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A chi fa comodo l'emergenza migranti?

Un esodo di dimensioni bibliche, che potrebbe trasformarsi nel giro di pochi mesi in un’ecatombe. Chiunque abbia avuto modo di assistere all’arrivo sulla terraferma dei profughi che a migliaia hann…

Pubblicato il: 06/05/2015 – 16:23

Un esodo di dimensioni bibliche, che potrebbe trasformarsi nel giro di pochi mesi in un’ecatombe. Chiunque abbia avuto modo di assistere all’arrivo sulla terraferma dei profughi che a migliaia hanno scelto di tentare la fortuna in mare, non può che aver percepito l’atmosfera di tragedia imminente, annunciata, ma soprattutto ignorata. Nonostante bastasse ascoltare distrattamente un qualsiasi notiziario, o dare un’occhiata velocissima alle pagine di esteri di piccoli e grandi giornali per rendersi conto che, non appena le condizioni meteo lo avessero permesso, in centinaia di migliaia avrebbero scelto di sfidare la sorte su barche e gommoni poco più stabili di un guscio di noce, nulla è stato fatto, nulla è stato preparato.
L’avanzata delle bandiere nere del Califfato nell’area mediorientale è servita per stringere le maglie dei controlli e benedire politiche securitarie, ma non ha indotto nessuno ad approntare strutture e mezzi per accogliere chi la guerra dell’Isis la vive sulla propria pelle. I massacri di Boko Haram, le violenze gratuite e insensate in Nigeria e Kenya, hanno visto in molti – compunti – fermarsi nel minuto di silenzio dedicato alle vittime del massacro di Baga o alla carneficina di Garissa, ma nessuno mobilitare uomini e mezzi per accogliere chi – prevedibilmente – a quelle violenze avrebbe tentato di sottrarsi. Un atteggiamento schizofrenico e ipocrita che si ripete – identico a se stesso – quando si parla delle occasionali tragedie del Gambia, piegato da una dittatura dimenticata, di Etiopia e Eritrea, ancora ingessate da un conflitto finito solo sulla carta, del Sudan che ancora sanguina per la guerra civile, del Bangladesh, stato cuscinetto di troppi interessi e troppi conflitti, delle regioni affamate del Centro – Africa, o in generale dell’inquieto Medio- Oriente, reso ancor più instabile da raffazzonate missioni di pace. Ma alle puntuali “vicinanze” istituzionali, non segue iniziativa alcuna. Né in Europa, né in Italia, né in Calabria. Fedeli alla liturgia dell’ipocrisia della peggior specie, che alterna lacrime di coccodrillo a rotonda indifferenza, nessuno fra i rappresentanti dei popoli europei sembra avere davvero intenzione di farsi carico della quotidiana tragedia che si consuma su un Mediterraneo, che sempre di più assomiglia ad un gigantesco cimitero.
Al di là delle dichiarazioni di prammatica, l’Europa, trincerata dietro la foglia di fico Triton, sta a guardare, l’Italia approfitta dell’emergenza per ramazzare qualche aiuto economico in più, mentre in Calabria, meta privilegiata degli accompagnamenti, il problema non esiste. O al massimo si trasforma in caso, necessario per strappare finanziamenti e concessioni. Fatta eccezione per le presenze-spot di rappresentanti politico-istituzionali che fanno la propria comparsa al molo in orario compatibile con le riprese destinate ai tg per sparire subito dopo, non è dato conoscere alcuna seria iniziativa per i migranti che da mesi si sapeva sarebbero arrivati, né alcuna pianificazione dell’accoglienza.
Per rispondere all’emergenza annunciata, la parola d’ordine è improvvisazione. Nessuna struttura, delle tante che in città sono abbandonate al disuso e al degrado, è stata riqualificata per ospitare i migranti. Chi scampa al mare, finisce in comunità private – e per questo regolarmente retribuite – edifici o ex palestre fatiscenti, possibilmente senza docce e con tetto in eternit. Quando non è costretto a campeggiare in sacco a pelo nel giardino di una struttura troppo piccola per il numero di migranti ad essa destinata. Nessuna mensa è stata approntata, ma di volta in volta si stipulano convenzioni – senza gara né pubblico avviso – con il miglior offerente. Nessuno o pochi – e in larga parte volontari – professionisti della mediazione culturale (interpreti, psicologi, psicoterapeuti, tutori) è stato strutturalmente coinvolto nella gestione dell’emergenza. Eppure emergenza non è.
Al contrario, l’esodo africano è stato largamente annunciato da servizi di sicurezza, organizzazioni internazionali e stampa. Lavorando per tempo a soluzioni meno degradanti per chi è costretto a viverle, meno improvvisate per chi – e anche qui sono in larga parte volontari – deve gestirle. Con un minimo di lungimiranza, minori e più sicuri investimenti e un discreto grado di pianificazione, per Reggio Calabria, come per Crotone, Roccella, Corigliano, l’immensa tragedia dell’esodo africano avrebbe potuto convertirsi in occasione di sviluppo, generando posti di lavoro, creando un indotto sano e controllato, recuperando edifici e strutture.
Si è preferito invece – e magari in futuro potremmo scoprire perché – alimentare la macchina dell’emergenza, che a sua volta crea quell’urgenza che tutto giustifica, tutto bypassa, tutto ammette. Peccato però che – come l’inchiesta Mafia capitale insegna – è proprio grazie alla logica dell’emergenza che la premiata ditta Buzzi-Carminati è riuscita a mettere le mani sui centri d’accoglienza calabresi, con la gentile intercessione del clan Mancuso. Allo stesso modo – e toccherebbe farlo presente a quell’Europa che non prende neanche in considerazione l’idea dell’apertura di corridoi umanitari – diverse inchieste puntano ai sistemi criminali, contro cui almeno formalmente ogni politico di ordine e grado si scaglia, come co-registi del traffico di uomini. Allora forse, per evitare che il Mare Nostrum diventi un cimitero su cui troppi lucrano, creando quei capitali che poi infettano il sistema economico europeo e non solo, basterebbe destinare le immense risorse riservate a Triton e ai programmi che l’hanno preceduto alla creazione di canali sicuri, che permettano a profughi e rifugiati di allontanarsi in sicurezza da quei conflitti che anche l’Europa o i suoi Stati-membro hanno contribuito ad alimentare. Ma per l’Ue unita solo nell’esasperazione dei singoli nazionali egoismi, è una soluzione che neanche si può prendere in considerazione.
A pagare il prezzo sono i migranti. Usati come merce dai trafficanti, derubricati al rango di problema, se non di criminali per il solo fatto di essere disperati, preda delle strumentalizzazioni di chi solletica la pancia peggiore di una popolazione in panne, creando inesistenti emergenze sanitarie o di sicurezza, vittime della burocratizzazione assurda della necessità d’asilo, non possono fare altro che resistere. Perché hanno un unico primario obiettivo: esistere.

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