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Omicidio Lanzino, non ci sono responsabili

COSENZA Alle 17 in punto il suono della campanella ha annunciato l’entrata dei giudici nell’aula della Corte di Assise di Cosenza. Un silenzio assordante e poi quelle poche parole seguite da c…

Pubblicato il: 06/05/2015 – 15:24
Omicidio Lanzino, non ci sono responsabili

COSENZA Alle 17 in punto il suono della campanella ha annunciato l’entrata dei giudici nell’aula della Corte di Assise di Cosenza. Un silenzio assordante e poi quelle poche parole seguite da commi e codici. Il presidente della Corte, Maria Antonia Gallo, ha letto il tanto atteso dispositivo: Franco Sansone e Luigi Carbone assolti per l’omicidio Lanzino. Franco, Alfredo e Remo Sansone, assolti per il delitto Carbone. Assolti per non aver commesso il fatto. Resta quindi senza volto e senza nome l’assassino di Roberta Lanzino, la studentessa violentata e uccisa il 26 luglio del 1988 mentre con il suo motorino percorreva la strada di Falconara Albanese per raggiungere la casa al mare a San Lucido, dove l’avrebbero aspettata i suoi genitori. Quel giorno Roberta non è mai arrivata e da allora i genitori chiedono, con grande dignità, giustizia. 
Il primo processo si è chiuso senza colpevoli con l’assoluzione in tutti e tre i gradi di giudizio degli imputati di quel procedimento. Sette anni fa si apre un secondo processo alla luce delle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia (l’ex boss Franco Pino), che vede alla sbarra alcuni pastori di Cerisano, Franco Sansone e Luigi Carbone, di cui non si hanno più notizie da anni. Per gli inquirenti Carbone sarebbe vittima di lupara bianca: sarebbe stato ucciso perché voleva rivelare quello che sapeva del delitto Lanzino al quale – sempre per l’accusa – avrebbe partecipato e anche di altri omicidi che coinvolgevano i Sansone. Quindi, dal 2007 a oggi si è celebrato il secondo processo Lanzino che vedeva tra gli imputati Franco Sansone e Luigi Carbone, ritenuti responsabili di aver violentato e ucciso Roberta. E Franco Sansone, il padre Alfredo e il fratello Remo accusati di aver ammazzato Carbone. Il processo, dopo continui rinvii e difficoltà a entrare nel vivo, è giunto a una svolta negli scorsi mesi quando la Corte incarica il Ris di Messina di esaminare alcuni reperti relativi all’omicidio Lanzino. Vestiti e altro materiale rimasto chiuso negli scatoloni e conservato negli archivi del tribunale. Il paziente e accurato lavoro del Ris porta a una prova scientifica importante: la Scientifica isola su un campione di terriccio, prelevato dal terreno sotto il quale è stato trovato il cadavere della ragazza, una mistura di sangue e sperma. Da questa mistura è stato isolato il Dna che appartiene a due individui. Ma comparato con quello di Franco Sansone e con quello dei familiari di Carbone (genitori e figli di Luigi) non risulta appartenere agli imputati. Un risultato scientifico importante, dopo quasi trent’anni dal delitto, che porta la pubblica accusa – rappresentata dai pm della Procura di Paola Sonia Nuzzo e Maria Camodeca -, a chiedere l’assoluzione di Franco Sansone e di Carbone per l’omicidio Lanzino e la condanna all’ergastolo di Franco e Alfredo Sansone per quello di Carbone. Chiedendo, altresì, l’assoluzione per Remo per il delitto Carbone. Intanto, alla luce della scoperta del Ris la Procura di Paola ha aperto un fascicolo per scovare il “proprietario” di quel Dna. E sta avviando la comparazione del Dna con alcuni sospettati. Ma sulle indagini vige stretto riserbo. Oggi, dopo cinque ore di camera di consiglio, la Corte ha assolto gli imputati per i due omicidi. La mamma e il papà di Roberta non hanno mai perso una udienza del processo, tranne le ultime in segno di protesta. In aula da questa mattina alcuni referenti del coordinamento di Libera di Cosenza. Tra loro anche il prete antimafia don Tommaso Scicchitano, presente fino alla lettura del dispositivo. 

 

IL LEGALE DELLA FAMIGLIA
“I genitori non sono venuti a queste ultime udienze per scelta, in particolare dopo la richiesta della Procura di assoluzione. Perché la loro assenza avrebbe dovuto avere un significato”. Cerca di nascondere la sua amarezza l’avvocato Ornella Nucci, legale della famiglia Lanzino commentando la sentenza del processo sulla morte di Roberta Lanzino. L’avvocato Nucci aspetta “di leggere le motivazioni della sentenza – ha detto -. Sono un avvocato e le sentenze vanno rispettate. All’esito della lettura delle motivazioni avremo i margini per sollecitare l’appello alla Procura. Per noi i Sansone restano i responsabili dell’omicidio Lanzino e non della violenza. Sarebbe stato più coraggioso da parte della Procura di Paola mantenere dritta l’asticella. Evidentemente non è stato letto con attenzione l’esito della perizia del Ris sul Dna isolato. Questo è un fardello che non può essere attribuito alle parti civili, ma all’ufficio di Procura”. L’avvocato Nucci, uscendo dall’aula della Corte di Assise, ha telefonato alla mamma di Roberta: “La signora Matilde combatte da 27 anni ed è amareggiata per la lettura superficiale degli atti. Ma non sarà questo a fermarla. La famiglia continuerà a lottare per arrivare alla verità”. Intanto da circa un mese la Procura di Paola ha aperto un fascicolo alla luce della nuova prova scientifica e ha avviato la comparazione del Dna. “Non so nulla, né mi riguarda – ha detto l’avvocato Nucci -. Perché la Procura di Paola avrebbe dovuto non divulgare notizie relative alle indagini a ridosso di una sentenza, che si è rivelata annunciata. Chi ha gettato la spugna e’ stato l’ufficio di Procura. Ora i contentini non ci riguardano. Il nostro timore è che l’omicidio di Roberta resti tra le carte dei delitti insoluti. Riteniamo che la prova scientifica sia stata importante, ma aver individuato il profilo genetico del presunto assassino però non dice nulla sull’omicidio. Le parti civili non hanno nulla da rimproverarsi. Forse, abbiamo letto carte diverse da quelle della Procura”. 

 

IL LEGALE DEGLI IMPUTATI
«Non solo la Procura di Paola ha letto bene le carte sull’omicidio Lanzino, rifacendosi anche a una prova scientifica inconfutabile, ma le ha lette bene soprattutto una Corte d’Assise che ha assolto». Lo ha detto l’avvocato Vincenzo Belvedere, legale di Franco e Remo Sansone imputati nell’omicidio Lanzino. «Forse – ha aggiunto commentando le dichiarazioni rilasciate dall’avvocato della famiglia – le parti civili hanno letto qualcosa che è pura fantasia giuridica. Questa vicenda giudiziaria è durata sette anni. Sette anni ingiusti perché sulla base del nulla è stato riaperto un processo e i miei clienti hanno subito un’ingiustizia dalla quale nessuno li ripagherà. Quello che è successo è gravissimo: subire un tale danno sulla base di calunnie lanciate da un sedicente collaboratore di giustizia e da qualche testimone che a distanza di oltre venti anni ha cambiato versione. Tutto è stato basato su presupposti debolissimi, su prove inutili e confusionarie. La parte civile deve acquietarsi dopo questa sentenza. Siamo indignati dopo alcune dichiarazioni che e siamo invidianti dalle dichiarazioni che vanno ancora a macchiare l’innocenza dei miei assistiti. La difesa è sicura che nessuna Procura, né ordinaria né generale, invocherà l’appello proprio leggendo le carte. La parte civile dovrà farsene una ragione. Siamo certi che la Corte ha valutato tutto e ha assolto persone che mai avrebbero dovuto subire un processo perché non c’era nessuna prova da valutare. Non è stato un dispositivo sofferto perché è stato giusto. Ho sentito i miei clienti e  sono soddisfatti. Ma ripensano alle sofferenze. Certamente qualcuno ha ucciso Roberta, ma questo processo e’ stato costruito attorno a persone totalmente estranee alla vicenda. Si deve tornare da chi ha indagato male. Carbone non si sa che fine ha fatto. Non c’è la certezza che sia morto. Però torno a ribadire che come ha stabilito la Corte i Sansone sono estranei a queste vicende». 
I genitori di Roberta non si arrendono. Cercheranno sempre la verità con umiltà e dignità.

Mirella Molinaro

m.molinaro@corrierecal.it

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