A quanto pare, il cemento steso su una parte dell’ area archeologica di Capo Colonna potrebbe essere tolto. Il condizionale è d’obbligo; però, se è vero che il ministro Franceschini, all’interrogazione a risposta scritta del senatore Enrico Buemi, afferma che «a fronte di una valutazione univoca e perentoria degli organi preposti alla tutela…ogni altro interesse o valore deve necessariamente esservi subordinato», è anche vero che, subito dopo, aggiunge: «ma laddove lo stesso giudizio tecnico – scientifico appare non univoco e prospetta soluzioni diverse, si apre lo spazio a un bilanciamento fra valori – come ad esempio le diverse forme di valorizzazione di un contesto, oppure i sentimenti e le necessità di una comunità locale – che possono concorrere a orientare la scelta da effettuarsi nel caso concreto».
E conclude: «In sostanza non spetta al ministro decidere (ma) richiesto di una valutazione personale, confermo di preferire qualsiasi soluzione tecnicamente realizzabile e finanziariamente sostenibile, diretta ad assicurare la massima visibilità e la fruizione pubblica dei siti archeologici, ciascuno dei quali esprime un valore culturale unico, perché intrinsecamente connesso al territorio di riferimento e perciò esso stesso meritevole di tutela e valorizzazione».
Diamo atto a Franceschini di aver considerato positivamente i tantissimi elementi di riflessione posti dai parlamentari pentastellati calabresi, dalle associazioni “Gettini di Vitalba” e “Sette soli”, da molti cittadini di Crotone, dal Fai e da chi scrive, quando era ancora nelle vesti di ministro, ma, nello stesso tempo, è giusto ricordare tutte le accuse di incompetenti e di “disturbatori del manovratore” che sono stati riversati a man bassa contro un movimento culturale nato a difesa della identità e della storia culturale di Crotone che non accetta di essere cancellata da niente e nessuno, men che meno soprattutto da scelte cementizie pericolosissime per la loro invasività materiale e politica.
Perché è bene sottolinearlo con forza: il movimento crotonese non si è mobilitato contro qualcuno – persona, ente o istituzione – ma solo e soltanto per salvare Capo Colonna. Comunque, al di là degli “inconvenienti” suddetti, se da una parte bisogna doverosamente sottolineare il rammarico per non aver potuto riscontrare l’intervento di altri movimenti culturali calabresi sensibili a queste tematiche in appoggio al movimento crotonese, dall’altra è lecito affermare e veicolare la rappresentazione del “caso Capo Colonna” come “un modello”, base di partenza atto a dimostrare che la mobilitazione dal basso è efficace quando è appoggiata su basi personali-culturali convincenti, al fine di portare avanti azioni sinergiche atti a valutare e, all’occasione, censurare interventi che stridono con la storia culturale-archeologica dal punto di vista della protezione, del recupero e della valorizzazione.
*direzione nazionale Pd
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