REGGIO CALABRIA «La priorità per noi rimane salvare vite umane». Sul molo di Reggio Calabria, la macchina dell’accoglienza viaggia a pieno regime e le operazioni di sbarco e smistamento dei 779 profughi arrivati in mattinata sono ancora in corso, quando il capitano di fregata Stefano Cossu, comandante della nave Bersagliere scende a terra. Ha il volto stanco e tirato di chi ha vissuto una giornata iniziata oltre quarantotto ore fa, quando dalla Capitaneria di porto è arrivata la segnalazione di un barcone in difficoltà. Ma quello sarebbe stata solo la prima di una lunga serie di interventi.
COMANDANTE COSSU «IL MARE ADESSO È CALMO, GLI SBARCHI AUMENTERANNO»
«Nella sola giornata di sabato siamo stati interessati da cinque diverse operazioni di Search and rescue (Sar). I migranti che stanno sbarcando adesso sono soltanto parte di quelli salvati in questo weekend perché abbiamo operato insieme alla guardia di finanza, alla capitaneria di porto e a un’unità navale militare francese che è intervenuta in supporto e i naufraghi sono stati presi in carico dalle diverse unità. Alcuni sbarcheranno a Crotone, altri sono già arrivati a Pozzallo». Ma il lavoro non è finito. Il comandante ne è consapevole. «Adesso il mare è calmo, la bella stagione è iniziata e gli sbarchi possono solo aumentare. Le organizzazioni criminali che gestiscono questo traffico sanno quando sfruttare le condizioni del mare». Un’emergenza da più parti annunciata, discussa, analizzata anche a livello europeo, ma cui non si può o non si vuole trovare soluzione. Nel frattempo, tocca a chi sta in mare provare a tamponarla. «Noi pattugliamo in mare, se c’è qualcuno in difficoltà, come detta la legge del mare, non ci tiriamo indietro. Così tutte le navi della Marina militare e su ordine del comando centrale della Capitaneria di porto, anche i mercantili vengono dirottati per eventuali operazioni di soccorso». A coordinare tutto è Roma, dove il comando centrale della guardia costiera «che opera come International maritime rescue coordination center», dice il capitano di fregata Cossu, «gestisce sia le navi militari che i mercantili di ogni nazionalità, che all’occorrenza vengono dirottate per la salvaguardia della vita umana in mare».
ROULETTE MEDITERRANEO
E sono in tanti a giocarsi la vita sul Mediterraneo alla ricerca disperata di un’esistenza migliore. Arrivano dalle repubbliche del centro-Africa, dilaniate da guerre dimenticate, dalla Nigeria che trema sotto i colpi di Boko Haram, dalla Siria, Paese spezzato e minacciato dall’Is, da Etiopia ed Eritrea, rotte da conflitti non dichiarati ma ugualmente letali per chi sulla propria pelle li subisce, dal Marocco, che nessuna vera primavera araba ha sfiorato, dal Bangladesh, Stato cuscinetto di troppi conflitti. Minori non accompagnati, intere famiglie fuggite con neonati al seguito, donne che anche in avanzato stato di gravidanza affrontano il viaggio. «Una delle migranti salvate – dice il comandante – questa notte ha partorito sulla nave Bettega che operava con noi». A Reggio invece, quattro delle nove donne incinte, non appena sbarcate, sono state accompagnate in ospedale per i necessari controlli. I loro compagni di viaggio invece – altre centodieci donne, seicentotrenta uomini e una quarantina di minori – sotto un sole forse impietoso, si sono sottoposti stoicamente alla liturgia dei controlli sanitari e di preidentificazione, prima di essere smistati nei centri che li accoglieranno.
LA MACCHINA DELL’ACCOGLIENZA
La maggior parte saranno ospitati fuori regione – 300 in Emilia Romagna, 100 in Toscana, 55 in Liguria e 85 in Molise – mentre in circa 200 rimarranno a Reggio, divisi fra le strutture di Pellaro, della Unitas cattolica in città e di un terzo centro aperto di recente presso la vecchia sede della Capitaneria di Porto, destinato ad ospitare i nuclei familiari. «La popolazione sta rispondendo all’emergenza – dice l’architetto Alampi, coordinatore cittadino della Protezione civile –. Alla struttura di Pellaro, abbiamo assistito a scene commoventi. Non c’è sera che per i ragazzi ospitati lì non arrivi qualcosa da mangiare, gelati, generi di conforto». Ma la macchina è in affanno e la stagione degli sbarchi è appena iniziata. Lo sanno gli operatori che cercano di far quadrare turni sempre più lunghi.
INDIVIDUATO UNO SCAFISTA
Lo sanno le forze di polizia, ormai rodate, tanto nella gestione delle procedure di identificazione, come nelle indagini per individuare gli scafisti. Questa mattina, almeno uno dei mercanti di uomini è stato individuato e portato in Questura, insieme a un altro uomo su cui – dicono fonti vicine alle indagini – sono necessari ulteriori accertamenti. Ma anche loro non sono che ingranaggi di un meccanismo molto più grande, cinica “carne da cannone” usata per mandare al macello i tanti disperati che si affollano sulle coste libiche. Secondo i dati forniti non più tardi di qualche settimana fa dall’Unione europea, almeno due milioni di profughi sarebbero pronti a partire dai porti tra Tripoli e Zuara. Altri ancora premono sulle coste turche. Migrazioni che assumono le caratteristiche di un vero e proprio esodo. Mentre l’Europa rimane a guardare.
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
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