REGGIO CALABRIA È accusato di procurata inosservanza di pena aggravata dalle modalità mafiose in concorso l’imprenditore Vincenzo Speziali, dichiarato ufficialmente latitante e inseguito da un’ordinanza di custodia cautelare, che la Dda di Reggio Calabria non ha potuto eseguire perché l’uomo da tempo non si trova sul territorio nazionale. Per i magistrati, Speziali insieme all’ex ministro Claudio Scajola, alla moglie di Amedeo Matacena, Chiara Rizzo, al suo braccio destro, Martino Politi, e alle segretarie dei due coniugi, Roberta Sacco e Maria Grazia Fiordelisi, come ad «ulteriori persone in corso di compiuta identificazione» avrebbero aiutato Amedeo Gennaro Raniero Matacena, a «eseguire od occultare il delitto di cui al capo che precede (intestazione fittizia di beni n.d.r.)», ma anche ad «assicurare a questi il prodotto o profitto ovvero la Impunità del medesimo», come pure a «sottrarsi alla esecuzione dell’ordine di esecuzione per la carcerazione n. 193/2013, disposto in data 06 giugno 2013 dalla Procura Generale presso la Corte d’Appello di Reggio». E sono gravi e dettagliate le accuse mosse dal pm Giuseppe Lombardo a carico dell’imprenditore, con l’avallo del gip Olga Tarzia. Anche per il giudice infatti, Speziali e i suoi coindagati «ponevano in essere articolate condotte finalizzate a mantenere inalterate le capacità operative in campo economico imprenditoriale del Matacena, impegnato nel completamento del progetto• di fusione inversa», che per i pm è al centro delle manovre messe in atto dal politico armatore per occultare il suo immenso patrimonio, come a «costituire le provviste finanziarie necessarie al predetto per proseguire in territorio estero la intrapresa latitanza, operazione resa più agevole dai contatti privilegiati, garantiti dallo Scajola (che si avvale spesso della Sacco) alla Rizzo, con altri soggetti operanti, in Italia ed all’estero, all’interno dei circuiti bancari e finanziari di riferimento del predetto Matacena», ma soprattutto a «rendere attuabile Il pianificato spostamento del Matacena dall’Emirato di Dubai alla Repubblica del Libano, Individuato dallo Scajola per la possibilità di sfruttare le proprie relazioni personali (tra le quali quella con Speziali Vincenzo) al fine di far riconoscere il diritto di “asilo politico” a favore del condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, Amedeo Matacena».
Contestazioni che la Procura avrebbe voluto aggravate dalle modalità mafiose perché il progetto era consapevolmente finalizzato a «proteggere economicamente» Matacena, come «soggetto in grado di fornire un determinante e consapevole apporto causale alla ‘ndrangheta reggina attraverso lo sfruttamento del suo rilevantissimo ruolo politico ed imprenditoriale e per questa via agevolare il più ampio sistema criminale, imprenditoriale ed economico, riferibile alla predetta organizzazione di tipo mafioso a cui favore il Matacena forniva il proprio costante contributo». Anche per il gip, è tramite la società Cogem – segretamente contro tramite la A&A , a sua volta schermata da finanziarie italiane ed estere– che l’ex politico oggi latitante a Dubai, non solo avrebbe ramazzato commesse e lavori, ma avrebbe provveduto a distribuire subappalti fra i clan reggini. I segugi della Dia hanno infatti scoperto che la Cogem avrebbe rapporti stabili e strutturali con la Si.ca., sulla base di risultanze processuali riferibile a soggetti di vertice della cosca Tegano, con la Zumbo colori srl per una quota pari a oltre il 99% di proprietà dell’ex antenna dei servizi Giovanni Zumbo, condannato a sedici anni perché pizzicato a soffiare preziose informazioni ai clan e indicato da più collaboratori come uomo che sarebbe stato al servizio del clan De Stefano, con la Real Cementi srl, società che sarebbe espressione della cosca Libri e per questo confiscata in via definitiva nel 2012, con la Italsavia di Autolitano Saverio e C snc, che inchieste e processi rivelano che sarebbe di proprietà della cosca Latella, con la Edil Primavera srl e la Rossato, entrambe riconducibili alle cosche Libri e Alampi di Reggio Calabria. Tutte società con cui la Cogem ha stipulato contratti di fornitura in relazione ai milionari appalti pubblici collezionati dalla società negli ultimi quattordici anni a Reggio. Rapporti contrattuali che per la Dda non sono coincidenze, né casualità, ma risponderebbero allo schema di spartizione degli appalti su cui le ‘ndrine reggine avrebbero forgiato le nuove regole e i nuovi assetti all’indomani della seconda guerra di ‘ndrangheta. Secondo la ricostruzione dei pm, le aziende riferibili a Matacena come la A&A o la Cogem venivano infatti utilizzate «dietro articolate ed indispensabili operazioni di interposizione fittizia in grado di superare gli sbarramenti costituiti dalle informazioni prefettizie, per schermare la vera natura delle compagini sociali, dei consorzi e delle associazioni temporanee di imprese e la destinazione delle relazioni politiche, istituzionali imprenditoriali del sistema criminale di tipo mafioso prima richiamato e dal predetto Matacena garantite a livello locale, nazionale o internazionale». Argomentazioni che tuttavia il gip Olga Tarzia non ha ritenuto sufficienti.
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
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