgi, ascoltato dagli investigatori mentre afferma che il “sindaco di, di coso, che ha cacciato un miliardo per salire alla Regione … quel “pisciaturo” là di Bagnara… ne ha buttati tanti di soldi, miliardi”. Ma a mettere seriamente nei guai Zappalà è un’altra conversazione, registrata esattamente tre giorni dopo l’emissione di dieci assegni del valore di 10mila euro in favore di Mesiani Mazzacuva. Un dato importante e che per gli inquirenti si incastra con l’informazione involontariamente fornita da Giorgi, mentre parla con Antonio Pizzata: “Vuoi” che ti dico quanto sono entrati avantieri sera? Quattrocentomila euro, vai a vedere i voti”.
a. c.
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